Risolto il mistero delle piccole sfere metalliche trovate nel Pacifico: hanno origini extrasolari
Alcune piccole sfere metalliche, trovate nelle profondità dell’Oceano Pacifico, al largo della costa della Papua Nuova Guinea, potrebbero essere i frammenti di un grande oggetto interstellare chiamato CNEOS 2014-01-08 (IM1), una roccia che si ritiene abbia avuto origine attorno a una stella che non è il nostro Sole e che, prima di entrare nell’atmosfera terrestre, ha attraversato anni luce di spazio. Recuperate nel corso della spedizione del Galileo Project che, lo scorso giugno, ha scandagliato i fondali oceanici con una piastra magnetica trainata da una nave, le sferule hanno un diametro compreso tra 0,05 e 1,3 millimetri e una composizione unica nel loro genere.
Cinque delle 57 finora analizzate (ne sono state trovate circa 700), hanno infatti mostrato una composizione mai osservata prima d’ora, che sembra confermare la loro provenienza extrasolare. Queste minuscole sfere mostrano un eccesso di berillio (Be), lantanio (La) e uranio (U), etichettato come composizione “BeLaU”, che è di circa tre ordini di grandezza maggiore di quello delle condriti carbonacee CI, i meteoriti che si sono formati nelle regioni più periferiche del Sistema solare.
Le sferule sono state trovate a circa 2 chilometri di profondità a Nord dell’isola di Manus, lungo la traiettoria percorsa da CNEOS 2014-01-08 durante nella sua discesa nell’atmosfera, dove è in gran parte bruciato, disintegrandosi nel Pacifico. La valutazione preliminare dei frammenti, condotta dai ricercatori dell’Università di Harvard e disponibile in preprint su arXiv, evidenzia inoltre che le sferule di tipo “BeLaU” contengono anche piccole quantità di “elementi siderofili refrattari” come il renio (Re) mentre “altri elementi volatili, come il manganese (Mn), lo zinco (Zn) e il piombo (Pb) si sono esauriti come previsto dalle perdite per evaporazione durante l’esplosione aerea di una meteora”. Anche i rapporti isotopici del ferro (Fe), spiegano gli studiosi, sono diversi da quelli trovati sulla Terra, sulla Luna e su Marte, e coerenti con la perdita per evaporazione degli isotopi leggeri durante il viaggio delle sferule nell’atmosfera.
La composizione unica e non riconducibile ad alcuna lega conosciuta o meteoriti provenienti dal Sistema solare fornirebbe quindi la prova della loro origine interstellare. Secondo il team, guidato dall’astrofisico Abraham Loeb, tra i primi a segnalare l’impatto di CNEOS 2014-01-08, la roccia interstellare “potrebbe aver avuto origine da un oceano di magma altamente differenziato di un pianeta con un nucleo di ferro al di fuori del Sistema solare o da fonti più lontane”.
Le sferule continueranno ad essere analizzate da quattro diversi laboratori – l’Università di Harvard, l’UC Berkeley, la Bruker Corporation e l’Università della Tecnologia in Papua Nuova Guinea (Unitech) – utilizzando gli strumenti più avanzati. “Il nostro vicerettore ha già firmato un memorandum d’intesa sulla nostra partnership in corso con l’Università di Harvard – ha precisato Jim Lem, capo del Dipartimento di ingegneria mineraria della Unitech – . Non vedo l’ora di far parte del team che analizza sferule così ricche di informazioni scientifiche”.