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Scienziati risvegliano microrganismi di 7.000 anni: erano sepolti in mare senza luce né ossigeno

Diatomee preistoriche di 7.000 anni sono state risvegliate dagli scienziati dopo averne estratto le fasi dormienti dalle profondità del Mar Baltico. Erano a centinaia di metri sotto il livello del mare, sepolte nei sedimenti senza ossigeno né luce. Hanno acquisito piena vitalità in laboratorio.
A cura di Andrea Centini
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La diatomea preistorica Skeletonema marinoi risvegliata dagli scienziati. Credit: S. Bolius / IOW
La diatomea preistorica Skeletonema marinoi risvegliata dagli scienziati. Credit: S. Bolius / IOW

I ricercatori hanno risvegliato in laboratorio dei microrganismi sepolti sotto il Mar Baltico da migliaia di anni. Si tratta di diatomee, ovvero alghe unicellulari che svolgono un ruolo preziosissimo nella produzione dell'ossigeno che respiriamo. Questi microscopici organismi rappresentano il vero “polmone verde” della Terra, sintetizzando circa il 25 percento dell'ossigeno presente nell'atmosfera. Gli scienziati sottolineano che queste diatomee preistoriche, appartenenti a ceppi di una specie ancora oggi vivente e fondamentale nell'ecosistema baltico, una volta risvegliate hanno acquisito “piena vitalità”, avviando la fotosintesi e replicandosi a tassi analoghi a quelli osservati nei loro discendenti moderni.

Ciò che rende eccezionale questo risveglio è il fatto che le diatomee del Mar Baltico sono gli organismi più antichi a essere stati “riportati in vita” dagli scienziati. Nel 2023 fece il giro del mondo la notizia del risveglio di virus infettivi di 50.000 anni, ad opera di studiosi dell'Università di Aix-Marsiglia (Francia) e dell'Istituto Zoologico dell'Accademia Russa delle Scienze di San Pietroburgo. Tuttavia, i virus non sono considerati esseri viventi a tutti gli effetti. Ad esempio, non hanno un metabolismo proprio, sono privi di cellule e si riproducono solo infettando un ospite perché non possono farlo autonomamente. Ciò li rende decisamente diversi dai veri esseri viventi, come batteri, alghe, funghi e organismi appartenenti al Regno Animale.

A risvegliare le diatomee del Mar Baltico è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati tedeschi dell'Istituto Leibniz per la ricerca sul Mar Baltico – Warnemünde (IOW), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Biologia dell'Università di Costanza e dell'Istituto di Scienze Biologiche dell'Università di Rostock. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Sara Bolius, della sezione di Oceanografia biologica, nel 2021 hanno condotto una spedizione in una specifica regione del Mar Baltico, l'abisso orientale di Gotland, dove, grazie alla nave da ricerca Elisabeth Mann Borgese, hanno prelevato carote di sedimenti a 240 metri di profondità. L'obiettivo era recuperare gli stati dormienti di creature che vivevano nel Mar Baltico migliaia di anni fa, al fine di comprendere il funzionamento dell'ecosistema del passato e tutelare al meglio quello presente, minacciato dalla crisi climatica e dall'inquinamento (basti pensare all'impatto delle attività militari legate alla Guerra in Ucraina).

In queste carote sono stati raccolti diversi campioni di sedimenti, ricchi di fasi dormienti delle diatomee, rimaste quiescenti nelle profondità marine per migliaia di anni, senza luce né ossigeno. Diversi organismi sfruttano questa dormienza – caratterizzata dal crollo del metabolismo – per superare periodi critici, come ad esempio il prosciugamento di un lago. Una volta portati in laboratorio, i ricercatori hanno predisposto le condizioni per il risveglio, osservando che l'unica specie in grado di riattivarsi in tutti i campioni era Skeletonema marinoi. È ancora oggi una diatomea molto diffusa nel Mar Baltico ed nota per le sue esplosioni di fioritura (bloom) in primavera.

Le cellule vitali più antiche di Skeletonema marinoi sono state datate a 6.871 ± 140 anni, quindi circa 7.000 anni al massimo. Una volta esposte a ossigeno e luce, le fasi dormienti si sono risvegliate dal lunghissimo “sonno” e hanno mostrato un'attività biologica analoga a quella delle diatomee attuali. Ad esempio, hanno mostrato un tasso di crescita medio di 0,31 divisioni cellulari al giorno, così come una fotosintesi capace di produrre 184 micromoli di ossigeno per milligrammo di clorofilla ogni ora. “È notevole che le alghe resuscitate non solo siano sopravvissute ‘proprio così', ma apparentemente non abbiano perso nulla della loro ‘idoneità', ovvero della loro capacità di prestazione biologica. Crescono, si dividono e fotosintetizzano come i loro discendenti moderni”, ha dichiarato la dottoressa Bolius in un comunicato stampa. I ricercatori hanno comunque osservato delle differenze genetiche tra i vari ceppi di diatomee recuperati nei diversi strati, segno di adattamenti indotti dall'ambiente in mutamento in cui vivevano.

L'obiettivo degli scienziati è far emergere i tratti che hanno permesso l'adattamento delle specie nel corso dei millenni, in condizioni climatiche molto diverse da quelle odierne. In una fase successiva Bolius e colleghi si concentreranno anche su altri campioni presenti nei sedimenti, per far emergere, ad esempio, i livelli di salinità e temperatura presenti nel Mar Baltico migliaia di anni fa. Con questi dati sarà possibile effettuare comparazioni e determinare anche come potrebbero rispondere le specie innanzi al cambiamento climatico in atto. I dettagli della ricerca, dal titolo “Resurrection of a diatom after 7000 years from anoxic Baltic Sea sediment” sono stati pubblicati sulla rivista The ISME Journal.

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