Primi casi di tigna grave resistente agli antibiotici negli USA: quali sono i rischi
Due giovani donne statunitensi hanno contratto una grave tigna resistente agli antibiotici. È la prima volta che negli USA viene diagnosticata una forma di questo genere della patologia, un'infezione dermatofitica causata da varie specie di funghi. È responsabile di caratteristiche lesioni cutanee – in genere squamose, pruriginose e dalla forma anulare – che possono colpire diverse parti del corpo. A seconda della posizione la tigna (o tinea) prende un nome specifico: quella più generica e diffusa è la tinea corporis, come spiegato dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC); quella che interessa la piega crurale, la regione pubica e la coscia adiacente prende il nome di tinea cruris; la tigna sul viso è la tinea faciei, la tinea capitis riguarda il cuoio capelluto, mentre la tinea pedis interessa i piedi (ne esistono anche diverse altre). La condizione è provocata principalmente da funghi di due generi, il Microsporum e il Trichophyton: il primo è più diffuso in Italia, il secondo invece è responsabile del maggior numero di diagnosi negli Stati Uniti.
Nei casi delle due donne americane infettate, inizialmente si pensava che il fungo responsabile fosse il Trichophyton mentagrophytes, il più comune associato alla tigna, tuttavia indagini di laboratorio più approfondite – eseguite presso il Wadsworth Center del Dipartimento della salute dello Stato di New York – hanno fatto emergere un patogeno diverso: il Trichophyton indotineae. Si tratta di una nuova specie di fungo dermatofita responsabile di un'epidemia di tigna grave che si è diffusa negli ultimi dieci anni nell'Asia meridionale. Come spiegato dai CDC, questa forma è resistente agli antimicotici (gli antibiotici contro i funghi) ed è a rapida diffusione. Secondo gli esperti si sarebbe manifestata a causa di “un uso improprio e eccessivo di antimicotici e corticosteroidi topici”. Com'è noto l'antibiotico resistenza è catalizzata proprio dalla mancata aderenza alle linee guida nell'uso di questi preziosissimi farmaci, spesso a causa del fai da te e delle eccessive prescrizioni mediche (l'Italia è stata recentemente bacchettata dall'OCSE per questa ragione).
Le infezioni provocate dal fungo Trichophyton indotineae sono “altamente trasmissibili e caratterizzate da placche diffuse, infiammate e pruriginose”; possono colpire diversi distretti del corpo, come emerso dai casi delle due donne statunitensi. I due casi sono balzati all'attenzione della sorveglianza sanitaria quando non hanno risposto al trattamento con la terbinafina, tra i principali antimicotici utilizzati contro la tigna e le micosi delle unghie di mani e piedi. Dopo aver riscontrato tale resistenza i medici hanno inviato i campioni all'istituto di New York che, attraverso il sequenziamento di Sanger, ha determinato che si trattava di casi di Trichophyton indotineae e non di Trichophyton mentagrophytes.
La prima diagnosi ha riguardato una 28enne incinta che ha sviluppato un'eruzione cutanea diffusa nel 2021. La donna non era stata esposta a persone con eruzioni simili e non aveva fatto viaggi internazionali. Aveva sviluppato “placche grandi, anulari, squamose e pruriginose su collo, addome, regione pubica e glutei”, spiegano i CDC. Dopo la conferma di tigna è stata sottoposta a una terapia con terbinafina, ma è stata interrotta dopo 2 settimane poiché non ha dato alcun risultato positivo. I dermatologi le hanno così somministrato itraconazolo, che ha risolto completamente la condizione dopo un ciclo di un mese. Poiché è una paziente a rischio di recidiva i medici continuano a monitorarla. Il secondo caso ha riguardato una 47enne di rientro dal Bangladesh, dove aveva incontrato famigliari affetti da tigna. La donna ha sviluppato la condizione nel Paese d'origine, ma i trattamenti con creme topiche antifungine e steroidi non hanno dato effetti. Aveva sviluppato placche diffuse, squamose, anulari e pruriginose. Rientrata negli USA è stata visitata più volte e le sono stati prescritti vari farmaci: una pomata di idrocortisone al 2,5 percento e difenidramina; una crema di clotrimazolo; e una crema di terbinafina. Anche in questo caso non ha ottenuto alcun beneficio. Nemmeno un ciclo di un mese di terbinafina orale ha dato i risultati sperati. Solo grazie alla griseofulvina i suoi sintomi sono stati ridotti dell'80 percento. I medici stanno valutando l'utilizzo dell'itraconazolo, risultato efficace nell'altra donna. I due casi clinici non sono correlati (molto probabilmente) e non si può escludere che a New York si stia sviluppando un focolaio nascosto di dermatite resistente.
La tigna resistente a tutti questi farmaci può essere un problema perché sta “spuntando” le armi più efficaci contro di essa. In futuro potremmo non avere più molecole utili per trattare questa e altre infezioni, proprio a causa dell'uso improprio che se ne fa. I CDC sottolineano che gli sforzi di gestione antimicrobica “sono essenziali per ridurre al minimo l'uso improprio e l'uso eccessivo di farmaci antifungini e corticosteroidi prescritti e da banco”, che sono proprio alla base dell'emersione di agenti infettivi che ne diventano immuni. La tigna solo raramente può portare a condizioni fatali (ad esempio a causa di infezioni batteriche secondarie), ma si stima che i superbatteri uccideranno oltre 10 milioni di persone all'anno entro il 2050, proprio a causa della resistenza (oggi provocano 1,3 milioni di morti circa ogni 12 mesi).
A causa dei cambiamenti climatici, inoltre, le infezioni fungine possono diffondersi molto più rapidamente, poiché le specie trovano climi sempre più adatti alla sopravvivenza. Anche in Italia potrebbero diffondersi specie responsabili della tigna resistente, per tutte queste ragioni è fondamentale rafforzare la sorveglianza e fare il possibile per combattere i fattori che catalizzano il riscaldamento globale. I dettagli della ricerca “Notes from the Field: First Reported U.S. Cases of Tinea Caused by Trichophyton indotineae — New York City, December 2021–March 2023” sono stati pubblicati sul Morbidity and Mortality Weekly Report (MMWR) dei CDC.