Più cibi ultra-processati mangi, più cresce il rischio di morte prematura: lo studio

Un nuovo studio sui cibi ultra-processati, come snack, dolciumi, carni lavorate, bevande zuccherate o bibite gassate, ha riportato l’attenzione sul crescente consumo di questi alimenti e il loro impatto sulla salute dei consumatori. Questi prodotti, costituti principalmente o interamente da sostanze derivate dai normali alimenti, con l’aggiunta di ingredienti come aromi, coloranti, sale, zuccheri, grassi saturi o altri additivi, possono aumentare il rischio di morte prematura: in particolare, i ricercatori hanno rilevato che ogni incremento del 10% della quantità di cibi ultra-processati nella dieta accresce del 3% la probabilità di morire tra i 30 e i 69 anni.
Per l’analisi, dettagliata in un articolo pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine, gli studiosi hanno preso in esame i dati sulle abitudini dietetiche di 240mila persone in 8 diversi Paesi (Australia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Messico, Regno Unito e Stati Uniti) e valutato l’associazione tra il consumo di alimenti ultra-processati e la mortalità per tutte le cause, calcolando poi la percentuale di decessi prematuri attribuibili a questi alimenti. Negli Stati Uniti, dove l’assunzione di cibi ultra-processati rappresenta in media oltre il 50% delle calorie introdotte con la dieta, circa il 14% delle morti premature è attribuibile al loro consumo.
Cosa dice lo studio sui cibi ultra-processati e il rischio di morte prematura
Il nuovo studio sui cibi ultra-processati è il primo ad aver stimato l’impatto del consumo di questi alimenti sulle morti premature per tutte le cause in diversi Paesi. “Dimostra che la mortalità attribuibile è significativa in tutti i contesti e che affrontare il consumo dei cibi ultra-processati dovrebbe essere una priorità nutrizionale pubblica globale – ha affermato il ricercatore principale dello studio, il dottor Eduardo Augusto Fernandes Nilson della Fondazione Oswaldo Cruz (Fiocruz), in Brasile – . I cibi ultra-processati influiscono sulla salute oltre l’impatto legato all’elevato contenuto di ingredienti come sale, grassi e zuccheri, a causa delle modifiche negli alimenti che avvengono durante la lavorazione industriale e dell’uso di coloranti, aromi, dolcificanti artificiali, emulsionanti e molti altri additivi”.
Studi precedenti hanno rilevato che un consumo elevato di cibi ultraprocessati è associato a 32 diverse patologie, tra cui malattie cardiovascolari, obesità, diabete, alcuni tipi di cancro e depressione, ma la nuova ricerca ha valutato l’impatto dei diversi modelli di consumo sul rischio di morte prematura. In particolare, secondo le stime dei ricercatori, ogni assunzione extra del 10% di cibi ultraprocessati, aumenta del 3% il rischio di morire prima dei 69 anni.
Gli studiosi hanno poi valutato i dati sulle abitudini alimentari nei diversi Paesi presi in esame, calcolando le percentuali di consumo di cibi ultra-processati: in Colombia, ad esempio, il consumo medio di cibi ultra-processati ammonta a circa il 15% dell’apporto energetico totale, in Brasile al 17,4%, in Cile al 22,8% e in Messico al 24,9%, fino al 43,7% del Canada e oltre il 50% delle calorie assunte con la dieta negli Stati Uniti.
“Da questi dati abbiamo costruito un modello che stimava che la percentuale di decessi prematuri prevenibili per tutte le cause dovuti al consumo di alimenti ultra-processati – hanno aggiunto gli studiosi – . A seconda del consumo, questa percentuale può variare dal 4% nei Paesi con assunzioni più basse a quasi il 14% nei Paesi con il consumo di cibi ultraprocessati più elevato. Ad esempio, nel 2018, circa 124.000 decessi prematuri sono attribuibili al consumo di cibi ultra-processati negli Stati Uniti”.
“Si tratta di numeri preoccupanti – ha evidenziato il dottor Nilson – . Ciò dimostra che sono urgentemente necessarie politiche che disincentivino il consumo di cibi ultra-processati a livello globale, promuovendo modelli alimentari tradizionali basati su alimenti locali freschi e minimamente trasformati”.