Scoperta possibile terapia per il glioblastoma, il cancro al cervello maligno più comune e letale
Scoperto un potenziale trattamento contro il glioblastoma o glioblastoma multiforme (GBM), una delle forme di cancro al cervello più diffuse, letali e difficili da trattare. Nello specifico, il glioblastoma è una neoplasia delle cellule della glia chiamate astrociti, che assieme ai neuroni sono alla base del tessuto nervoso. Le cellule gliali hanno una funzione di nutrimento, supporto e protezione per le altre cellule nervose. Il glioblastoma colpisce principalmente gli adulti – l'età media alla diagnosi è di circa 53 anni – e la sopravvivenza a cinque anni è di appena il 5 percento. Raramente i pazienti superano i tre anni dalla scoperta del tumore. I trattamenti principali sono l'intervento chirurgico (resezione), la chemioterapia e la radioterapia adiuvanti, ma nonostante i progressi della medicina i tassi di sopravvivenza del glioblastoma sono gli stessi da decenni, per questo il nuovo possibile trattamento, che interviene sui geni, è motivo di speranza per chi viene colpito da questa terribile malattia.
A individuare il nuovo potenziale trattamento terapeutico è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati della Facoltà di Scienze della Salute e Mediche dell'Università del Surrey, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Scuola di Scienze Biomediche dell'Università di Londra Occidentale, del Dipartimento di Neurochirurgia dell'Università del Texas, dell'Università di Leed, della società HOX Therapeutics Ltd e di altri istituti. Gli scienziati, coordinati dal professor Hardev Panda, docente di oncologia medica presso il Dipartimento di medicina clinica e sperimentale dell'ateneo di Guildford, si sono concentrati su una serie di geni noti per essere responsabili della crescita del glioblastoma, ovvero i geni della famiglia Hox, la cui disregolazione è associata a diverse patologie oncologiche. In parole semplici, gli scienziati hanno messo a punto una molecola che punta a inibire la funzione dei geni Hox (in particolare A9, A10, C4 e D9) e dunque a contrastare l'evoluzione della massa tumorale. La molecola è una catena corta di amminoacidi (peptide) chiamata HTL-001.
Testata su modelli murini (topi) con tumori sottocutanei e xenotrapianti derivati dall'uomo, il composto HTL-001 è riuscito a tenere un miglior controllo delle masse tumorali e ha aumentato la sopravvivenza degli animali. La molecola prende di mira la sovraespressione dei geni Hox bloccando l'interazione tra le proteine e il cofattore chiamato PBX, inducendo l'apoptosi (suicido cellulare) delle cellule cancerose. È ancora troppo presto per dire se questo nuovo approccio sarà sicuro ed efficace anche nella sperimentazione clinica (test sull'uomo), tuttavia si tratta senza dubbio di risultati significativi e promettenti, ottenuti dopo sette anni di intense ricerche. “Le persone che soffrono di glioblastoma multiforme hanno un tasso di sopravvivenza del cinque per cento in un periodo di cinque anni, una cifra che non è migliorata da decenni. Anche se siamo ancora all'inizio del processo, il nostro progetto di sette anni offre un barlume di speranza per trovare una soluzione alla disregolazione del gene Hox, che è associata alla crescita del GBM e di altri tumori, e che si è rivelata un obiettivo sfuggente per così tanti anni”, ha sottolineato il professor Panda in un comunicato stampa. Mirare ai geni Hox è considerato al momento la migliore strategia per fermare la crescita dei glioblastomi, come affermato dalla professoressa Susan Short dell'Università di Leeds. I dettagli della ricerca “HOX and PBX gene dysregulation as a therapeutic target in glioblastoma multiforme” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata BMC Cancer.