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Primo morto per influenza aviaria negli Stati Uniti, l’uomo aveva una forma grave della malattia

L’uomo aveva più di 65 anni ed era stato ricoverato in un ospedale della Louisiana con gravi sintomi respiratori: il suo quadro clinico è stato complicato da condizioni mediche preesistenti, secondo quando riferito dalle autorità sanitarie.
A cura di Valeria Aiello
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Morto l'uomo che aveva sviluppato una forma grave di influenza aviaria negli Stati Uniti / Photo iStock
Morto l'uomo che aveva sviluppato una forma grave di influenza aviaria negli Stati Uniti / Photo iStock

L’uomo ricoverato in un ospedale della Louisiana, Stati Uniti, per una forma grave di influenza aviaria H5N1, è morto dopo aver sviluppato gravi sintomi respiratori. Il suo quadro clinico è stato complicato da condizioni mediche preesistenti, secondo quanto riferito dalle autorità sanitarie. L’uomo aveva contratto l’influenza aviaria in seguito all’esposizione a volatili infetti, segnando il primo caso umano di malattia grave negli Usa. Il sequenziamento del virus nei tamponi raccolti durante il ricovero ospedaliero aveva mostrato la presenza di “mutazioni preoccupanti nel gene dell’emoagglutinina, la proteina che il virus utilizza per infettare le cellule.

Il paziente aveva contratto l’influenza aviaria dopo l’esposizione a una combinazione di uccelli selvatici e un allevamento di pollame non commerciale – ha precisato il Dipartimento della Salute della Lousiana in una nota – . Sebbene il rischio per la salute pubblica associato all’epidemia di influenza aviaria negli Stati Uniti rimanga basso, le persone che lavorano con uccelli, pollame o mucche, o che sono esposte a tali animali per altri motivi, corrono un rischio maggiore”.

L’indagine di salute pubblica condotta dalle autorità sanitarie “non ha identificato ulteriori casi di H5N1 né prove di trasmissione da persona a persona – ha precisato il Dipartimento – . Questo paziente rimane l’unico caso umano di influenza aviaria in Louisiana”.

Cosa sappiamo del primo uomo morto per influenza aviaria negli Stati Uniti

Il primo decesso per influenza aviaria negli Stati Uniti è stato confermato il 6 gennaio 2025 in Louisiana: la vittima era un uomo di più di 65 anni con condizioni mediche preesistenti e aveva contratto l’infezione dopo essere stato esposto a volatili da cortile e selvatici infetti. Il suo caso, il primo di malattia grave collegata al virus dell’influenza aviaria negli Usa, era stato confermato dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) il 13 dicembre 2024 e l’uomo era stato ricoverato in ospedale dopo aver sviluppato gravi sintomi respiratori.

L’analisi genetica del virus condotta dai CDC nei tamponi raccolti durante il ricovero ospedaliero dell’uomo aveva rilevato mutazioni associate all’adattamento del virus ai mammiferi a livello del gene dell’emoagglutinina, considerati rari nelle persone ma segnalati in altri casi di infezione. Una di queste mutazioni, in particolare, è stata segnalata anche in un campione virale di una ragazza di 13 anni con un caso grave di influenza aviaria in Canada.

Il sequenziamento ha inoltre mostrato che le mutazioni riscontrate nel virus che ha infettato l’uomo non erano presenti nelle sequenze virali di campioni prelevati dal pollame a cui era stato esposto, suggerendo che il virus dell’influenza aviaria – identificato come ceppo del genotipo D1.1 (diverso dal genotipo B3.13 che sta colpendo i bovini e altri animali negli Stati Uniti) – sia mutato all’interno del paziente stesso.

Quali sono i sintomi dell’influenza aviaria

I sintomi dell’influenza aviaria H5N1, ufficialmente nota come influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI), possono differire per gravità nelle persone: i primi sintomi più comuni sono simili a quelli di un’influenza e possono includere segni di congiuntivite ad entrambi gli occhi, febbre, tosse, vomito e diarrea.

Nei casi più gravi, possono insorgere difficoltà respiratorie, con il rischio di sviluppare in insufficienza respiratoria e altre gravi condizioni, come nel recente caso dell’adolescente canadese, dettagliato in un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine. La ragazza, che si è ripresa, è rimasta ricoverata in terapia intensiva per circa un mese, per distress respiratorio acuto, polmonite nel lobo inferiore sinistro, danno renale acuto, trombocitopenia e leucopenia.

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