Perché un gatto che cade dal quarto piano ha meno chance di sopravvivere di uno che cade dall’ottavo
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Potrebbe sembrare assurdo, ma un gatto che cade da un piano compreso tra il quarto e il settimo avrebbe meno speranze di sopravvivere di uno che cade dall'ottavo in su, al netto delle gravissime lesioni cui può comunque andare incontro. La ragione è piuttosto curiosa e coinvolge fisica e comportamento felino innato. Una fortuna, dato che la caduta dei gatti da finestre, balconi, cornicioni e simili è un fenomeno molto più comune di quello che si pensi.
Non a caso esiste un intero filone della medicina veterinaria chiamato “Feline high-rise syndrome” – sindrome della caduta dall'alto dei felini – corredato da ampia e approfondita letteratura scientifica. Tra le molteplici ragioni di questi incidenti vi sono curiosità, superfici bagnate e scivolose, salti mal calibrati ed esperienze pregresse maturate in ambienti meno pericolosi. Ciò che è certo è che in molti hanno avuto a che fare con cadute più o meno preoccupanti del proprio amico a quattro zampe. Ma perché quelle dai piani superiori al settimo sarebbero meno pericolose di quelle dai piani intermedi?
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Una delle ragioni principali risiede nel fatto che i gatti hanno una capacità innata chiamata “riflesso verticale” o “riflesso di raddrizzamento del gatto” che permette loro di raddrizzarsi mentre precipitano da altezze significative. Grazie ad essa riescono a cadere sempre con le zampe orientate vero il basso (più o meno divaricate), un dettaglio che aumenta le chance di sopravvivenza rispetto a un cane o a un altro sventurato animale che precipita dall'alto. Le ossa leggere, le dimensioni contenute e la capacità di allargare le zampe – che amplia la superficie a contatto con l'aria e dunque la resistenza – sono altri fattori che giocano a favore della sopravvivenza felini.
L'altezza, come indicato, è la componente più bizzarra di questa equazione. Come spiegato dalla Clinica Veterinaria San Paolo, infatti, i gatti che cadono dal secondo e terzo piano – all'incirca fino a 9 metri di altezza – se sono giovani, in salute e forti possono superare indenni l'incidente. Le cose si complicano sensibilmente tra il quarto e il settimo piano proprio a causa dell'altezza maggiore, col serio rischio di fratture ad arti e vertebre, emorragie interne, lesioni agli organi, gravi traumi toracici e cranici. Tutto questo aumenta naturalmente le probabilità di decesso. Dall'ottavo piano in poi, incredibilmente, la mortalità si riduce. Che cosa succede esattamente?
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Come spiegato nell'articolo “Feline high-rise syndrome: 119 cases (1998–2001)” della Facoltà di veterinaria dell'Università di Zagabria, un gatto di medie dimensioni – di circa 4 chilogrammi – durante la caduta raggiunge la velocità massima possibile (velocità terminale) dopo essere precipitato per cinque piani. Essa a pari a circa 100 chilometri orari. Gli oggetti e gli esseri viventi che cadono dall'alto seguono chiaramente la legge della gravità (l'accelerazione legata alla gravità è di 9,81 m/s²) e la loro velocità è influenzata da vari fattori: resistenza dell'aria, massa e superficie esposta. Un gatto che cade dai piani intermedi è molto spaventato e tende a distendere le zampe verso il basso a causa dell'accelerazione e del riflesso verticale di cui sopra. Ciò lo spinge a irrigidire i muscoli, condizione che lo espone a gravi traumi.
Tuttavia, cadendo dai piani più alti, può raggiungere la velocità massima e smettere di accelerare, pertanto il suo "sistema vestibolare non viene più stimolato" e "orienta gli arti orizzontalmente", spiegano i ricercatori dell'ateneo di Zagabria. In pratica, i gatti che cadono da altezze significative si rilassano mentre precipitano e sono meglio preparati ad affrontare l'impatto col suolo, distendendo muscoli e arti. Quelli che cadono dai piani intermedi, in pratica, non fanno in tempo a "rilassarsi" e arrivano al suolo più rigidi e spaventati, procurandosi lesioni potenzialmente peggiori.
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La distensione orizzontale degli arti presenta tuttavia un inconveniente; distribuisce l'impatto su tutta la superficie del corpo, catalizzando il rischio di gravi traumi toracici. "L'80% dei gatti caduti dal terzo piano ha riportato fratture degli arti o del bacino, mentre l'80% dei gatti caduti dal settimo o più piani ha subito traumi toracici", hanno spiegato gli autori dello studio, che ha valutato le cadute di oltre cento felini. "Ciò convalida la teoria secondo cui i gatti che cadono da almeno sette piani flettono gli arti, quindi le lesioni del tronco sono più comuni, mentre i gatti che cadono da distanze inferiori a sette piani estendono gli arti, con una conseguente maggiore incidenza di fratture degli arti", spiegano il dottor Vnuk e colleghi.
La distribuzione uniforme dell'impatto e la rilassatezza dei muscoli potrebbero spiegare la minore mortalità che si registra nei gatti che cadono dai piani più alti, tuttavia è doveroso sottolineare che i curiosi dati sui decessi potrebbero essere influenzati da un bias di sopravvivenza. In parole semplici, i gatti che cadono dai piani più alti potrebbero morire più spesso e non essere portati dal veterinario, a differenza di quelli che invece cadono dai più bassi. In pratica, i dati sulla mortalità potrebbero essere influenzati dal numero di gatti che arrivano in clinica veterinaria e non dal numero effettivo di quelli che muoiono.