Scaldare il pranzo in microonde può rilasciare microplastiche: come fare secondo uno studio
Da quando sono state scoperte, le microplastiche sono state trovate praticamente ovunque, non solo nell'ambiente, ma anche nel corpo umano (perfino nella placenta e nei testicoli). La presenza di questi minuscoli frammenti derivati dalla degradazione della plastica è oggi infatti riconosciuta come un'emergenza anche per la salute umana: quando si accumulano nei tessuti o negli organi umani, le nano e microplastiche possono causare infiammazione e quindi aumentare il rischio dell'insorgenza di diverse malattie.
Per questo motivo, oltre a limitare la produzione di nuove micorplastiche, diversi studi scientifici stanno cercando di capire come possiamo proteggerci dall'esposizione a queste sostanze. Un nuovo studio, condotto in Italia, ha analizzato i rischi di un'abitudine, diventata ormai comune per milioni di persone: riscaldare il pranzo da casa nel microonde quando si è fuori per lavoro o studio, lasciandolo direttamene nella nostra "schiscetta" in plastica.
Lo studio sugli effetti del microonde
Lo studio in questione, condotto dall'Università Statale di Milano con la collaborazione dell'Università Milano-Bicocca, puntava a misurare l'eventuale rilascio di nano e microplastiche dalla "schiscetta" durante il tempo in cui è posta in microonde. Lo studio è stato eseguito presso i laboratori di EOS, un'azienda che commercializza una particolare tecnologia per la caratterizzazione ottica di polveri ("SPES" Single Particle Extinction and Scattering), ideata dalla Facoltà di Fisica della Statale di Milano.
Durante lo studio, pubblicato sulla rivista Particles and Particle Systems Characterization, i ricercatori hanno osservato che riscaldando in microonde acqua pura in contenitori di plastica si liberano effettivamente nano e microsfere del materiale – spiegano le università – di cui è fatto il contenitore, ovvero il polipropilene. Tuttavia, le microplastiche non vengono rilasciate se il riscaldamento avviene a certe condizioni.
Quando i contenitori in plastica rilasciano micropalstiche
Il polipropilene è il materiale plastico più spesso utilizzato nella produzione di contenitori e imballaggi nel settore alimentare, essendo biocompatibile. È noto che questo materiale fonde tra i 90 e i 110 gradi, ecco perché i ricercatori hanno voluto studiare se si verificasse o meno il rilascio di microplastiche quando un contenitore in questo materiale viene riscaldato. Hanno quindi visto che nel momento in cui si porta a ebollizione l'acqua all'interno il contenitore, anche se in minima parte, anche il polipropilene fonde a contatto con l'acqua bollente per poi risolidificarsi in acqua.
Questi risultati – spiegano gli autori dello studio – non vogliono indurre le persone a pensare che scaldare gli alimenti in microonde sia sbagliato in senso assoluto, ma sottolineare l'importanza di farlo prestando attenzione alle modalità con cui si utilizza il microonde.
Le regole da seguire
La prima regola per evitare che il contenitore rilasci miscorplastiche è non sottoporlo a temperature superiori ai 90 gradi. Bisogna saperlo anche perché "non tutti i produttori di contenitori – avvertono gli autori dello studio – lo indicano chiaramente".
Se scaldiamo un alimento in microonde lasciandolo nel contenitore – non potendo quindi sapere con esattezza la temperatura raggiunta al suo interno – è importante non scaldarlo per troppo tempo, né utilizzare il microonde alla massima potenza. Rispettando queste precauzioni – spiegano i ricercatori – oltre a non esporre noi stessi alle microplastiche, possiamo evitare di immetterne nuove nell'ambiente.