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Qual è la temperatura migliore per dormire bene e svegliarsi riposati

Lo rivela un nuovo studio della Harvard Medical School di Boston che ha analizzato in che modo la temperatura dell’ambiente in cui dormiamo influenza la qualità del riposo notturno.
A cura di Valeria Aiello
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Il corpo umano ha un limite di caldo che può sopportare, anche durante il sonno. Ce lo hanno ricordato le recenti ondate di calore che hanno reso roventi non solo i giorni ma anche le notti di quest’estate, complicando il nostro riposo notturno e dandoci un’ulteriore prova di come il cambiamento climatico stia causando variazioni nei modelli meteorologici e nelle temperature del nostro pianeta. Una situazione che ci sta ponendo davanti a nuovi interrogativi, diventati il fulcro di una serie di ricerche scientifiche, volte a valutare l’impatto del riscaldamento globale sulla salute umana. Qual è la temperatura massima a cui possiamo essere esposti? E cosa succede nelle notti più calde?

Dare una risposta univoca a queste domande non è semplice, in quanto la nostra resistenza al caldo varia in base a una serie di fattori, inclusa l’età e il nostro stato di salute generale, ma un team di ricerca dell’Harvard Medical School di Boston, negli Stati Uniti, ha recentemente individuato qual è la temperatura oltre la quale il riposo notturno è compromesso da sintomi come irrequietezza e frequenti risvegli, o semplicemente è troppo breve per essere ristoratore. In altre parole, gli studiosi si sono chiesti quando il caldo diventa troppo caldo per dormire, progettando uno studio su un gruppo di 50 volontari di età pari o superiore ai 65 anni che, per quasi 18 mesi, sono stati monitorati per qualità del sonno e temperatura dell’ambiente in cui dormivano.

Il troppo caldo non aiuta il nostro sonno

Il sonno ha profonde implicazioni per la nostra salute e le nostre funzioni quotidiane: cambiamenti nei nostri schemi di riposo notturno non sono semplicemente fastidiosi ma possono avere un impatto significativo sulla nostra funzione cognitiva, sulla nostra salute fisica e la nostra qualità di vita complessiva. Un sonno interrotto da risvegli e difficoltà ad addormentarsi può portare a problemi di concentrazione, di memoria e ridotte capacità nello svolgere le attività quotidiane, oltre a influenzare il nostro umore e il senso generale di benessere.

Con il caldo, questi problemi tendono ad essere esacerbati, perché il sonno tende ad essere più facile e profondo e riposante in un ambiente più fresco: la nostra temperatura corporea diminuisce naturalmente durante la notte, il che favorisce e mantiene il sonno; pertanto, dormire in un ambiente troppo caldo può interferire con questo calo di temperatura, interrompendo il nostro sonno.

Qual è la temperatura ideale per dormire

Per capire come la qualità del sonno sia influenzata dalla temperatura notturna e individuare le condizioni ideali per dormire, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti allo studio di indossare un dispositivo ad anello per monitorare il sonno, la temperatura corporea, la frequenza cardiaca e il movimento, e hanno montato sensori di temperatura e umidità nelle loro camere da letto. I dati così ottenuti sono stati valutati per durata, efficienza e irrequietezza del sonno nelle diverse condizioni ambientali, confermando che in un ambiente più fresco il sonno tende ad essere più facile, profondo e riposante.

Nello specifico, precisano gli studiosi in un articolo pubblicato sulla rivista Science of The Total Environment, le temperature comprese tra 20 e 25 °C favoriscono un sonno più ristoratore. “Di solito – ha spiegato Amir Baniassadi, dottore di ricerca della Harvard Medical School di Boston e autore principale dello studio – la qualità del sonno diminuiva quando la temperatura superava i 26 °C, sebbene si stata riscontrata grande differenza tra i partecipanti allo studio, il che significa che ogni persona ha un proprio intervallo di temperatura ottimale del sonno, che può anche cambiare nel tempo”.

In particolare, quando la temperatura della camera da letto è compresa tra i 25°C a i 30°C , l’efficienza del sonno dei partecipanti allo studio – la quantità di tempo che trascorrevano dormendo dopo essersi messi a letto per dormire– è diminuita fino al 10%, una percentuale che può sembrare irrisoria ma che precedenti ricerche hanno dimostrato essere sufficiente a compromettere le prestazioni cognitive, aumentare lo stress, l’ansia e l’affaticamento, oltre a influenzare i livelli glicemici il giorno successivo.

Comprendere i fattori che influenzano la qualità del sonno è fondamentale – ha aggiunto il dottor Baniassadi – . Man mano che il nostro pianeta si riscalda, anche le nostre notti diventano più calde e ciò può essere particolarmente problematico per gli anziani, i cui ritmi di sonno potrebbero già essere più fragili a causa dei processi naturali dell’invecchiamento. Alla luce dei cambiamenti climatici, i disturbi del sonno e le loro conseguenti implicazioni sulla salute potrebbero diventare un problema più diffuso e persistente in questa popolazione”.

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