Quali sono i segnali precursori di una potenziale eruzione vulcanica ai Campi Flegrei
Eruzioni vulcaniche e terremoti sono fenomeni geologici distinti che tuttavia possono essere intimamente connessi, come nel caso del bradisismo che si verifica ai Campi Flegrei in provincia di Napoli. Ma se prevedere un evento sismico è impossibile con le attuali conoscenze scientifiche, il discorso è diverso per un'eruzione vulcanica a breve termine. Attraverso strumentazione ad hoc, infatti, è possibile intercettare i cosiddetti segnali o fenomeni precursori, legati al movimento del magma in profondità. Tra essi figurano eventi sismici, tremore vulcanico, variazioni nei parametri delle fumarole (come temperatura e composizione) e deformazioni del suolo, come spiegato dall'Osservatorio Vesuviano dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) nella sezione “domande frequenti” del portale ufficiale. Questi segnali possono aiutare gli esperti a prevedere quando un vulcano – o un supervulcano – sta per eruttare, cioè emettere gas, magma, cenere e altre sostanze in superficie; ciò dà il tempo alle autorità di preparare un'evacuazione, come quella prevista per i Campi Flegrei e il Vesuvio in caso di eruzione. Se il fenomeno fosse di portata catastrofica si arriverebbe a un vero e proprio esodo, cioè a una partenza senza ritorno, come sottolineato a Fanpage.it dal geologo Mario Tozzi.
Cosa e quali sono i segnali precursori delle eruzioni vulcaniche
Le crisi bradisismiche legate a sciami sismici più o meno intensi che hanno colpito l'area dei Campi Flegrei negli ultimi decenni sono state provocate dalla risalita di fluidi dovuta all'accumulo di magma che si muove in profondità, come spiegato a Fanpage.it dal vulcanologo dell'INGV Roberto Isaia. Il magma spinge verso la parte sommitale della crosta terrestre vapore acqueo, CO2, metano, elio ed altri elementi che “gonfiano” il suolo, determinandone il sollevamento (bradisismo). La crosta sottoposta a queste sollecitazioni va sotto stress e può spaccarsi, liberando energia attraverso i terremoti. Ma a risalire talvolta è anche il magma stesso, non i fluidi al di sopra della camera magmatica. Il dottor Isaia ha spiegato che nella crisi bradisismica dell"82-'84 è stato stimato che il magma possa essere risalito fino a 3 – 4 chilometri di profondità. Quando questo materiale incandescente (roccia fusa) arriva in superficie e straborda provoca l'eruzione vulcanica, caratterizzata da fiumi di lava, nubi di cenere e gas. Come indicato, prima che ciò avvenga è possibile cogliere i sopracitati segnali precursori, allarmi che possono suggerire agli esperti una potenziale, imminente eruzione.
“Prima di un'eruzione generalmente si verificano i cosiddetti fenomeni precursori, indotti dal movimento del magma in profondità. I principali fenomeni precursori sono sciami sismici, eventi sismici a lungo periodo, tremore vulcanico, deformazioni del suolo, variazioni nei gas emessi dal suolo o da fumarole. Attraverso lo studio di questi fenomeni e l'analisi della loro evoluzione temporale è possibile capire in anticipo se si sta approssimando una eruzione”, spiega l'INGV. Per quanto concerne le fumarole, veri e propri “sensori” per imminenti eruzioni vulcaniche, si registrano variazioni nella composizione e nella temperatura dei gas emessi, proprio alla luce dell'approssimarsi del magma alla superficie. Per la crisi bradisismica del 2023 i ricercatori non hanno rilevato variazioni geofisiche rispetto al trend degli ultimi decenni, pertanto si ritiene che il bradisismo sia provocato dalla pressione dei fluidi e non dalla risalita del magma, esattamente come avvenuto negli anni '70 e '80 del secolo scorso. Anche se non si può escludere al 100 percento che non sia la risalita della roccia fusa a provocare il sollevamento, come spiegato dal dottor Isaia a Fanpage.it. Il magma, ad ogni modo, è sempre il motore di tutto. Naturalmente i segnali precursori, prima di far scattare qualunque allarme, vengono “opportunamente analizzati ed interpretati” in base a ciò che sappiamo sullo specifico vulcano coinvolto, spiega l'INGV.
Con quali strumenti si rilevano i segnali precursori
Il supervulcano dei Campi Flegrei e il Vesuvio sono costantemente monitorati dagli esperti dell'INGV, che hanno dislocato la strumentazione scientifica in punti strategici al fine di misurare i preziosi parametri geofisici e chimici. “Queste misure consentono di registrare la sismicità, i cambiamenti della forma del vulcano e le variazioni del flusso, della composizione e della temperatura dei gas vulcanici”, spiega l'Osservatorio Vesuviano. E ovviamente il monitoraggio è costante, con almeno due vulcanologi sempre in sede pronti ad attivare il Dipartimento di Protezione Civile in caso di necessità. Tra gli strumenti utilizzati per tenere sotto controllo i vulcani vi sono:
- Geodimetri che misurano deformazioni e fratture del suolo dovute alla risalita del magma;
- Sismografi che tengono traccia dei terremoti provocati dall'attività vulcanica;
- Tiltmetri che misurano l'inclinazione delle superfici / pendici vulcaniche; sensori per misurare le variazioni di temperatura (come le termocoppie associate a lettori digitali);
- Laser LIDAR che permettono di analizzare la composizione dei gas delle fumarole, verificando riflessione e assorbimento da parte del gas;
- GPS per verificare con precisione millimetrica il sollevamento del suolo;
- Sensori per la pressione e la forza di gravità.
Ovviamente è previsto anche il campionamento sul campo, per condurre analisi dettagliate in laboratorio – come la gascromatografia e la spettrografia – delle sostanze prelevate. In caso di anomalie presenti nei parametri rilevati dagli strumenti gli esperti dell'INGV possono intensificare l'attività di monitoraggio e attivare la Protezione Civile.