Questo verme può far sparire per sempre la plastica: i risultati di un nuovo studio
La plastica è ovunque. Negli ultimi anni la sua produzione è aumentata in modo esponenziale, passando da 2,3 milioni di tonnellate nel 1950 a 448 nel 2015, una crescita a cui però non ha corrisposto un adeguato progresso nei sistemi di riciclaggio, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, come Asia e Africa. Ecco perché trovare nuove strategie di smaltimento dei rifiuti in plastica è necessario.
Una soluzione su cui è al lavoro la comunità scientifica punta a sfruttare alcuni vermi in grado di mangiare la plastica. Di recente un gruppo di ricercatori del Centro internazionale di fisiologia ed ecologia degli inseriti (ICIPE) ha scoperto in Kenya la prima specie di vermi originaria dell'Africa in grado di farlo: si tratta del verme della farina minore, ovvero le larve dello della coleottero oscuro Alphitobius diaperinus, una specie che si nutre di cereali e farina, originaria dell'Africa, ma presente anche altrove.
Che cos'è il verme della farina minore
Come spiega in un articolo sulla rivista The Conversation una delle autrici dello studio, appena pubblicato su Nature, queste larve possono rompere i legami del polistirolo, un materiale plastico molto utilizzato negli imballaggi, ma allo stesso tempo difficile da riciclare: i metodi tradizionali per farlo sono infatti molto costosi e c'è il rischio che dal processo vengano liberate nuove sostanza inquinanti.
Le larve di questa specie sembrano invece avere tutte le qualità per offrire un nuovo metodo biologico di smaltimento del polistirolo. I ricercatori hanno infatti studiato i loro batteri interinali alla ricerca di un nuovo strumento per eliminare le enormi quantità di plastica prodotte quotidianamente in ogni angolo del mondo in modo sicuro, efficace e a basso costo.
Durante lo studio, i ricercatori hanno nutrito una colonia di vermi da farina con una dieta a base di polistirolo e crusca e hanno visto che nel periodo di test, durato poco più di un mese, le larve avevano eliminato l'11,7% del polistirolo totale a loro dato. Studiando i batteri intestinali, i ricercatori hanno visto che in quelli che si alimentavano anche di polistirolo, si formavano nuovi batteri, di cui alcuni già noti per la loro capacità di produrre enzimi capaci di digerire materie plastiche sintetiche.
Il prossimo step – spiegano gli scienziati – dovrebbe quindi puntare a isolare i batteri coinvolti nella degradazione del polistirolo e gli enzimi da essi prodotti e testarli anche su altri tipi di materi plastiche.
L'obiettivo finale di questo tipo di studi è infatti verificare la possibilità di coltivare su ampia scala questi enzimi "mangia-plastica", così da utilizzarli come metodo alternativo di smaltimento dei rifiuti in plastica. Tuttavia, prima che la teoria diventi realtà saranno comunque necessarie ulteriori verifiche in grado di accertare l'impatto del consumo di plastica sulla salute dei vermi e quindi i rischi per gli animali che se ne nutrono.