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Satellite russo si frantuma nello spazio e costringe gli astronauti della ISS a mettersi al riparo

L’incidente si è verificato in un’orbita vicina alla Stazione Spaziale Internazionale: non ancora chiara la causa dell’evento.
A cura di Valeria Aiello
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Un satellite russo si è frantumato in più di 100 detriti in un’orbita vicina alla Stazione Spaziale Internazionale, costringendo gli astronauti a bordo della ISS a mettersi al riparo. Lo riferisce la NASA, precisando che poco dopo le 21:00 EDT di mercoledì 26 giugno (le 3:00 del mattino di giovedì 27 in Italia), l’Agenzia americana ha dato istruzioni ai nove astronauti a bordo della ISS di trovare riparo nelle rispettive navicelle spaziali, per evitare i rischi legati a potenziali impatti con i detriti nell’orbita.

Da quanto si apprende, il satellite che si è frantumato è il RESURS-P1, un satellite russo lanciato nel 2013 per l’osservazione della Terra, che era stato disattivato nel 2022. Non è ancora noto cosa abbia causato l’incidente. La società LeoLabs , che monitora oltre 20.000 oggetti in orbita tramite una rete radar globale, ha segnalato per prima l’incidente. “Le prime indicazioni sono che un veicolo spaziale russo non operativo, Resurs P1 (SATNO 39186), ha rilasciato una serie di frammenti tra le 13:05 UTC del 26 giugno e le 00:51 UTC del 27 giugno” ha scritto la società su X.

Il Comando spaziale americano, che dispone di una propria rete globale di radar per il tracciamento spaziale, ha confermato la rottura del satellite, che ha creato una nuvola di “oltre 100 detriti tracciabili”. Il Controllo di Missione ha continuato a seguire la traiettoria dei detriti e, dopo circa un’ora dall’istruzione data agli astronauti, l’equipaggio è stato autorizzato a uscire dalle proprie navicelle spaziali e riprendere le normali operazioni.

Il satellite russo RESURS-P1 si frantuma vicino alla ISS: i rischi dei detriti spaziali

Eventi che generano detriti in orbita, come la frantumazione di interi satelliti, sono rari (RESURS-P1 aveva un peso di oltre 6.000 kg e orbitava a circa 350 km di altitudine, quasi 50 km sotto l’orbita tipica della ISS). Sono però una crescente preoccupazione, poiché l’orbita terrestre è sempre più affollata da reti satellitari, come quelli che forniscono internet e servizi di navigazione di base. Il timore è che, con i sempre più frequenti lanci e il conseguente aumento del numero di veicoli non più operativi, le collisioni possano diventare più frequenti, aggiungendo ulteriori detriti nell’orbita attorno alla Terra.

Attualmente, il numero esatto di detriti già presenti non è noto, perché alcuni frammenti sono molto piccoli e non vengono correttamente rilevati. Le stime indicano tuttavia che quelli più grandi di 20 cm possano essere circa 9.000, di cui circa il 22% sono satelliti ormai non più funzionanti, la maggior parte dei quali per uso militare. Un ulteriore 17% è costituito da stadi propulsivi di razzi, che vengono rilasciati nella fase finale di un lancio. Circa il 13% è costituito da elementi che si usano normalmente sui satelliti artificiali: bulloni, coperture termiche, ma anche semplicemente scaglie di vernice che si sono staccate dalla superficie esterna del satellite.

A livello globale, esistono varie strutture che osservano i detriti, come ad esempio un radar tedesco che si trova nei pressi di Bonn, che è in grado di produrre immagini molto dettagliate. Ma anche i normali telescopi possono essere di aiuto nella ricerca dei detriti spaziali, in particolar modo dei frammenti metallici che riflettono la luce solare e che, in determinate condizioni, possono essere osservati.

Tuttavia, queste tecniche risultano utili solo per i detriti sufficientemente grandi. Sotto i 10 centimetri e fino a 1 cm, le stime teoriche indicano che nell’orbita terrestre possano essere presenti decine di migliaia di frammenti: pur essendo di dimensioni ridotte, tali detriti possono viaggiare a velocità elevatissime e provocare eventuali collisioni che, in orbita bassa, possono raggiungere anche i 10 km/s. A questa velocità, una particella di solo 1 grammo equivale a un’automobile lanciata in corsa: l’effetto è facilmente immaginabile e lascerebbe supporre che a provocare la frantumazione di RESURS-P1 possa essere stato proprio un detrito, finito per impattare con il satellite non più operativo.

Gli astronauti a bordo della ISS costretti a mettersi al riparo

In seguito all’incidente che ha mandato in frantumi il satellite russo RESURS-P1 in un’orbita vicina alla Stazione Spaziale Internazionale, la NASA ha dato indicazione ai nove astronauti a bordo della ISS di mettersi al riparo nelle rispettive navicelle spaziali, come “misura precauzionale standard”. Al momento, attraccate alla ISS ci sono tre navicelle: una SpaceX Crew Dragon, una capsula russa Soyuz e la Boeing Starliner, che ha dovuto prolungare la sua permanenza molto più a lungo del previsto a causa di una perdita e altri problemi riscontati. Non è stato comunque segnalato alcun danno alla ISS e la nuvola di detriti generata dall’incidente potrebbe non rappresentare una minaccia.

Nel corso degli anni, il laboratorio orbitale ha comunque dovuto fare più volte i conti con i detriti spaziali, subendo anche alcuni piccoli danni, come accaduto nel 2016, quando un frammento di spazzatura spaziale finì contro uno dei finestrini del modulo di osservazione della Cupola. In quell’occasione, la foto dell’impatto del piccolo detrito fece il giro del web, fornendo una testimonianza del serio rischio rappresentato da questo tipo di frammenti nell’orbita bassa.

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