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Vaiolo delle scimmie in Italia ed Europa

Qual è la mortalità del vaiolo delle scimmie

Gli 80 pazienti con vaiolo delle scimmie in Europa e America sono stati contagiati dal ceppo dell’Africa occidentale. Ecco qual è la mortalità.
A cura di Andrea Centini
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L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha annunciato che al momento ci sono ottanta casi confermati di vaiolo delle scimmie (monkeypox) in 11 Paesi, oltre a diverse decine di casi sospetti. Tre infezioni sono state diagnosticate anche in Italia, presso l'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (INMI) “Lazzaro Spallanzani” di Roma. La fonte di questi focolai, ritenuti anomali dagli esperti a causa della endemicità della patologia, non è stata ancora determinata: tra le potenziali cause citate dagli scienziati vi sono lotti di animali selvatici infetti; una mutazione del patogeno che ha reso più facile il contagio tra gli esseri umani; una minore efficacia del sistema immunitario, forse legata alla pandemia di COVID-19. Al momento, tuttavia, non vi sono certezze. Sappiamo però che in Europa e in America sta circolando il ceppo meno aggressivo del virus del vaiolo delle scimmie, caratterizzato da una mortalità inferiore.

La mortalità del vaiolo delle scimmie

Come specificato in un documento dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), esistono due lignaggi principali del virus che provoca il vaiolo delle scimmie, un patogeno a DNA che appartiene al genere Orthopoxvirus (famiglia Poxviridae): il primo è il clade dell'Africa occidentale, quello riscontrato anche nelle decine di casi in Europa e America; il secondo è il clade del bacino del Congo / Africa centrale. La differenza sostanziale tra i due ceppi risiede nel fatto che il secondo è sensibilmente più letale dell'altro. L'OMS specifica che il tasso di mortalità per il clade dell'Africa occidentale si attesta infatti all'1 percento, mentre per quello del Congo si può arrivare fino al 10 percento. Un altro articolo dell'OMS afferma che negli ultimi anni il tasso di mortalità del monkeypox si è attestato al 3 – 6 percento, senza tuttavia specificare il lignaggio coinvolto. Secondo l'articolo "Monkeypox: What do we know about the outbreaks in Europe and North America?" pubblicato sull'autorevole rivista scientifica The British Medical Journal, che cita i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), il clade dell'Africa occidentale avrebbe un tasso di mortalità del 3,6 percento, sulla base di quanto emerso da studi condotti nel continente africano. Gli esperti sottolineano tuttavia che nei Paesi occidentali il tasso di mortalità risulterebbe sicuramente inferiore, per via dell'assistenza sanitaria all'avanguardia e lo stato di salute / nutrizionale migliore della popolazione.

Chi è più rischio

Il British Medical Journal specifica che la mortalità del vaiolo delle scimmie – da non confondere col vaiolo umano, molto più letale ma oggi eradicato – è più elevata nei bambini, nei giovani adulti e nei soggetti con deficit nel sistema immunitario (immunocompromessi). Uno studio condotto su 300 pazienti nella Repubblica Democratica del Congo, dove circola il clade più aggressivo, ha rilevato che il tasso di mortalità complessivo risultava essere del 10 percento, lo stesso dato indicato dall'OMS, tuttavia nei bambini non protetti dal vaccino si arrivava fino al 20 percento. Va tenuto presente che la popolazione anziana / adulta in Occidente è protetta dal vaccino antivaioloso, valido anche contro il monkeypox. L'efficacia si attesterebbe attorno all'85 percento, secondo i dati dell'OMS. Ricordiamo che in Italia il vaccino contro il vaiolo umano è stato sospeso nel 1977 e abolito nel 1981, a seguito dell'eradicazione della patologia. Ad oggi non sarebbero stati riscontrati casi gravi tra le persone contagiate dal vaiolo delle scimmie nelle ultime settimane in America e in Europa. Le condizioni dei pazienti ricoverati a Roma sono state definite “discrete” dai sanitari dello Spallanzani; solo uno avrebbe avuto febbre, ma tutti hanno sviluppato le caratteristiche vescicole / pustole dell'infezione, che evolvono, formano una crosta e si staccano nel giro di poche settimane. Durante una precedente epidemia scoppiata nel 2003 negli Stati Uniti, con circa 80 casi diagnosticati a causa del contatto con cani della prateria infetti, si registrarono solo due casi gravi, di cui uno sviluppò encefalite. Nessuno dei pazienti perse la vita. Gli esperti sottolineano che il rischio per la popolazione generale resta molto basso, ma naturalmente la situazione è da monitorare, anche alla luce del fatto che non è stata identificata l'origine dei focolai. Qui di seguito potete leggere quali sono i sintomi, come si trasmette e come si cura e previene il vaiolo delle scimmie.

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