Cos’è la sindrome della persona rigida: sintomi e cura della malattia di Céline Dion
La malattia di cui soffre Céline Dion è la sindrome di Moersch-Woltman, più conosciuta con il nome di sindrome della persona rigida (dall’inglese stiff-person syndrome, SPS), una patologia neurologica rara e progressiva, di natura autoimmune, che provoca sintomi come rigidità muscolare e spasmi dolorosi. La cantante canadese, che ha conquistato la fama internazionale con alcuni brani iconici, come My Heart Will Go On, colonna sonora del film Titanic, e molti altri successi (dalla cover di “All By My Self” a “The Power Of Love” e “Because You Loved Me”), convive con la sindrome della persona rigida da 17 anni, come rivelato nel nuovo documentario “I sono: Céline Dion” disponibile su Amazon Prime Video.
A parlare della condizione, che l’ha costretta a cancellare le date dei suoi concerti, è l’artista stessa, che racconta come la malattia le abbia cambiato la vita e non le permetta di cantare come un tempo. “Quando provo a respirare, i miei polmoni funzionano, ma è ciò che ho davanti ai polmoni che è irrigidito” dice Dion, mostrando gli effetti della sindrome quando prova ad accennare un brano. “Per me è molto difficile, non vorrei farlo sentire a nessuno. È come se qualcuno ti stesse strangolando, se ti stesse spingendo la laringe”. Sempre a causa della malattia, Dion ha spiegato di soffrire di spasmi dolorosi, che possono manifestarsi nella zona addominale, a livello della colonna vertebrale, ma anche alle costole e nelle mani. “Tutto questo mi causa difficoltà quando cammino” spiega la cantante, che ha avuto bisogno anche della sedia a rotelle per muoversi.
Cos’è la sindrome della persona rigida
La sindrome della persona rigida (SPS) è una malattia neurologica progressiva che provoca rigidità ai muscoli di torace, braccia e gambe, e gravi spasmi dolorosi. Descritta per la prima volta da Moersch e Woltman nel 1956 e precedentemente nota anche come “sindrome della bella addormentata”, la sindrome della persona rigida è una malattia rara – ne soffre una persona su un milione, anche se è più comune nelle donne (circa 2/3 dei pazienti sono donne) – e colpisce principalmente il cervello e il midollo spinale (il sistema nervoso centrale), manifestandosi più frequentemente nelle persone di età compresa tra i 40 e 50 anni.
La sindrome provoca sintomi che si sviluppano nel corso di mesi o di anni e che sono simili a quelli di alcuni disturbi dei nervi periferici, tra cui la rigidità muscolare che progressivamente immobilizza il torace e le anche, per cui l’andatura diventa rigida e impacciata, mentre i frequenti spasmi muscolari possono causare rovinose cadute.
Le varianti cliniche della condizione comprendono la sindrome dell’arto rigido (SLS), nella quale i sintomi interessano un solo arto, e l’encefalomielite progressiva (PERM) caratterizzata da rigidità e contrazioni muscolari involontarie (mioclonia) associate ai segni neurologici che conseguono dalle lesioni del sistema nervoso periferico.
Le cause della malattia
La causa della sindrome della persona rigida non è nota ma si ritiene che la condizione sia legata a una disfunzione del sistema immunitario, che induce la produzione di anticorpi che attaccano i tessuti sani. Similmente ad altre malattie autoimmuni, la maggior parte delle persone con la sindrome della persona rigida produce infatti anticorpi diretti contro diverse proteine coinvolte nelle sinapsi (i siti di contatto tra i neuroni), tra cui quelli che bloccano l’enzima decarbossilasi dell’acido glutammico (GAD), noti come anticorpi anti-GAD65.
Normalmente, l’enzima GAD è coinvolto nella produzione di un neurotrasmettitore, l’acido gamma-aminobutirrico (GABA) che, nelle giuste quantità, riduce o blocca alcuni segnali nervosi, aiutando a prevenire l’iperstimolazione muscolare. Alterazioni di questo enzima si ripercuotono sui livelli di GABA e quindi sulle cellule nervose, che non svolgono in maniera corretta la loro funzione.
Nelle persone con anticorpi contro l’acido glutammico decarbossilasi, in particolare, il sistema nervoso iperstimola i muscoli. In alcuni casi, tuttavia, la condizione è di tipo paraneoplastico (caratterizzata dalla produzione di anticorpi anti-amfifisina) oppure idiopatico, ovvero associata ad altre malattie di non si conosce la causa.
I sintomi della sindrome della persona rigida
Indipendentemente dal tipo specifico di condizione, le manifestazioni cliniche della sindrome della persona rigida includono sintomi come gli spasmi muscolari e altri disturbi che caratterizzano la condizione. Tra questi, i più comuni sono:
- Contrazioni muscolari dolorose e spasmi, che più frequentemente iniziano nelle gambe e nella parte bassa della schiena ma possono colpire anche l’addome e, meno spesso, la parte superiore del tronco, le braccia, il collo e il viso;
- Mancanza di respiro se la malattia colpisce i muscoli del torace;
- Dolore cronico;
- Postura rigida o rigidità a causa di spasmi continui alla schiena o al tronco;
- Difficoltà a camminare, instabilità e cadute a causa di spasmi improvvisi;
- Aumento della curvatura della parte bassa della schiena (iperlordosi) che si sviluppa nel tempo a causa della tensione muscolare;
- Cambiamenti nell’allineamento della colonna vertebrale, che possono portare alla compressione del midollo spinale (mielopatia);
- Ansia e paura dovute alle cadute causate dagli spasmi.
Altri sintomi meno tipici includono problemi di movimento degli occhi, visione doppia, problemi di linguaggio e mancanza di coordinazione.
La sindrome della persona rigida è spesso associata ad altri disturbi autoimmuni, tra cui il diabete di tipo 1, i disturbi della tiroide, l’anemia perniciosa e, meno spesso, la vitiligine. Più raramente (in meno del 5% dei casi), la condizione si manifesta insieme ad alcune forme di tumore, come il cancro al seno, ai polmoni, ai reni, alla tiroide, al colon e linfoma di Hodgkin.
Cura e trattamento della sindrome della persona rigida
Essendo una malattia autoimmune che può però manifestarsi in maniera diversa nelle persone, la cura della sindrome della persona rigida può richiedere approcci terapeutici diversi, basati ad esempio su terapie immunomodulanti, come la somministrazione di anticorpi monoclonali per via endovenosa (ad esempio rituximab) o di farmaci immunosoppressivi, come i corticosteroidi per via orale (micofenolato mofetile, azatioprina), oppure l’uso di immunoglobuline (per via endovenosa o sottocutanea) o il ricorso alla plasmaferesi, che comporta la filtrazione di sostanze tossiche (compresi gli anticorpi anomali) dal sangue. I cui risultati di questi approcci sono tuttavia variabili e, ad oggi, nessuna terapia ha dimostrato di poter risolvere la condizione.
Nella maggior parte dei casi il trattamento può tuttavia aiutare a ridurre la gravità dei sintomi e a migliorare la qualità di vita dei pazienti. Tra i farmaci più frequentemente utilizzati ci sono i rilassanti muscolari orali, diazepam, clonazepam, baclofene o tizanidina, che possono ridurre gli spasmi, la rigidità e il dolore, i farmaci che non sono rilassanti ma che hanno però effetto sul neurotrasmettitore GABA, come gabapentin, pregabalin e tiagabina, e la tossina botulinica che a volte viene utilizzata quando sono presenti aree distinte di spasmo/irrigidimento muscolare. Altri farmaci, come gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI), possono essere impiegati per affrontare i sintomi fisici innescati dall’ansia.
Insieme ai farmaci, le terapie non farmacologiche possono rendere i sintomi della sindrome della persona rigida più gestibili, come l’esercizio fisico (concentrato principalmente su stretching, tecniche miofasciali dei tessuti profondi, equilibrio/andatura), le terapie con ultrasuoni, la terapia del calore e la stimolazione nervosa transcutanea.