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Sclerosi multipla, terapia sperimentale italiana riduce la perdita di tessuto cerebrale

Una terapia sperimentale basata su cellule staminali neurali ha ridotto l’atrofia cerebrale in pazienti con sclerosi multipla progressiva e in stadio avanzato. Speranze per una cura.
A cura di Andrea Centini
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Scienziati italiani hanno messo a punto una terapia sperimentale contro la sclerosi multipla progressiva allo stadio avanzato che ha determinato significativi benefici per i pazienti trattati. Su tutti la netta riduzione dell'atrofia cerebrale, la perdita di tessuto nervoso associata a questa terribile malattia neurologica. È tuttavia doveroso sottolineare che i risultati dello studio clinico, il primo al mondo basato sull'infusione di cellule staminali neurali per combattere la sclerosi multipla, è stato condotto con un numero contenuto di pazienti; dunque è ancora troppo presto per parlare di una nuova cura. Ciò nonostante i dati raccolti in sede sperimentale sono così positivi – anche dal punto di vista della sicurezza e della tollerabilità del trattamento – che probabilmente ci troviamo innanzi a un approccio clinico innovativo per i pazienti colpiti da questa forma della patologia, anche se ci vorrà ancora diverso tempo prima dell'approvazione definitiva.

A sviluppare e testare la nuova terapia sperimentale contro la sclerosi multipla progressiva allo stadio avanzato è stato un team di ricerca guidato da scienziati dell'Istituto di Neurologia Sperimentale – IRCCS Istituto Scientifico San Raffaele di Milano, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Clinica Pediatrica dell'Università di Milano-Bicocca, dell'Università Vita-Salute San Raffaele, della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla di Genova e altri istituti. Gli scienziati, coordinati dal professor Gianvito Martino, direttore scientifico presso l’Unità di Neuroimmunologia dell'Ospedale San Raffaele, studiano da 20 anni le proprietà delle cellule staminali neurali (cioè derivate dal cervello) contro la sclerosi multipla. Dopo averne dimostrato l'efficacia pro-rigenerativa e neuroprotettiva nei modelli animali con neurodegenerazione, nei quali sono stati evidenziati supporto trofico e plasticità neurale a seguito del trattamento, nel 2017 hanno avviato uno studio clinico di Fase 1 con i primi pazienti umani, 12 in tutto (età compresa tra 18 e 55 anni e malattia presente dai 2 ai 20 anni). In questi giorni sono usciti i primi risultati, che gettano la base per una potenziale, futura terapia contro la sclerosi multipla progressiva e in stadio avanzato.

La terapia sperimentale dello studio (chiamato STEMS) si basa sull’infusione di queste cellule staminali neurali nel liquido cerebrospinale, dove vengono immesse tramite un'iniezione lombare. In questo modo “possono raggiungere il cervello e il midollo spinale che sono le sedi colpite dalla sclerosi multipla e in cui le cellule potrebbero svolgere la propria azione”, spiega in un comunicato stampa l'IRCCS San Raffaele. Quando queste cellule raggiungono le regioni lesionate dalla sclerosi multipla, che come spiegato dai Manuali MSD per operatori sanitari si caratterizza per ampie aree di demielinizzazione sia nel cervello che nel midollo spinale, “promuovono meccanismi di neuroprotezione e riparazione rilasciando sostanze immunomodulanti e pro-rigenerative”.

I 12 pazienti – tutti con elevata disabilità e scarsa o nessuna rispondenza ai trattamenti standard – hanno ricevuto attraverso un'unica iniezione da 50 a 500 milioni di cellule staminali (sono stati suddivisi in 3 gruppi di dosaggio crescente). Nei pazienti trattati col maggior numero di cellule staminali sono stati evidenziati un tasso inferiore di atrofia cerebrale e livelli superiori di molecole antinfiammatorie e neuroprotettive nel liquido cerebrospinale. Sono elementi estremamente significativi che potrebbero sfociare in una terapia vera e propria, a maggior ragione se si considera che il trattamento non ha innescato reazioni avverse severe.

“Nel lavoro pubblicato, oltre a dimostrare la sicurezza e la tollerabilità del trattamento, descriviamo una significativa riduzione della perdita di tessuto cerebrale, valutata tramite un monitoraggio di risonanza magnetica nei 2 anni successivi il trapianto, nei pazienti che hanno ricevuto il maggior numero di cellule staminali neurali. A supporto di tali dati, l’analisi del liquido cerebrospinale ha evidenziato un cambiamento della sua composizione dopo il trapianto, dimostrando un arricchimento in termini di fattori di crescita e di sostanze neuroprotettive”, ha spiegato la prima autrice dello studio, la dottoressa Angela Genchi. “È un traguardo importante quello raggiunto, anche se rappresenta solo la prima tappa del percorso clinico-sperimentale che porta ad una vera e propria terapia”, le ha fatto eco il professor Gianvito Martino.

Con questa sperimentazione sono state gettate le basi per uno studio più approfondito con un maggior numero di partecipanti, nel quale si proverà a dimostrare che le cellule staminali neurali riescono a bloccare la progressione della malattia e permettere la rigenerazione del tessuto nervoso lesionato. I dettagli della ricerca “Neural stem cell transplantation in patients with progressive multiple sclerosis: an open-label, phase 1 study” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Medicine.

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