Quasi la metà della Terra cambierà zona climatica entro la fine del secolo
Con l’aumento della frequenza e degli intensità degli eventi meteo estremi dovuti ai cambiamenti climatici, entro la fine del secolo quasi la metà della Terra si troverà in una zona climatica diversa rispetto a quella di oggi. È quanto emerge da un nuovo studio appena pubblicato sulla rivista Earth’s Future, in cui gli studiosi hanno simulato il futuro del nostro pianeta fino al 2100, mostrando come ondate di caldo estremo, siccità, inondazioni e tempeste possono alterare le zone climatiche e i loro ecosistemi associati. I cambiamenti più pronunciati, spiegano gli studiosi, sono previsti nelle zone climatiche fredde dell’Europa e del Nord America.
Per tracciare i cambiamenti, il team di ricercatori, guidato dall’autore senior Paul Dirmeyer, uno scienziato del clima della George Mason University di Fairfax, in Virginia, ha utilizzato la classificazione climatica di Köppen-Geiger, uno strumento per mappare le zone climatiche regionali in base a temperature, precipitazioni e stagioni, valutando i cambiamenti osservati e previsti nella distribuzione di tali zone sulla base dei risultati delle proiezioni dell’ultimo e del precedente modello climatico globale (rispettivamente CMIP6 e CMIP5).
Ciò che emerge dall’analisi è che, se non agiamo presto per ridurre le emissioni, i tassi di riscaldamento globale continueranno ad accelerare con i passare dei decenni, “suggerendo che le specie vulnerabili e le pratiche agricole potrebbero avere meno tempo per adattarsi ai cambiamenti di zone climatiche rispetto a quanto previsto in precedenza” avvertono i ricercatori.
Metà pianeta finirà in una zona climatica diversa entro il 2100
Sulla base della loro analisi, gli studiosi prevedono che, entro la fine del secolo, dal 38% al 48% della superficie terrestre globale si troverà in una zona climatica diversa da quella odierna. I climi tropicali si espanderanno, interessando dal 23% al 25% del pianeta e una parte maggiore della superficie terrestre diventerà arida, fino a circa il 34% dal 31% attuale. Questo tipo di cambiamenti, mostrano altri studi, potrebbero compromettere i sistemi di produzione alimentare e spingere le malattie infettive trasmesse dalle zanzare verso nuove aree.
Come premesso, i maggiori spostamenti verso nuovi climi sono previsti nelle zone climatiche fredde dell’Europa e del Nord America: in particolare, entro la fine del secolo, fino all’89% dell’Europa e quasi il 66% del Nord America potrebbero infatti finire in una zona climatica diversa. Le persone che invece vivono in altre regioni, come l’Africa, risentiranno di ulteriori aumenti della temperatura, ma solo entro i limiti della loro attuale zona climatica e sotto forma di eventi meteorologici estremi.
Di gran lunga, il cambiamento più drammatico avverrà nella zona polare, che tra il 1901 e il 1930 copriva quasi l’8% della superficie terrestre e si è già ridotta al 6,5% con poco meno di 1,2 °C di aumento della temperatura globale che la Terra ha sperimentato finora. “Dall’inizio del XX secolo, la Terra ha già riportato una variazione climatica del 14,77% della sua superficie, con cambiamenti più estesi osservati in Nord America, Europa ed Oceania” scrivono Dirmeyer e colleghi.
Questo è uno dei risultati più sconcertanti dello studio, che cattura quanto il nostro pianeta sia già cambiato, ottenuto sulla base di stime precedenti, prodotte nel 2015, utilizzando modelli climatici disponibili in quegli anni, e che hanno rivelato che già nel 2010, circa il 5,7% della superficie terrestre totale si era spostata verso tipi di clima più caldi e secchi rispetto al 1950.