Primi risultati dal piano di ricongelamento dell’Artico, ma crescono i dubbi sulle “conseguenze impreviste”
L’ambizioso piano di ricongelamento dell’Artico, partito due anni fa con i primi test in Alaska e attualmente attivo a Cambridge Bay, in Canada, ha prodotto i primi risultati: l’obiettivo è quello di salvare il ghiaccio marino artico, la cui perdita ha gravi impatti sul clima del pianeta, contrastando il suo scioglimento dovuto al riscaldamento globale.
Il programma, portato avanti dalla britannica Real Ice, prevede di addensare nuovo ghiaccio, scavando fori nel ghiaccio marino e pompando acqua di mare in superficie. Nella Cambridge Bay, dove le operazioni sono partite a gennaio di quest’anno, il nuovo ghiaccio ha coperto un’area di circa 13 chilometri quadrati, aggiungendo una media di 50 centimetri di spessore tra gennaio e maggio rispetto all’area di controllo. Il nuovo ciclo di interventi nell’area della Cambridge Bay è partito lo scorso novembre e finora ha coperto 130 chilometri quadrati nei primi 10 giorni, il ghiaccio marino di quella zona era già più spesso di 10 centimetri e, sulla base dei risultati precedenti, il team della Real Ice prevede un aumento dello spessore del ghiaccio compreso tra i 40 e gli 80 centimetri.
Il piano definitivo prevede di automatizzare il processo, utilizzando droni sottomarini alimentati a idrogeno verde, per sciogliere i fori nel ghiaccio dal fondo della massa di ghiaccio galleggiante (banchisa) utilizzando trivelle riscaldate. Real Ice stima che il costo dell’operazione sarà compreso tra i 5 e 6 miliardi di dollari l’anno per congelare il ghiaccio su una superficie di 240.000 chilometri quadrati, un’area che si ritiene possa essere abbastanza estesa “da essere efficace nel rallentare e persino invertire le perdite di ghiaccio marino estivo nell'Artico” ha spiegato alla CNN Andrea Ceccolini, co-CEO of Real Ice.
Dubbi sulle “conseguenze impreviste” sul programma
Il piano di ricongelamento del ghiaccio marino artico è affascinate ma molti scienziati dubitano che possa funzionare su larga scala. In un recente rapporto sui progetti di geoingegneria polare, gli esperti mettono in guardia dalla “possibilità di gravi conseguenze impreviste”, tra cui l’impatto ambientale di “un livello senza precedenti” di presenza umana nell’Artico.
Anche la scalabilità della soluzione è ritenuta “estremamente discutibile”, ha affermato Liz Bagshaw, professore associato di cambiamenti ambientali polari presso l'Università di Bristol. Ha anche messo in guardia da potenziali impatti ecologici di vasta portata su una regione vulnerabile. “Tali interventi sono moralmente discutibili nella migliore delle ipotesi e, nella peggiore, eticamente irresponsabili”.