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Qual è il numero ‘ottimale’ di volte di fare la cacca: “C’è un legame con la salute

Mettendo a confronto il numero di volte in cui si fa la cacca in una settimana con i risultati di specifici esami, i ricercatori hanno scoperto che i profili di salute migliori erano associati a un range ottimale di evacuazioni intestinali. Ecco qual è.
A cura di Andrea Centini
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Gli scienziati hanno scoperto che c'è uno stretto legame tra il numero di volte in cui si fa la cacca e la salute. Anche se, in linea generale, l'irregolarità potrebbe essere considerata più come un semplice disturbo che un campanello d'allarme – sebbene la stitichezza possa essere ad esempio associata anche a un cancro al colon-retto, dunque è sempre doveroso parlarne col proprio medico -, un team di ricerca ha determinato che c'è un numero ottimale di volte in cui andare in bagno, ed è esattamente tra 1 e 2 volte al giorno. Questo specifico range, infatti, è legato a una flora intestinale sana e diversificata con batteri che fermentano le fibre, che a loro volta sono un segnale di buona salute. D'altro canto, la stitichezza è associata a un numero superiore di batteri che fermentano proteine, una condizione che catalizza la produzione di tossine e può sfociare in diverse condizioni mediche.

A determinare che la frequenza con cui si va in bagno a defecare può essere correlata alla salute a lungo termine è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati dell'Institute for Systems Biology di Seattle, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Bioingegneria dell'Università di Washington e del Seattle Children’s Hospital. I ricercatori, coordinati dai dottori Sean M. Gibbons e Johannes Johnson-Martinez, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i dati di 1.400 adulti sani, mettendo a confronto la frequenza dei movimenti intestinali (BMF) con i risultati di specifici esami. Ad esempio, sono stati valutati i metaboliti nel sangue, la varietà del microbiota intestinale, la genetica e altri fattori multi-omici (proteomici, metabolomici, genomici etc), le cui alterazioni possono essere associate a infiammazione, funzionalità di fegato e reni, salute cardiovascolare e altro.

I partecipanti sono stati suddivisi in quattro gruppi in base alla frequenza con cui andavano in bagno: stitichezza, con una o due evacuazioni a settimana; normale-bassa, dalle tre alle sei “sedute” a settimana; normale-alta, da una a tre defecazioni al giorno; e diarrea. Incrociando tutti i dati è emerso che la frequenza ottimale (chiamata di Goldilocks dai ricercatori, anche in altri ambiti) era quella di una o due volte al giorno, poiché tale range era associato ai risultati molecolari migliori. Precedenti studi avevano determinato che il numero di volte in cui si va in bagno influenza il microbiota intestinale, che a sua volta è stato associato a molteplici patologie, comprese quelle neurodegenerative (come il morbo di Alzheimer e il Parkinson) e la malattia renale cronica. È stato infatti dimostrato che nella stitichezza, durante la quale le feci permangono più a lungo nell'intestino, la flora batterica si “trasforma” e passa dalla fermentazione delle fibre – con salutare produzione di acidi grassi a catena corta – alla fermentazione delle proteine, che è considerata più dannosa perché associata alla produzione di tossine.

Il professor Gibbons e colleghi hanno osservato che la differente frequenza dei movimenti intestinali settimanali era associata a cambiamenti nell'abbondanza di determinati generi di batteri e nei metaboliti rilevati nel sangue. Nelle persone del gruppo stitichezza, ad esempio, sono stati rilevati livelli superiori di p-cresolo-solfato e indoxil-solfato, che sono sottoprodotti della fermentazione delle proteine associati al danno renale. Nelle persone con diarrea venivano evidenziati più metaboliti associati al danno epatico. In particolar modo, potrebbe esserci una significativa associazione tra le concentrazioni di 3-indoxil solfato (3-IS) di origine batterica, basso numero di evacuazioni settimanali e danno renale. Più in generale, i ricercatori hanno anche osservato che donne, giovani e persone con un indice di massa corporea (BMI) più basso tendevano ad avere una frequenza inferiore di evacuazioni.

“Precedenti ricerche hanno dimostrato come la frequenza dei movimenti intestinali possa avere un grande impatto sulla funzionalità dell'ecosistema intestinale. In particolare, se le feci rimangono troppo a lungo nell'intestino, i microbi consumano tutte le fibre alimentari disponibili, che fermentano in benefici acidi grassi a catena corta. Dopodiché, l'ecosistema passa alla fermentazione delle proteine, che produce diverse tossine che possono entrare nel flusso sanguigno”, ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor Johnson-Martinez, autore principale dello studio. “La stitichezza cronica è stata associata a disturbi neurodegenerativi e alla progressione della malattia renale cronica nei pazienti con malattia attiva. Tuttavia, non è chiaro se le anomalie del movimento intestinale siano o meno fattori precoci di malattia cronica e danni agli organi, o se queste associazioni retrospettive nei pazienti malati siano semplicemente una coincidenza”, gli ha fatto eco il professor Gibbons.

Ciò che è certo è che le anomalie osservate nelle persone in salute con una frequenza dei movimenti intestinali divergente da quella “ottimale” sono un possibile segno di potenziali patologie che potrebbero svilupparsi con l'invecchiamento e, più in generale, influenzare la salute a lungo termine. Anche il colore, la forma e la consistenza delle feci può dirci molto sulla nostra salute. Ricordiamo inoltre che è normalissimo avere la sensazione di dover andare in bagno dopo aver mangiato; si tratta del riflesso gastrocolico che regola la motilità intestinale ed è praticamente il segnale che è ora di liberare spazio nel colon, perché altro cibo sta per essere trattato.

Il nuovo studio conclude che l'accumulo di tossine legate a una frequenza di evacuazione anomala può essere un segnale predittivo di danno agli organi ed emersione di patologie croniche. I ricercatori hanno anche osservato che una dieta ricca di frutta e verdura, lo stile di vita non sedentario e una corretta idratazione erano più associati alla frequenza ottimale. “Queste intuizioni potrebbero migliorare le strategie per gestire la frequenza dei movimenti intestinali, anche in popolazioni sane, per ottimizzare la salute e il benessere”, ha chiosato il professor Gibbons. I dettagli della ricerca “Aberrant bowel movement frequencies coincide with increased microbe-derived blood metabolites associated with reduced organ function” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Cell Reports Medicine.

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