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Cani e gatti abbandonati in Italia, LAV a Fanpage.it: “Non succede solo d’estate”

Come ogni estate si torna a parlare dell’odioso fenomeno degli abbandoni di animali domestici. Per saperne di più su numeri e prevenzione in Italia Fanpage.it ha intervistato Alessandra Ferrari, Responsabile Area Animali Familiari della Lega Anti Vivisezione (LAV)
A cura di Andrea Centini
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Come ogni estate balzano agli onori della cronaca nazionale casi vergognosi di abbandono di animali domestici, spesso lasciati al proprio destino per strada dove vanno incontro a una morte orribile. Tra i casi recenti più emblematici vi è quello di una donna foggiana che ha legato a un palo il proprio cane tra le lacrime e le proteste del figlio, che non riusciva a capacitarsi di una simile crudeltà. L'azione della signora è stata ripresa col telefonino da un uomo che ha denunciato il tutto alle forze dell'ordine. Pochi giorni prima un caso analogo si è verificato a Cercola, in provincia di Napoli. Per comprendere meglio l'entità di questo odioso fenomeno in Italia e quali sono le misure introdotte per prevenirlo, Fanpage.it ha intervistato la dottoressa Alessandra Ferrari, Responsabile Area Animali Familiari della Lega Anti Vivisezione (LAV), un'associazione senza scopo di lucro che da molti anni si batte per i diritti e la tutela degli animali. Ecco cosa ci ha raccontato.

Dottoressa Ferrari, ogni estate assistiamo alle orribili e odiose immagini di cani e altri animali abbandonati. Qual è la portata del fenomeno in Italia?

In realtà è un falso mito che gli abbandoni ci siano solo in estate. È un fenomeno che interessa ormai tutto l'anno. Sicuramente possiamo pensare al fatto che si parta per le vacanze e si vogliano magari privilegiare delle soluzioni tali per cui l'animale non può essere portato con sé, e che dunque possa costituire un ulteriore elemento per fare questa scelta scellerata. Però di fatto le motivazioni che portano alle cosiddette rinunce di proprietà, che quindi non sono necessariamente il lasciare il cane per strada, ma anche cercare una soluzione alternativa chiedendo ai canili, ai rifugi, alle associazioni, al vicino di casa etc etc sono veramente di vario tipo.

Ad esempio?

Il cambio di casa, il cambio di lavoro, la nascita di un bambino, problemi gestionali, quindi difficoltà proprio nel gestire l'animale. O anche magari congiunture economiche sfortunate, come la perdita del lavoro. Cambi proprio a livello famigliare. Sono quindi tra le più disparate e di conseguenza non sono così tanto legate a un periodo dell'anno. Questa è la prima considerazione.

Ci sono delle statistiche sul fenomeno degli abbandoni?

Per quanto riguarda i dati non possiamo dire che ne esistano di omnicomprensivi per questo fenomeno. Nel senso che non è completamente tracciato. Gli unici dati ufficiali che possiamo considerare come più attendibili sono quelli presenti sul sito del Ministero della Salute, che raccoglie i dati delle Regioni. Quelle che li mandano, perché ci sono anche Regioni che non rispondono alla richiesta del ministero e quindi anche in questo caso non sono globali, ma in qualche modo parziali. Sono dati che trasmettono l'ingresso dei cani all'interno dei canili sanitari, il che vuol dire che si tratta di cani vaganti, quindi proprio quelli accalappiati. Che poi in alcuni casi vengono restituiti se hanno il microchip, oppure restano in struttura se non ce l'hanno e quindi non sono identificati. A quel punto passano a un canile rifugio per essere messi in adozione.

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Ci sono rinunce di proprietà anche laddove è prevista una politica del comune che possa prendersi carico dell'animale, anche di un privato, nel caso ci siano determinate condizioni. Faccio l'esempio del Comune di Milano: nel momento in cui una persona perde il lavoro, viene arrestata, viene ricoverata in ospedale, si fa carico del cane o del gatto facendolo entrare nella struttura comunale. In alcuni casi sono soluzioni temporanee, in altri casi no. Gli animali restano lì. Però non tutti i comuni hanno questo tipo di politica, che di solito è gestita dall'ufficio tutela animali. Rinunce di proprietà possono essere segnalate in questo modo.

In termini numerici nudi e crudi cosa sappiamo sugli abbandoni?

I dati del Ministero della Salute danno uno spaccato di quelli che sono gli animali che teoricamente possiamo considerare abbandonati. I dati più aggiornati sono al 31 dicembre 2021 e parlano in un anno di 72.115 ingressi nei canili e di 78.600 gatti sterilizzati, il che vuol dire gatti che sono entrati e che sono stati sterilizzati all'interno della struttura. Però ovviamente sono molti di più. Ci sono dati interessanti per ragionare sull'abbandono anche nel nostro report Randagismo 2022, che viene fatto ogni anno ormai da 4 / 5 anni. Parla più in generale del fenomeno, non tutti i cani e i gatti abbandonati diventano randagi, ma molti sì. Guardando questi dati il sommerso incide.

Ci spieghi

Se una persona non può più tenere il cane o decide di non tenerlo più e non ha neanche una reale motivazione, e si rivolge ad esempio a LAV e LAV ritiene che ci siano le condizioni per prendersi carico di questo animale e ridarlo in adozione, questo naturalmente non è un animale che viene tracciato nei dati del ministero. Perché non passa per i canali ufficiali, non passa per il canile sanitario, ma passa per l'associazione che se ne fa carico e poi gli cerca una nuova famiglia. I dati del Ministero della Salute dovrebbero integrare anche quelli dei singoli canili privati, delle associazioni e via dicendo.

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C'è un trend in aumento nel numero degli abbandoni? Anche alla luce delle adozioni aumentate durante la pandemia?

È un dato indicativamente stabile, non ci sono né grossi aumenti, né grosse decrescite. Sì, durante la pandemia ci sono state più adozioni, ma una piccola percentuale; se non ricordo male attorno al 3 percento, che era stato calcolato facendo una media tra ciò che testimoniavano le reti dei canili – ad esempio quelli dell'ENPA, che sono molti – piuttosto che i canili comunali. Ma seguito comunque poi da restituzioni. Perché purtroppo molte delle adozioni erano state fatte sull'onda della superficialità, per così dire. Era un momento particolare, i ritmi di vita erano cambiati, c'erano tutta una serie di condizioni che normalmente non si verificano, e quindi in alcuni casi si è pensato che ci si potesse far carico di un cane o di un gatto. Poi con la ripresa dei ritmi normali in alcuni casi queste adozioni si sono trasformate in restituzioni. Anche questo dato va preso con le pinze e letto nel contesto.

I cani che purtroppo vengono abbandonati per strada hanno spesso anche il microchip; c'è una statistica sulle persone che vengono rintracciate e denunciate per questo reato odioso?

Nel momento in cui viene rinvenuto un cane con il microchip bisogna verificare la situazione. Nel senso che può essere un reato di omessa custodia a seconda della situazione in cui viene ritrovato l'animale. Però dipende. Magari è stato anche denunciato lo smarrimento. Sono situazioni veramente diverse. Un dato specifico non c'è. Perché per arrivare a fare una denuncia di abbandono bisogna che si creino determinate condizioni che possano essere testimoniate ed essere certe. Quindi è abbastanza complesso arrivare ad un dato preciso sulle persone che vengono denunciate per questo. Però sicuramente il microchip, oltre ad essere un obbligo di legge – se non viene inoculato all'animale si va incontro a una sanzione – è anche l'unico modo per creare un rapporto di responsabilità tra la persona e il cane. Al momento è un presidio di civiltà che noi cerchiamo in ogni modo di favorire anche attraverso attività specifiche. Ad esempio quest'anno come l'anno scorso stiamo facendo un tour di microchippatura gratuita. Proprio per sensibilizzare le persone sull'importanza, anche e soprattutto in caso di smarrimento. Perché è l'unico modo per risalire al proprietario.

Vengono abbandonati sia cani di razza che meticci? C'è una preponderanza?

Anche in questo caso non c'è un dato preciso, però per quella che è la nostra esperienza è abbastanza democratico, come dire. Il cane di razza, proprio perché viene acquistato, spesso ha dietro una scelta sulla base di criteri che non sono quelli corretti, quelli che dovrebbero essere adottatati quando si decide di convivere con un animale. Magari l'aspetto estetico, il sentito dire, tipo, ‘quella particolare razza ha quel particolare carattere e quindi mi sta simpatica, mi piace e credo possa andar bene per me'. E anche il fatto che si acquista e non si adotta, un gesto che ha insita un po' la considerazione che sia ha dell'animale. Io acquisto tendenzialmente un oggetto, non un essere vivente. Questo spesso porta a scelte basate su canoni non corretti. Nel momento in cui ci si rende conto che un jack russel – un cane piccolo che può stare in un appartamento – è comunque un cane da caccia che ha bisogno di tanta energia, che deve fare tanta attività fisica e che quindi è molto impegnativo, si capisce che non si ha il tempo per gestirlo e quindi si decide di disfarsene. Sono nati ormai da diversi anni dei rescue di cani di razza, gruppi di persone appassionate a una determinata razza che creano magari delle piccole associazioni per recuperare i cani di quella particolare razza da situazioni o di maltrattamento o comunque anche proprio di abbandono in canile. E cercano di ricollocarli. Proprio perché appunto, anche loro non sono esenti dall'essere abbandonati.

Oltre a cani e gatti, ci sono altri animali soggetti a un frequente abbandono in Italia? Mi vengono in mente ad esempio le tartarughe americane, specie aliene che possono arrecare gravi danni alla fauna autoctona

Purtroppo sì. Questo è un fenomeno che interessa i nostri parchi. Si pensi proprio alle tartarughe dalle orecchie rosse che sono specie aliene e invasive. Vengono prese come un animaletto da compagnia poco impegnativo, che occupa poco spazio e può essere tenuto in una vaschetta, magari per il bambino, senza informarsi sul fatto che crescono molto in dimensione e quindi a un certo punto si arriva a ‘dove la metto in casa, ah vabbè, la metto nel laghetto che sta meglio'. Un'estrema superficialità data dalla mancanza di informazione su quello che causa l'inserimento di una specie aliena in natura. E poi anche con poca attenzione riguardo il ciclo vitale di questi animali. A volte vengono abbandonati in pieno inverno, quando in teoria dovrebbero essere in letargo. Andare a inserire un animale sempre stato in casa in natura con temperature molto basse significa condannarlo a morte.

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A che punto è l'Italia rispetto agli altri Paesi dal punto di vista degli abbandoni e della prevenzione? Siamo messi bene o male?

In realtà l'Italia ha una legislazione che è molto più avanzata di quella della maggior parte degli altri Paesi europei. Perché noi abbiamo una politica “no kill” (non uccidere NDR) nei rifugi, quindi già questo, come dire, ci pone a un livello di civiltà superiore. In molti altri Paesi, come la Spagna per citarne uno a noi vicino, dopo tot giorni esiste la soppressione. Dal punto di vista legislativo le nostre leggi sono valide; che spesso non vengano applicate purtroppo questo non vale solo per le leggi sulla protezione animale, ma vale per tutte le altre, quindi sicuramente c'è qualcosa da migliorare. Però c'è anche tanto lato nostro su sensibilizzazione e informazione. E anche lato ricettivo, per tornare all'estate, una tendenza a prevedere sempre più servizi per gli animali. Su questo direi che l'Europa si comporta un po' a macchia di leopardo. Nel senso che ci sono dei Paesi virtuosi come la Francia, che ha tante strutture ricettive per animali ed è considerata “dog friendly”, mentre altri non vanno nella stessa direzione, dove ci sono anche politiche più stringenti per l'introduzione degli animali. Ad esempio l'Inghilterra. Poi dopo la Brexit è ancora più complicato.

Dare una fotografia complessiva è difficile perché non c'è un trend che va in una direzione piuttosto che in un'altra, ci sono parecchie differenze a livello europeo. Noi non siamo messi male da questo punto di vista. Abbiamo sicuramente un fenomeno di randagismo in alcune Regioni da gestire, però la soluzione non è sicuramente quella della soppressione nei canili. Le soluzioni sono altre.

Cosa si può fare?

La collaborazione virtuosa tra comuni, ASL, veterinari e anche associazioni affinché la popolazione di randagi sul territorio venga controllata. Nel momento in cui ci sono degli abbandoni l'animale venga gestito attraverso l'entrata nella struttura sanitaria, la restituzione se possibile e la messa in adozione con il supporto delle associazioni laddove non sia possibile. E ovviamente tanta politica di prevenzione con l'identificazione tramite microchip. Favorire le sterilizzazioni anche dei cani privati. L'abbandono, soprattutto nelle Regioni del Sud, spesso riguarda la cucciolata del cane di proprietà non sterilizzato che viene lasciato libero di muoversi. Rispetto magari a città come Milano o Roma, in quelle del Sud a volte succede che il cane vada in giro per conto suo, e magari se è una femmina ritorna incinta. Quella cucciolata spesso viene abbandonata perché è indesiderata, non era prevista, perché è comunque un costo e via dicendo. Sono proprio quei cuccioli che quando non recuperati dalle associazioni vanno a infoltire le file dei randagi. Quando sopravvivono ovviamente, perché spesso non sopravvivono.

È anche la gestione del cane del privato che va indirizzata e condotta in un certo modo. Da questo punto di vista le associazioni possono fare molto – e già lo fanno -, ma il principale attore deve essere il comune. Noi cerchiamo sempre di portare avanti iniziative che non siano l'associazione da sola contro tutti, come si suol dire, ma che siano proprio delle collaborazioni a livello territoriale, affinché una volta impostato il lavoro, poi vada avanti indipendentemente dalle associazioni. Devono essere delle buone prassi, dei servizi e delle politiche che i comuni mettono in atto indipendentemente dal fatto che ci siano delle associazioni a sollecitare.

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