Primo orso polare morto per influenza aviaria: a rischio l’intera specie
Il virus dell'influenza aviaria ha ucciso un orso polare (Ursus maritimus) negli Stati Uniti. È la prima volta che un esemplare di questa magnifica specie perde la vita a causa del contagioso ceppo H5N1 ad alta patogenicità (HPAI), già responsabile della morte di milioni di animali in tutto il mondo. Dalla fine del 2021, infatti, è in corso un'incontrollabile epidemia di influenza aviaria che sta causando una vera e propria strage, soprattutto tra gli uccelli marini. Dopo aver sterminato intere colonie in Europa, il virus ha iniziato a diffondersi ovunque, arrivando anche in Sud America. Il Perù ha recentemente annunciato che tra gennaio e luglio 2023, a causa del virus, sono morti il 40 percento dei pellicani, centomila sule e oltre 85.000 cormorani. Il virus ha già ucciso diversi mammiferi, tra volpi, orsi neri, orsi grizzly, foche, visoni e lontre, probabilmente dopo aver divorato la carcassa di uccelli morti per l'infezione o semplicemente per il fatto di condividere l'habitat dei volatili. Ora, come indicato, è arrivata la conferma del primo orso polare ucciso.
A comunicare il decesso dell'animale il Dipartimento di Conservazione Ambientale dell'Alaska, lo Stato degli USA dove è stata trovata la carcassa. Era stata individuata a ottobre dello scorso anno nei pressi di Utqiagvik, nel distretto di North Slope, uno dei territori più remoti, aspri e settentrionali degli Stati Uniti. A dicembre il corpo del plantigrado è stato sottoposto a un esame necroscopico e ora sono stati resi noti i risultati, che hanno confermato il decesso a causa del virus dell'influenza aviaria (ceppo H5N1), lo stesso che sta mietendo vittime in Asia ed Europa.
Come confermato all'Alaska Beacon dal dottor Bob Gerlach, un veterinario statale dell'Alaska, questo è il primo orso polare in assoluto di cui è stata accertata la morte per influenza aviaria. Secondo l'esperto è molto probabile che, come per gli altri casi noti di mammiferi morti, si sia nutrito della carcassa di uccelli uccisi dal virus e si sia ammalato. È noto infatti che il patogeno riesca a saltare agevolmente tra diverse specie di animali, mentre lo spillover (il salto all'uomo) è considerato ancora oggi a basso rischio, sebbene non sia impossibile. Il rischio di una futura epidemia o potenziale pandemia come quella di COVID-19 che stiamo vivendo da 4 anni non si può ancora escludere.
Il fatto che abbia colpito un orso polare non è una notizia triste solo per la perdita del singolo esemplare, ma per l'intera specie. Questi maestosi plantigradi sono infatti classificati come vulnerabili (codice VU) nella Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). La principale minaccia per questi orsi risiede nel riscaldamento globale che sta facendo letteralmente scomparire il loro habitat naturale da sotto le zampe. Lo scioglimento dei ghiacci li costringe a lunghissime escursioni e nuotate per raggiungere prede, compagni e tane idonee per allevare i piccoli, con un dispendio energetico talmente elevato che si si riflette anche nella capacità delle madri di allattare i piccoli. Un'intera colonia sarebbe crollata per questo problema. Il fatto che un virus così diffuso e trasmissibile sia in grado di ucciderli potrebbe accelerare il già drammatico processo di estinzione in atto. E la colpa è sempre e solo nostra.