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Poche speranze di salvarci da un grande asteroide: il nuovo test di difesa planetaria della NASA

Una nuova esercitazione di difesa planetaria condotta dalla NASA ha confermato che non siamo pronti a difenderci dall’eventuale impatto di un grande asteroide.
A cura di Andrea Centini
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Il 16 giugno 2024 un telescopio di sorveglianza in Sudafrica ha scoperto un asteroide potenzialmente pericoloso (2024 MK) che compirà un passaggio ravvicinatissimo alla Terra sabato 29 giugno. Ha un diametro massimo stimato di 270 metri. Il “sasso spaziale” sorvolerà il nostro pianeta ad appena 293.000 chilometri di quota, una distanza infinitesima dal punto di vista astronomico, considerando che sarà addirittura all'interno dell'orbita lunare al perigeo. Anche se non c'è alcun rischio di impatto, almeno per questo passaggio e quelli prossimi futuri, da questa scoperta emerge un dato piuttosto inquietante: è stato intercettato appena 13 giorni prima del suo “saluto” alla Terra. Se fosse stato diretto contro la superficie del nostro pianeta, avremmo avuto ben poche speranze di difenderci dall'impatto, con scenari potenzialmente catastrofici a livello regionale o nazionale.

A suggerire che non siamo pronti a difenderci dalla collisione di un grande asteroide è la quinta esercitazione biennale di difesa planetaria coordinata dalla NASA con altri partner statunitensi ed internazionali (Agenzia Spaziale Europea compresa). In parole semplici, in questi test si propone uno scenario di rischio ipotetico (a causa di un asteroide o una cometa in rotta verso la Terra) e viene indagata la capacità di determinare esattamente forma, dimensione, composizione, traiettoria e soprattutto possibilità di rispondere alla minaccia, deviando o distruggendo un oggetto del genere. Ebbene, i dati preliminari suggeriscono che, nonostante diversi anni di preavviso del possibile impatto, non abbiamo ancora una strategia comune e ben definita per difenderci. Decisioni politiche, assenza di finanziamenti, necessità di contrastare la disinformazione, mancanza di coordinamento a livello internazionale e comunicazione inadeguata sono tutti fattori cruciali che contribuirebbero alla catastrofe.

Se ciò non bastasse, viene anche messa in discussione l'effettiva capacità di deviare la traiettoria dell'asteroide, nonostante l'impatto cinetico della missione DART (acronimo di Double Asteroid Redirection Test) sia stato un grande successo, riuscendo a modificare l'orbita di un asteroide (Dimorphos) attorno a un altro. Il 27 settembre del 2022 una sonda grande come un frigorifero ha colpito alla velocità di 22.530 chilometri orari l'asteroide di 170 metri, deviandone di ben 32 minuti l'orbita originale (un successo, considerando che sarebbero bastati 73 secondi di variazione). In pratica, gli ingegneri sperano di identificare gli asteroidi puntati verso la Terra quando sono talmente distanti da poterne deviare la traiettoria con un impatto cinetico, senza bombardamenti atomici o missioni improbabili da blockbuster hollywoodiano.

La nuova esercitazione della NASA è giunta alla conclusione che non c'è certezza sulla capacità di replicare i risultati di DART in uno scenario reale e che probabilmente andrebbero studiate alternative. Il test si è basato su un ipotetico asteroide – con un diametro stimato tra 60 e 800 metri – individuato con 14 anni di anticipo e con una probabilità del 72 percento di colpire la Terra. Sono emerse difficoltà nel determinarne la composizione (rocciosa o metallica fa una differenza enorme) e soprattutto la traiettoria, anche perché per diversi mesi il sasso spaziale è stato “fatto sparire” dietro al Sole. Alla fine è stato determinato che l'asteroide avrebbe potuto schiantarsi sugli USA, il Medio Oriente o la Penisola Iberica con il 45 percento di probabilità che non colpisse nessuno e una del 28 percento che avrebbe coinvolto almeno 100.000 persone. In due test precedenti andarono perdute la città di New York e addirittura l'intera Europa. Considerando che un asteroide di 100 metri al centro della Grande Mela la raderebbe al suolo uccidendo milioni di persone, uno di 800 provocherebbe un'apocalisse a livello regionale, nel caso in cui dovesse cadere in un'area densamente popolata. Non siamo ai livelli di eventi di estinzione di massa, come nel caso dell'asteroide chicxulub di almeno 10 chilometri che uccise i dinosauri non aviani 66 milioni di anni fa. Ma è chiaro che saremmo innanzi a una catastrofe sconvolgente.

“Le incertezze in queste condizioni iniziali per l'esercitazione hanno permesso ai partecipanti di considerare una serie di circostanze particolarmente impegnative”, ha dichiarato in un comunicato stampa Lindley Johnson, responsabile della difesa planetaria presso la sede della NASA a Washington. “L’impatto di un grande asteroide è potenzialmente l’unico disastro naturale che l’umanità ha la tecnologia per prevedere con anni di anticipo e agire per prevenirlo”, ha chiosato l'esperta. Ma, come indicato, ci sono ancora troppe lacune per poterci difendere agevolmente. Uno dei problemi principali è il coordinamento internazionale, che in un contesto geopolitico estremamente teso come quello attuale è ancor più complicato. E poi c'è il dato del tempo. Anche se DART dovesse funzionare in uno scenario reale, l'asteroide 2024 MK ci ricorda che lo abbiamo scoperto appena 13 giorni prima del passaggio ravvicinato alla Terra. Deviarlo con l'impatto cinetico molto probabilmente sarebbe totalmente inutile, a questa distanza. In queste circostanze potrebbero realmente essere schierati i missili atomici. Nel 2028 sarà comunque lanciato un nuovo telescopio spaziale a infrarossi (Near-Earth Object Surveyor) progettato specificatamente per riconoscere e caratterizzare al meglio gli oggetti potenzialmente pericolosi.

Un'immagine del meeting di difesa planetaria. Credit: NASA/JHU-APL/Ed Whitman
Un'immagine del meeting di difesa planetaria. Credit: NASA/JHU-APL/Ed Whitman

L'unica certezza, al momento, è che l'impatto catastrofico di un grande asteroide o una cometa non è questione di se, ma di quando. E se l'oggetto 2024 MK il 29 giugno fosse stato diretto verso la Terra, avremmo avuto ben poche speranze di difenderci in modo coordinato ed efficace, col rischio di un vero e proprio disastro. Sottolineiamo che i dati diffusi dalla NASA sono preliminari e serviranno diversi mesi per la pubblicazione del rapporto completo sulla nuova esercitazione.

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