Pesce scorpione in Italia, zoologo Oliverio: “Problema serio, rischi per ecosistemi, pesca e salute”
Le specie alloctone (o aliene) sono tra le principali minacce alla biodiversità e fra esse ve ne sono alcune particolarmente problematiche, come il pesce scorpione (Pterois miles). Questo scorpenide originario dell'Indo-Pacifico occidentale, molto apprezzato in acquariofilia – assieme al congenere Pterois volitans – per la bellezza e la facilità di allevamento, si sta infatti diffondendo rapidamente in altri ecosistemi, ben distanti da quello d'origine. Poiché si tratta di una specie particolarmente vorace sta arrecando danni significativi alla fauna autoctona, predando soprattutto gli esemplari giovani.
Il pesce scorpione è stato osservato per la prima volta nelle acque italiane nel 2016, mentre gli ultimi due esemplari sono stati avvistati nei giorni scorsi in Calabria, nelle acque della località “Le Castella” in provincia di Crotone e lungo la costa di Marina di Gioiosa Ionica (Reggio Calabria). L'ISPRA sottolinea che si tratta di una delle specie più invasive al mondo, che oltre ad avere un impatto ecologico devastante può rappresentare un pericolo per i bagnanti (e per chi lo maneggia per mangiarlo, essendo commestibile) a causa delle spine armate con un potentissimo veleno, potenzialmente letale. Per comprendere meglio i rischi legati a questa specie abbiamo contattato il professor Marco Oliverio, docente di Zoologia presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” dell'Università Sapienza di Roma. Ecco cosa ci ha raccontato.
Professor Oliverio, in questi giorni è nuovamente balzato agli onori della cronaca nazionale il pesce scorpione. Quali sono i suoi numeri in Italia?
I numeri sono ancora limitati per l'Italia, ma qualche giorno fa sono stati avvistati due esemplari in Calabria. Purtroppo la sua presenza è un tema molto delicato e attuale. Le specie aliene sono un problema serio. Al momento una soluzione definitiva non c'è, in particolar modo per questa specie.
Perché questo pesce è considerato così problematico?
La specie è stata oggetto di un'invasione ai Caraibi, dove sono stato 3 – 4 anni fa. Il pesce scorpione e la specie affine (lo Pterois volitans NDR) sono originarie dell'Oceano Indiano e dell'Oceano Pacifico, non sono naturalmente presenti nei Caraibi. Sono state importate accidentalmente, ad esempio da acquari svuotati in ambiente naturale. Io ho una discreta esperienza di immersioni in acque tropicali, faccio immersioni dagli anni '80 e ho visto il Mar Rosso tra fine '80 inizio '90, un periodo in cui la situazione era idilliaca per visitarlo. Beh, ho visto i pesci scorpione più grossi e abbondanti della mia vita proprio ai Caraibi. L'invasione è drammatica. Sull'impatto abbiamo dati scientifici pesantissimi, molto accurati. L'effetto che hanno è devastante. Il loro mestiere è fare i predatori e mangiano i giovani degli altri pesci, gli avannotti. Ne mangiano tantissimi. Sono delle macchine da guerra da questo punto di vista. Stanno avendo degli effetti incredibili sulla fauna locale. Lì hanno messo in piedi tutta una serie di azioni – anche traumatiche – per eradicare il problema, come prendere i ranger e mandarli col fucile subacqueo a fare prelievi massivi.
Anche in Grecia sembra esserci un problema analogo, a causa degli esemplari in arrivo dal Mar Rosso, attraverso il Canale di Suez
Stanno cominciando a combatterli anche in Grecia, perlomeno a studiare qualche soluzione. E comunque nei Caraibi non sono riusciti a eradicarli. La specie si è ormai stabilizzata. Se il controllo non avverrà attraverso meccanismi naturali, come avviene a volte stabilendo un altro equilibrio, gli effetti saranno veramente pesanti.
Torniamo in Italia. Possiamo aspettarci un impatto ecosistemico analogo anche nelle nostre acque?
Sì, perché questi pesci non erano previsti. L'ecosistema è tarato su milioni di anni di evoluzione su altri equilibri, che non prevedevano la presenza di questo tipo di predatore. Quando arriva fa una strage. Le faccio un esempio parallelo. Nel Mediterraneo orientale sono arrivati pesci chiamati pesci coniglio. In generale sono brucatori di alghe, le mangiano. Quello che sta succedendo nell'Egeo in particolare è un fenomeno di Barren, cioè di denudamento delle rocce, a bassa profondità, nei primi 10 metri, che in parte è dovuto a questi pesci e in parte è dovuto probabilmente a un uso abbastanza estensivo di pesticidi nelle isole per l'agricoltura. Servono per eliminare le erbacce, ma quando piove finiscono in mare, dove non ci sono erbacce, ma le alghe. L'azione combinata dei pesticidi e dei brucatori intensivi, specie aliene che sono arrivate dal Mar Rosso e che sono esplose demograficamente nel bacino orientale del Mediterraneo, stanno devastando gli ecosistemi. Invece di vedere quello che si vede abitualmente nei primi 10 metri, cioè ricche piantagioni di alghe dove ci sono le nursery dei pesci e degli altri organismi, le catene alimentari e gli ecosistemi – noi nel Mediterraneo abbiamo un ecosistema chiamato biocenosi delle alghe fotofile – , lì non c'è niente. Ci sono solo le rocce nude e crude. Questa cosa sta devastando gli ecosistemi in Grecia.
Gli effetti finali, oltre alla perturbazione ecosistemica, che per un biologo è sempre una cosa grave, sono per esempio un decremento della pesca, perché non ci sono più gli ecosistemi che supportano le risorse ittiche. Quindi non ci sono più i pesci. La pesca ne ha un danno clamoroso. Tutto quello che si mangiava una volta nel ristorantino greco sull'isoletta, non lo trovi più. Perché i pescatori non trovano più i pesci. Le barche vengono dismesse. Il tasso di dismissione delle barche è uno dei marcatori con cui si monitora lo stato di salute delle pesca: è aumentato enormemente in tutto il bacino Levantino e in particolare in Grecia. Sottolineo il problema perché quando arrivano queste grandi perturbazioni, come il cambiamento climatico, noi ci dovremmo preoccupare non solo per un motivo etico, che comunque è importante, ma anche per un motivo molto egoistico e opportunistico. Ci andiamo di mezzo noi e i nostri figli. Molto banalmente. Se non abbiamo più niente da pescare, il danno è per le famiglie che vivono di pesca e per noi che vogliamo comprare il pesce fresco al mercato. Non è solo ‘stiamo devastando il pianeta, stiamo rompendo gli equilibri naturali'.
Quindi rischiamo una riduzione degli stock ittici anche lungo le nostre coste a causa del pesce scorpione
Lo sta già facendo sicuramente nel bacino Levantino. Tutto è probabilmente cominciato a Cipro, nel Mediterraneo. Adesso sta ovunque nel bacino Levantino, cioè Mar di Levante dove sta l'isola di Cipro ed Egeo. Ora hanno cominciato a segnalarlo anche dalle nostre parti. Essendo una specie che noi definiamo termofila, cioè che preferisce le acque calde a quelle fredde, per ora la sua espansione è stata un po' contenuta nel Mediterraneo, per la situazione geografica. Ma basta andare a vedere dove si è espanso nell'area caraibica. È arrivato in Florida e fino a New York. Questo vuol dire che non ha paura delle acque fredde
La latitudine è praticamente la stessa di Roma
Esattamente. Quindi la mia facile profezia per il futuro è che continuerà ad espandersi verso nord. È un problema grosso con cui dovremo fare i conti
C'è il rischio che possa risalire lungo la costa tirrenica e adriatica a causa del riscaldamento globale?
Il cambiamento climatico faciliterà senza ombra di dubbio questa espansione
Il pesce scorpione è inoltre pericoloso per la salute, non solo per la biodiversità, gli equilibri ecologici e la pesca
Confermo che è un pesce velenoso. Le spine sono associate a ghiandole che secernono dei veleni molto dolorosi. Per chi ha problemi di tipo cardiocircolatorio è davvero problematico, soprattutto se si è colpiti da un esemplare grande. E poi può dare reazioni anafilattiche. È un parente del nostro scorfano, fa parte della stessa famiglia. Anche lo scorfano fa male, ma questo di più.
A tal proposito, l'ISPRA ha affermato che i due pesci scorpione recentemente osservati in Calabria sono stati avvistati a 12 e a 24 metri di profondità. C'è il rischio che la specie possa arrivare sotto costa dove si fa il bagno?
Sì, assolutamente sì. È una specie che nei mari tropicali la si trova anche a 1 – 3 metri di profondità. Preferisce stare tra gli 8 e i 20 metri, ma un conto è la situazione nei mari in cui è inserito naturalmente nell'ecosistema, dove compete con le specie locali e dove ha la sua nicchia ecologica: è l'insieme delle caratteristiche dell'ambiente in cui la specie si trova a suo agio, determinate dalla possibilità di viverci e da quello che gli altri gli permettono di fare. Da noi la situazione è completamente diversa. Io nei Caraibi ho visto i pesci scorpione da mezzo metro d'acqua fino a 40 metri di profondità. Perché lì non ha competitori che gli “rompono le scatole”, da nessuna parte.
Quando pensa possa esserci un'espansione più a nord in Italia?
È difficile dirlo, ma io mi aspetto segnalazioni a breve.
Possiamo aspettarci avvistamenti a Ostia?
Si, ma mi aspetto movimenti relativamente lenti. È un pesce che non fa migrazioni, non è un tonno, una ricciola, una spigola o un cefalo, che si muovono molto. È nectobentonico, si muove poco, sta vicino al substrato, sembra pigro. Però se mi dicessero a fine estate di averlo visto a Capri o nel Golfo di Napoli non ne sarei sorpreso.