Qual è l’effetto dei condizionatori sul calore delle città: la spiegazione del climatologo
“Pensare di salvare il pianeta non usando i condizionatori oppure non installandoli, come accaduto nel Villaggio Olimpico, è un’utopia”. Va dritto al punto il professor Nicola Scafetta, climatologo e docente di Oceanografia, Meteorologia e Climatologia dell’Università di Napoli “Federico II”, che mette in guardia dalle scelte rivendicate con orgoglio dagli organizzatori delle Olimpiadi di Parigi 2024 e dalla sindaca Anne Hidalgo, che fino a poco tempo fa diceva di volere un Villaggio olimpico senza aria condizionata perché, riducendo il consumo energetico, si pensa “molto più alla sopravvivenza dell’umanità”. In Francia, fa notare il professor Scafetta a Fanpage.it, l’idea di risparmiare energia elettrica non installando i condizionatori “è paradossale”, non solo per il caldo che gli atleti stanno soffrendo nelle loro camere.
Perché? Qual è l’impatto dei condizionatori sul clima?
I condizionatori accesi in estate hanno un impatto locale, per effetto del calore che pompano all’esterno. Possono quindi aumentare il caldo nelle città, cioè il calore urbano, in particolare nelle vicinanze di edifici con più condizionatori e in aree non particolarmente ventilate. Non si tratta però di quantità di calore che possono determinare alterazioni climatiche, perché sono comunque molto piccole rispetto al calore dovuto all’irraggiamento e agli altri fattori che oggettivamente hanno impatto sul clima. Possiamo quindi parlare di un effetto sul riscaldamento locale, non certo globale.
E in termini di emissioni di CO2?
Le emissioni di CO2 legate all’uso dei condizionatori sono quelle che derivano dalla produzione di energia elettrica che poi utilizziamo per tenerli accesi. Pertanto, l’impatto varia a seconda della fonte che si utilizza per produrre l’energia.
Se pensiamo appunto alla Francia, dove il mix energetico è composto principalmente da energia nucleare, il consumo di un condizionatore acceso ha un peso decisamente minore in termini di CO2 emessa rispetto a quello che si può avere ad esempio in Germania, dove ci sono ancora molte centrali a carbone.
In Italia, la maggior parte delle centrali è a gas, che hanno emissioni più basse di quelle a carbone, mentre le centrali nucleari, anche se consideriamo fattori come di estrazione dell’uranio, la gestione degli impianti e dei rifiuti radioattivi, producono molta meno CO2 rispetto alle centrali a gas. Questo per dirle che arrivare a scelte drastiche, come quella alle Olimpiadi di Parigi, è qualcosa di paradossale, un’inutile forzatura.
Ci sono però anche gli impatti legati ai gas contenuti nei condizionatori…
I gas refrigeranti, come i clorofluorocarburi (CFC), sono sostanze lesive per lo strato di ozono stratosferico e sono climalteranti, per cui possono avere effetti molto negativi come gas serra. La loro concentrazione nell’atmosfera è molto bassa, ma sono molto più riscaldanti della CO2, per cui, a parità di quantità, possono produrre un effetto serra migliaia di volte superiore se dispersi nell’ambiente.
Parliamo quindi di un alto potere climalterante, anche se molti di questi gas sono già vietati nell’Unione europea, come lo saranno presto anche altri gas refrigeranti, inclusi gli idrofluorocarburi (HFC), che verranno eliminati in linea con gli obiettivi climatici europei.
Ma c’è anche il resto del mondo…
Se facciamo un discorso globale, il problema è molto diverso, perché l’Europa, di per sé, è una regione dove non ci sono alti livelli di emissioni di gas serra. Guardando i dati EDGARD della Commissione Europea del 2023, l’Europa dei 27 è responsabile del 6,7% delle emissioni globali, mentre Cina (29,2%), Stati Uniti (11,2%) e lndia (7,3%) sono le economie che producono più emissioni al mondo. Ci sono poi la Russia, il Brasile e alcune regioni del Sud est-asiatico e del Medio Oriente, ma anche la Germania, che da sola è responsabile di circa il 22% delle emissioni europee, appunto per l’uso che ancora si fa del carbone. L’Italia rappresenta circa lo 0,7% delle emissioni globali e l’11% a livello europeo.
Possiamo quindi dire che il grosso delle emissioni arriva da precise regioni dove, tra l’altro, i livelli delle stesse stanno aumentando, e anche un ritmo abbastanza elevato, come in Cina e in India, mentre l’Europa è l’unica regione dove, nel complesso, negli ultimi 10 anni, le emissioni sono diminuite. Pertanto, se l’obiettivo è abbassare le emissioni di gas serra globali, il solo impegno europeo non sarà sufficiente. È qualcosa che andrebbe fatto tutti insieme.
Anche perché se solo noi, come Europa, andiamo a tagliare le emissioni, chiudendo ad esempio alcune industrie con più alte emissioni, accade che in Cina o in India vengono subito aperte industrie equivalenti per soddisfare la richiesta di mercato, industrie che emetteranno più CO2 che in Europa perché in quei Paesi l’energia è principalmente prodotta col carbone. Allora, o si collabora tutti nel mondo, oppure non vedo le politiche europee come una possibile soluzione ai problemi climatici associati.
Quale potrebbe essere la soluzione?
In questa situazione, la soluzione migliore sarebbe trovare un modo per adattarci ai possibili cambiamenti climatici, cioè studiare strategie di adattamento locale, per cui le diverse regioni nel mondo dovrebbero focalizzarsi su progetti specifici per affrontare il cambiamento del clima.
E come alternative ai condizionatori?
Si stanno studiando materiali termoisolanti e termoriflettenti, come vernici in grado di schermare gli edifici e vetri che bloccano la radiazione solare, quindi il calore. Ci sono poi tecniche di costruzione degli edifici, che possono mitigare il riscaldamento interno dei palazzi, favorendo la circolazione dell’aria, e soluzioni che rinfrescano gli ambienti esterni e fanno in modo che assorbano meno calore. In molti casi, queste alternative potrebbero non essere neppure particolarmente difficili da applicare, perché basterebbe ad esempio avere più verde in città, che aiuta molto a mitigare il calore urbano.
L’aria condizionata resta comunque una possibilità per migliorare la qualità della vita, e non va demonizzata: si possono però avere dispositivi più efficienti di quelli attuali e, soprattutto, bisogna sviluppare forme di energia più efficienti, come nel caso del nucleare da fusione, che è a zero emissioni e non produce neppure scorie radioattive, risolvendo tutti i problemi legati all’uso dell’uranio.
Chiaramente, nel caso del nucleare da fusione, si tratta di una tecnologia che richiede ancora ricerche, per la quale serviranno 20-30 anni prima di un’applicazione concreta, ma su cui bisogna investire come in altri settori, evitando di consumare risorse economiche in soluzioni che energeticamente non risolvono il problema. E mi riferisco a forme di energia che oggi consideriamo green, come quelle che si ottengono dall’eolico o dai pannelli solari e che, diversamente da quanto si crede, si basano su tecnologie molto inquinanti.
Il problema è che non riflettiamo abbastanza sul fatto che, sebbene il sole o il vento siano fonti di energia “verde”, per realizzare pale eoliche e pannelli solari sono necessari enormi quantità di materiali e soprattutto minerali (tra cui le terre rare) che devono essere estratti, e tutto questo è molto inquinante. Nel caso poi dei pannelli solari, c’è bisogno di quarzo di elevata purezza, che deve essere fuso, e questo necessita di fonderie e centrali a carbone che, guarda caso, si trovano in Cina.
Si stanno quindi bruciando grandi quantità di combustibili fossili per realizzare tecnologie che noi acquistiamo e che non risolvono il problema energetico e probabilmente neppure quello climatico, disperdendo così ingenti somme di denaro che potrebbero invece essere utilizzate per sviluppare tecnologie più efficienti e opere più utili.