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Covid 19

Perché non è vero che i vaccinati riempiono le terapie intensive come i non vaccinati

I numeri dell’ultimo report della FIASO dicono che il 44% dei letti in terapia intensiva è occupato da vaccinati ma si tratta di dati assoluti che inducono a errori grossolani quando non si tiene conto della più semplice relazione della matematica: la proporzione.
A cura di Valeria Aiello
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Stanno facendo discutere i numeri contenuti nell’ultimo report settimanale della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO) sull’andamento dei ricoveri di pazienti Covid in Italia: dati assoluti, espressi in percentuale, riferiti ai posti letto occupati nei venti ospedali aderenti alla rete FIASO (un cinquantesimo delle strutture italiane di assistenza ospedaliera), che mostrano come il 44% dei ricoveri in terapia intensiva per Covid riguardi pazienti che hanno completato il ciclo vaccinale (due dosi) rispetto al 56% dei non vaccinati. Quasi la metà. Questo sempre in termini assoluti, è bene sottolinearlo, perché il rischio è quello di essere indotti a commettere errori grossolani quando non si tiene conto della più semplice delle relazioni matematiche: la proporzione.

Pazienti in terapia intensiva (rilevazione al 25 gennaio 2022) / FIASO
Pazienti in terapia intensiva (rilevazione al 25 gennaio 2022) / FIASO

La proporzione, appunto, ovvero ciò che dopo due anni di pandemia (e corsi di virologia ormai gratis in tv) sfugge a quella parte di popolazione che si ostina a sbandierare dati estrapolati dal contesto a dimostrazione di quella che è diventata una delle tesi preferite dai no-vax sulla mancata efficacia dei vaccini. E così, si sente dire che “se il 44% dei posti in terapia intensiva è occupato dai vaccinati, non conviene vaccinarsi”. O ancora: “Visto che anche i vaccinati si ammalano, perché dovrei vaccinarmi?”. Sciocchezze, di chi non mette in relazione le grandezze e in certi casi fa finta di non capire, perché si sa, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Anche davanti a dati ormai consolidati, che ci dicono chiaramente che la vaccinazione riduce il rischio di malattia grave con un’efficacia del 95% nei vaccinati con ciclo completo da meno di 90 giorni, del 93% nei vaccinati con ciclo completo da 91 a 120 giorni, e dell’89% nei vaccinati che hanno completato il ciclo vaccinale da oltre 120 giorni. Protezione che sale al 97,5% per chi ha ricevuto la terza dose.

Ma andiamo alle proporzioni: se ad esempio consideriamo una copertura vaccinale del 90% della popolazione, su 1.000 abitanti avremo 900 vaccinati e 100 non vaccinati. E dal momento che il 44% dei ricoveri in terapia intensiva si è verificato su 900 vaccinati, questo corrisponde allo 0,048%, mentre il 56% dei ricoveri in terapia intensiva che si è verificato su 100 non vaccinati è pari allo 0,56%: mettendo in relazione queste due percentuali, abbiamo che i ricoveri nei non vaccinati sono circa 11,5 volte in più di quelli dei vaccinati, ovvero quanto, con stime più puntuali, ci dice l’Istituto superiore di sanità (ISS) nel suo ultimo rapporto sull’andamento dell’epidemia: il tasso di ospedalizzazione tra i non vaccinati è 10 volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni e 12 volte più alto dei vaccinati con booster.

Ebbene sì, è bastato un semplice calcolo, a partire da percentuali che riflettono la situazione di appena venti ospedali, a riportarci alle stime che esprimono l’efficacia dei vaccini Covid a livello nazionale. Valutazioni che possono essere fatte da tutti, o almeno da chiunque abbia preso la licenza di scuola media. Basterebbe solo non farsi abbagliare dai numeri e prestare più attenzione all’importanza delle proporzioni.

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