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Scoperta una nuova forma genetica di Alzheimer: lo studio che potrebbe segnare una svolta

Un nuovo studio ha rivelato che la variante genetica APOE4 non sarebbe solo un fattore di rischio per lo sviluppo dell’Alzheimer in età avanzata, ma la prova dell’esistenza di una forma genetica distinta della malattia finora sconosciuta.
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Una nuova scoperta scientifica aggiunge un pezzo in più a quel complesso puzzle che è lo studio dell'Alzheimer. Sebbene le cause e i segnali che anticipano la comparsa di questa malattia neurodegenerativa siano da tempo oggetto di studi e ricerche, l'Alzheimer continua a essere la causa più comune di demenza (50-80% dei casi): solo in Italia sarebbero circa 500.000 le persone colpite (dati Istituto superiore di sanità), nonostante i progressi nell'ambito della diagnosi precoce.

Nello specifico, gli autori dello studio, appena pubblicato su Nature Medicine, hanno approfondito il ruolo di quello che era già noto da tempo come uno dei maggiori fattori di rischio della malattia, ovvero la presenza della variante genetica APOE4. Da ormai 30 anni sappiamo infatti che questo gene è associato a un maggiore rischio di sviluppare l'Alzheimer in età avanzata. Tuttavia, i ricercatori dell‘Institut De Recerca Sant Pau di Barcellona hanno scoperto che questa variante genetica potrebbe essere non soltanto un fattore di rischio, ma la prova dell'esistenza di una forma genetica distinta di Alzheimer finora rimasta sconosciuta.

Cosa hanno scoperto i ricercatori

I ricercatori hanno osservato che le persone che presentano due copie della variante genetica APOE4 (detti "omozigoti APOE4") sono fortemente predisposte a sviluppare l'Alzheimer. Dallo studio è infatti emerso che il 95% delle persone over 65 con le due copie di questo gene presentano caratteristiche biologiche a livello cerebrale proprie della malattia.

È quanto emerso dallo studio dei dati di 3.297 donatori cerebrali dagli Stati Uniti – di cui 273 avevano la doppia copia della variante – e di 10.000 da Europa e Stati Uniti, di cui 519 con doppia variante APOE4. Raggiunti i 65 anni, quasi tutti i partecipanti omozigoti APOE4 mostravamo segni clinici della presenza della malattia: il 95% presentava biomarcatori nel liquido cerebrospinale e nel 75% le scansioni PET confermavano la presenza della malattia.  Inoltre, la doppia presenza di questa variante sembra perfino anticipare l'insorgenza della malattia rispetto alle altre varianti dello stesso gene.

Com'è stato condotto lo studio

Per comprendere la portata di questa ricerca, bisogna fare un passo indietro su cosa sapevamo già rispetto alle cause genetiche dell'Alzheimer: gli studi sulla malattia condotti finora avevano infatti già scoperto che alcune variazioni genetiche – nello specifico nei geni APP, PSEN1 e PSEN2 – sono associate al rischio di sviluppare una forma specifica malattia che insorge precocemente, già a partire dai 40 anni. Allo stesso tempo, era già emerso il ruolo di altre variazioni genetiche, come quelle nel gene APOE, nel possibile sviluppo della forma più comune della malattia, quella che insorge dopo i 60 anni.

C'è quindi una differenza molto importante tra quello che si sapeva finora e le nuove evidenze emerse da questo studio: è vero che la variante APOE4 era nota da tempo come un fattore di rischio per la malattia, ma il fatto che "praticamente tutti gli individui con questo gene duplicato – spiegano i ricercatori – sviluppano la biologia dell'Alzheimer" suggerisce che potremmo essere di fronte a una forma genetica distinta della malattia. Anche abbastanza frequente: questa riguarderebbe infatti il 2-3% della popolazione. Questa nuova consapevolezza, concludono i ricercatori, potrebbe aiutarci a individuare nuove strategie di prevenzione e nuovi approcci terapeutici.

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