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Perché rischiamo che il virus dell’aviaria possa infettare l’uomo: come può avvenire il salto di specie

Dagli uccelli ai bovini, il virus dell’influenza aviaria A (H5N1) ad alta patogenicità (HPAI) è già mutato, diventando capace di infettare diverse nuove specie di mammiferi. Ora il timore è che altre possibili mutazioni lo rendano in grado di legarsi direttamente ai ricettori delle cellule umane.
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Da quando il virus dell'influenza aviaria A (H5N1) ad alta patogenicità (HPAI) è stato rilevato negli allevamenti di bovini negli Stati Uniti, le autorità sanitarie statunitensi ed europee hanno alzato la soglia d'attenzione sui rischi di un nuovo possibile salto di specie che possa rendere il virus capace di trasmettersi anche da uomo a uomo. Il salto di specie si verifica infatti quando un microrganismo patogeno in grado di infettare una certa specie si modifica in modo da passare ad un'altra specie. Può verificarsi anche da animali a uomo: in questo caso si parla di zoonosi.

Sebbene infatti i casi di infezione registrati nell'uomo finora sembrino essere correlati all'esposizione ad ambienti contaminati o ad animali infetti e non ci siano prove che il virus possa passare da uomo a uomo, il timore è che si modifichi ancora fino ad adattarsi all'uomo: infatti maggiore è la sua circolazione, maggiori sono le probabilità che si verifichino nuove mutazioni.

Come il virus dell'aviaria si trasmette all'ospite

Come ha dimostrato un recente studio condotto dagli scienziati di Scripps Research, potrebbe infatti bastare una sola mutazione per migliorare in modo significativo la capacità di H5N1 di legarsi ai recettori delle cellule umane e questo potrebbe facilitare il contagio da uomo a uomo, aumentando il rischio di una nuova pandemia.

Bisogna infatti sapere che per infettare un ospite il  virus dell'influenza utilizza una proteina nota come emoagglutinina che è in grado di riconoscersi e legarsi a delle specifiche catene di molecole di zucchero (glicani) posizionate sulle proteine della superficie cellulare. Al momento però la proteina non sembra in grado di riconoscere i recettori glicani dell'uomo, ma qualora mutasse ancora potrebbe evolvere in modo da riuscirci e così trasmettersi da uomo a uomo.

Come potrebbe infettare le cellule umane

I ricercatori hanno infatti studiato il ceppo H5N1 2.3.4.4b – ovvero il virus isolato nel primo caso di infezione umana – introducendo delle mutazioni nella proteina emoagglutinina per capire come queste avrebbero potuto modificare la capacità del virus di legarsi ai recettori umani. Il team di scienziati ha testato quindi le possibili mutazioni selezionate tra quelle che è più verosimile si verifichino nella realtà: hanno così scoperto che una sola mutazione negli aminoacidi nell'emoagglutinina sarebbe in grado di renderla capace di legarsi ai ricettori umani.

L'hanno chiamata Q226L e hanno spiegato che sebbene questa da sola "potrebbe non essere sufficiente per consentire la trasmissione da uomo a uomo", la sua scoperta rappresenta comunque una "red flag" perché dimostra "quanto facilmente questo virus potrebbe evolversi per riconoscere i recettori di tipo umano", migliorando in modo significativo la sua capacità di legare ad essi.

La situazione attuale

Al momento quindi – è importante specificarlo – non si è verificato un nuovo salto di specie che ha interessato l'essere umano. Questo significa che il virus dell'influenza aviaria A (H5N1) non è ancora abbastanza efficace nell'attaccare l'uomo e infettarlo. Tuttavia, il fatto che negli ultimi tempi il virus sia riuscito a contagiare un numero crescente di specie di mammiferi, fino ai bovini da latte negli allevamenti negli Stati Uniti, e i diversi casi di infezione nell'uomo segnalati in più Paesi negli Stati Uniti tengono alta l'attenzione sul virus e le possibili conseguenze di una sua nuova evoluzione.

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