Quali sono i Paesi in cui farà troppo caldo per vivere se la temperatura media aumenterà di 1,5 gradi
Il corpo umano non può sopravvivere a qualunque condizione di temperatura e umidità, ma esiste un limite – chiamato temperatura di bulbo umido – oltre il quale il nostro organismo non riesce più a regolare la temperatura interna, andando incontro a una ipertermia potenzialmente fatale. Potrebbe sembrare assurdo, ma a causa dei cambiamenti climatici in diverse aree della Terra le combinazioni tra ondate di calore e di umidità saranno tali da renderle inadatte per la vita umana per molte ore ogni anno. In altri termini, stiamo trasformando alcune parti della Terra – in cui abbiamo vissuto per migliaia di anni – in luoghi inospitali, come se appartenessero a un pianeta lontano, a un mondo alieno inabitabile. Tutto questo a causa delle costanti e imponenti emissioni di CO2 (anidride carbonica) e altri gas climalteranti legate alle attività umane, iniziate a partire dalla Rivoluzione Industriale.
A determinare che il riscaldamento globale renderà diversi luoghi della Terra troppo caldi per permettere la sopravvivenza umana è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Center for Healthy Aging e del Dipartimento di Kinesiologia dell'Università Statale della Pennsylvania, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Scienze della Terra, Atmosferiche e Planetarie e dell'Istituto per un Futuro Sostenibile dell'Università Purdue. I ricercatori, coordinati dal professor W. Larry Kenney, docente di fisiologia e kinesiologia presso l'ateneo di West Lafayette, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto simulazioni attraverso un modello climatico ad hoc. In parole semplici, hanno stimato quali aree della Terra diventeranno inospitali superando una determinata soglia di riscaldamento oltre la media dell'epoca preindustriale. Attualmente ci troviamo a circa 1,2° C di temperatura media oltre il basale; siamo a un passo da un riscaldamento di 1,5° C, oltre il quale, secondo gli esperti, le conseguenze della crisi climatica saranno irreversibili e drammatiche, in grado persino di minacciare la civiltà per come la conosciamo oggi.
Grazie al modello climatico il professor Kenney e i colleghi hanno determinato che, con un riscaldamento di 2° C rispetto all'epoca preindustriale, ci saranno miliardi di persone esposte a molte ore di temperatura superiore a quella di bulbo umido, il livello massimo di tolleranza per l'uomo. Si tratta di 2,2 miliardi di residenti che vivono in Pakistan e in India (in particolar mondo a ridosso del fiume Indo), di 1 miliardo di persone della Cina orientale e di 800 milioni di residenti dell’Africa sub-sahariana. Con un riscaldamento di 1,5° C solo alcune parti del Medio Oriente e della valle del fiume Indo subirebbero limitati superamenti della temperatura di bulbo umido, ecco perché è fondamentale contenere le emissioni di gas serra per non oltrepassare la soglia critica ed estendere la superficie "inabitabile".
Con temperature più alte gli scenari sono decisamente più drammatici. Nel caso in cui la temperatura media salisse a 3° C, sarebbero coinvolti anche la costa orientale e il centro degli Stati Uniti. Tra le grandi metropoli coinvolte New York, Houston e Chicago. Anche gli australiani e i sudamericani sarebbero esposti ai rischi di temperature superiori del bulbo umido. In precedenza si credeva che tale situazione si raggiungesse a 35°C con il 100 percento di umidità, mentre un nuovo studio ha dimostrato che sono sufficienti 31° C col 100 percento di umidità o 38° C col 60 percento di umidità. Solo pochissime volte e in aree limitate della Terra – nel Sud Est Asiatico e in Medio Oriente – sono stati superati questi limiti. Ma la crisi climatica sta per cambiare le carte in tavola.
“Questa ricerca mostra che il caldo umido rappresenterà una minaccia molto più grande del caldo secco”, ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor Qinqin Kong, coautore dello studio. “I governi e i politici devono rivalutare l’efficacia delle strategie di mitigazione del calore per investire in programmi che affrontino i maggiori pericoli che le persone dovranno affrontare”, ha aggiunto l'esperto, sottolineando l'importanza di non valutare la sola temperatura ma anche l'umidità. “Quando le persone si riscaldano, sudano e più sangue viene pompato nella loro pelle in modo che possano mantenere la temperatura interna perdendo calore nell'ambiente”, ha affermato il professor Kenney. “A certi livelli di calore e umidità, questi aggiustamenti non sono più sufficienti e la temperatura interna del corpo inizia ad aumentare. Questa non è una minaccia immediata, ma richiede una qualche forma di sollievo. Se le persone non trovano un modo per rinfrescarsi entro poche ore, ciò può portare a colpi di calore, tensioni sul sistema cardiovascolare che possono portare ad attacchi di cuore nelle persone vulnerabili”.
A rischio ci sono soprattutto regioni povere del pianeta, dove si ritiene che la popolazione crescerà sensibilmente nei prossimi decenni. Ciò metterà a repentaglio la vita di miliardi di persone. Paradossalmente, queste popolazioni sono anche le meno responsabili delle emissioni di CO2 che hanno innescato la crisi climatica (provenienti da Paesi ricchi). I dettagli della ricerca “Greatly enhanced risk to humans as a consequence of empirically determined lower moist heat stress tolerance” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS.