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Rischia di perdere l’occhio con l’acido della batteria, ma i medici glielo salvano con una placenta donata

Paul Laskey, un uomo di 43 anni vittima di un’aggressione con l’acido solforico di una batteria per auto, avrebbe perso l’occhio sinistro se non fosse stato per tre innesti di tessuto amniotico ricavati da una placenta donata: questi innesti hanno curato le lesioni sulla superficie dell’occhio, che ora verrà trattato con cellule staminali per ripristinare la vista.
A cura di Valeria Aiello
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Un uomo di 43 anni, Paul Laskey, vittima di un’aggressione con l’acido solforico di una batteria per auto a Newcastle, in Inghilterra, è riuscito ad evitare la perdita dell’occhio sinistro grazie a un trattamento medico con placenta donata. La sua vicenda risale al febbraio 2023: Laskey si era precipitato per proteggere il figlio da una rapina, sotto la minaccia di un coltello, quando il rapinatore gli buttò in faccia l’acido di una batteria contenuto in una bottiglia. “L’ho capito all’istante – ha raccontato l’uomo – . Non riuscivo a vedere niente e a respirare, l’acido era anche nel naso e in bocca, lottavo per la vita”.

Trasportato d’urgenza in ospedale, i medici hanno scoperto che aveva perso completamente la vista dall’occhio sinistro, perché l’acido aveva attraversato gli strati interni ed esterni della cornea. Negli otto mesi successivi, il 43enne è stato sottoposto a due trapianti di cornea d’urgenza e tre innesti di tessuto amniotico, ricavati dalla placenta donata. Il suo caso è stato ripreso dai principali media britannici, dopo che Laskey ha voluto ringraziare la donna che “ha scelto di donare la placenta del suo bambino dopo la nascita, per aiutare persone come me che rischiano di perdere completamente la vista”. Il suo aggressore, Robbie Scott, un ragazzo di 21 anni, è stato condannato a 1o anni di prigione, pena aumentata a 11 anni in appello lo scorso agosto.

L’occhio della vittima di un’aggressione con l’acido della batteria salvato grazie alla placenta donata

Il trattamento che ha salvato l’occhio di Paul Laskey consiste in innesti di tessuto amniotico ottenuto dalla membrana più interna della placenta: questo tessuto, opportunamente preparato, può essere trapiantato nell’occhio sotto forma di patch per favorire rigenerare la superficie della cornea. Nel caso di Laskey, l’ustione causata dall’acido aveva portato “un’insufficienza delle cellule staminali limbari e una grave cheratopatia neurotrofica all’occhio sinistro” come spiegato i medici del Newcastle Eye Centre del Royal Victoria Infirmary, dove è stato condotto l’intervento. In altre parole, le cellule dell’occhio di Laskey non erano più in grado di riparare o rigenerare correttamente la superficie della cornea, provocando la degenerazione di questa struttura.

A Laskey sono stati fatti tre innesti di tessuto amniotico, che hanno stabilizzato il suo occhio. “Questi innesti sono ampiamente utilizzati per una varietà di problemi della superficie oculare – ha spiegato il professor Francisco Figueiredo, l’oculista del Newcastle Eye Centre che ha curato Laskey – . È incredibile pensare che ciò sia stato possibile grazie alla generosità di una madre, che ha donato l’organo che ha sviluppato per aiutare a far crescere il suo bambino. È davvero straordinario”.

Da ogni placenta donata, possono essere realizzati dai 50 ai 100 innesti di tessuto amniotico, che possono essere utilizzati per trattare diversi problemi oculari, oltre alle lesioni delle ustioni chimiche, anche i danni dovuti a condizioni come la sindrome di Stevens Johnson, la cherotopatia bollosa, la cheratopatia calcifica e tumori della superficie oculare. “Gli innesti sono stati essenziali nell’aiutare a gestire la grave ustione oculare di Paul – ha aggiunto il professor Figueiredo – . Sono sottili, leggeri, elastici e quasi trasparenti, il che li rende ideali per l’uso sulla superficie dell’occhio e aiutano a guarire i danni ai tessuti superficiali, offrendo anche benefici antinfiammatori”..

Nel suo di Paul, i medici potranno ora passare a trattamenti per provare a ripristinare completamente la vista, molto probabilmente ricorrendo a un trapianto di cellule staminali.

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