Perché sentiamo il bisogno di mangiare insieme: gli effetti sul cervello di un pasto in compagnia
Manca meno di un mese a Natale e già sembra di sentire il rumore delle tavole apparecchiate per le feste. Ma, riunirsi allo stesso tavolo, che sia a casa, a lavoro o con gli amici nel weekend, è una routine che fa parte delle nostre vite da sempre, quasi un bisogno istintivo. Come mai lo facciamo? Perché sentiamo (non tutti, ma quasi tutti) questo bisogno ancestrale?
Gli antropologi da tempo si pongono queste domande e le risposte, per quanto alcune solo ipotizzate, raccontano qualcosa di profondamente radicato e primordiale nella storia delle specie umana. Infatti, al di là delle feste e delle altre occasioni per cui è quasi d'obbligo mangiare in famiglia, il gesto di consumare un pasto in compagnia, così come di invitare a cena o pranzo persone o conoscenti, è stato conservato dalla maggior parte delle culture, nonostante il successo del fast food.
Perché abbiamo bisogno di mangiare insieme
Il gesto del riunirsi per consumare un pasto – ha spiegato il sociologo Nicklas Neuman dell'Università di Uppsala in Svezia alla Bbc – ha un valore sociale diverso dalla semplice condivisione del cibo. Questo comportamento, ovvero dare il cibo agli altri membri del proprio gruppo sociale, appartiene infatti anche ad alcuni primati prossimi alla specie umana, come gli scimpanzé e i bonobo. Rispetto a questo comportamento, gli uomini – spiegano i ricercatori – hanno aggiunto molti altri significati più strutturati e complessi.
Per quanto riguarda il momento in cui qualcuno ha deciso di mettersi a preparare un pasto per gli altri, non sappiamo esattamente quando sia successo, ma gli antropologi immaginano che sia accaduto attorno al falò e che sia stato grazie a quel tempo trascorso insieme che gli esseri umani hanno stabilito dinamiche relazionali così forti come quelle che hanno plasmato la nostra specie.
Gli effetti sul cervello
La cosa più interessante e inaspettata emersa dagli studi su quest'argomento è la direzione della relazione tra l'atto di mangiare insieme e la dimensione di socialità che da sempre attribuiamo a questo gesto. Secondo la tesi di un professore dell'Università di Oxford, Robin Dunbar, è stato proprio il primo a innescare gli effetti sociali e non viceversa.
Alla base di questo ragionamento ci sarebbero anche fattori biologici: quando mangiamo, soprattutto cibi che ci piacciono, il nostro cervello aumenta la produzione di endorfine, che, oltre a migliorare il nostro umore, rappresentano – spiega Dunbar – uno dei fattori biologici che più hanno contribuito a favorire i legami sociali tra i nostri antenati. Non solo, mangiare insieme in gruppo aumenterebbe infatti il rilascio di questo neurotrasmettitore. Non a caso, secondo le indagini condotte sull'argomento, chi mangia più spesso in compagnia di amici o persone care sembra godere di un maggiore benessere psicologico rispetto a chi lo fa meno spesso.