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Quasi 200 meteoriti trovati sulla Terra arrivano da Marte

Sono stati espulsi dal Pianeta rosso in seguito a violenti impatti di asteroidi e hanno viaggiato nello spazio, raggiungendo la Terra e sopravvivendo all’ingresso nell’atmosfera terrestre.
A cura di Valeria Aiello
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Delle migliaia di meteoriti trovati sulla Terra, è confermato che almeno 188 arrivano da Marte. Ma come hanno fatto ad arrivare fino a noi? Dal Pianeta rosso ci separano in media 220 milioni di chilometri, eppure queste rocce sono riuscite ad attraversare lo spazio e a raggiungere la superficie terrestre sopravvivendo all’ingresso nella nostra atmosfera. Affinché questo accada, i detriti marziani devono essere espulsi con una forza sufficiente a sfuggire alla gravità marziana, probabilmente in seguito a violenti impatti di asteroidi, e resistere alle enormi temperature e pressioni di questo impatto prima di attraversare il vuoto dello spazio.

L'origine dei meteoriti marziani trovati sulla Terra

Per decenni, gli scienziati che hanno lavorato alla modellazione di questo tipo di eventi hanno ritenuto che solo gli impatti più potenti fossero in grado di scagliare rocce da Marte nello spazio. Ma una nuova ricerca, appena pubblicata su Science Advances, ha dimostrato che la cosiddetta “pressione d’urto” necessaria affinché frammenti di suolo marziano vengano espulsi è significativamente inferiore a quanto finora ritenuto, il che significa che nello spazio potrebbero esserci molte più rocce marziane dirette verso la Terra.

Per calcolare la pressione d’urto sperimentata dalle rocce marziane, i ricercatori del California Institute of Technology (Caltech) e del Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA hanno sviluppato un metodo più accurato per simulare gli impatti, utilizzando un nuovo e potente cannone per far esplodere le rocce con proiettili che viaggiano a una velocità cinque volte superiore a quella del suono. Ma per non intaccare le limitate e preziose riserve di meteoriti marziani, il team ha utilizzato rocce terrestri contenenti plangioclasio, uno dei componenti più importanti delle rocce marziane.

Quando sottoposto ad alte pressioni, come l’impatto di un asteroide, il plagioclasio si trasforma in un materiale vetroso noto come maskelynite. Secondo i ricercatori, trovare la maskelynite in una roccia indica i tipi di pressione con cui il campione è entrato in contatto. “Non siamo su Marte, quindi non possiamo osservare direttamente l’impatto di un meteorite – ha affermato Yang Liu, scienziato planetario del JPL e coautore dello studio – . Ma però possiamo ricreare un tipo simile di impatto in un ambiente di laboratorio. In questo modo, abbiamo scoperto che per lanciare un meteorite ci vuole molta meno pressione di quanto pensassimo”.

Rispetto ai precedenti studi, che avevano indicato che il plagioclasio si trasforma in maskelynite a una pressione d’urto di 30 gigapascal (GPa) – pari a 300.000 volte la pressione atmosferica sperimentata a livello del mare – la nuova ricerca ha dimostrato che la transizione avviene effettivamente a circa 20 GPa, una differenza significativa rispetto agli esperimenti precedenti.

È stata una sfida significativa modellare un impatto in grado di lanciare rocce intatte da Marte con una pressione di 30 GPa – ha aggiunto il professor Paul Asimow della Divisione di Scienze Geologiche e Planetarie del Caltech – . In questo contesto, la differenza tra 30 GPa e 20 GPa è significativa. Quanto più accuratamente possiamo caratterizzare le pressioni d’urto sperimentate da un meteorite, tanto più è probabile che possiamo identificare il cratere da impatto su Marte da cui ha avuto origine”.

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