Perché non è detto che il Covid diventerà meno pericoloso con l’arrivo di nuove varianti
Con l’aumentare dei contagi da variante Omicron, capita sempre più spesso di sentire frasi del tipo “le varianti evolvono per essere più miti” e che “il Covid diventerà una malattia endemica”. Ma c’è una parte della comunità scientifica che mette in guardia da questo genere di affermazioni, avvertendo che tutto questo non può essere dato per scontato. Tra questi esperti c’è il professor David Robertson del Center for Virus Research dell’Università di Glasgow, nel Regno Unito, che in un intervento a The Guardian ha spiegato perché l’evoluzione virale non è una strada a senso unico verso una progressiva riduzione della virulenza.
Secondo Robertson è “un errore” pensare che virus o agenti patogeni si evolvano per diventare meno pericolosi nel tempo. “Se un virus può continuare ad essere trasmesso e causare molte malattie, lo farà” ha affermato l’esperto, osservando come l’intento del virus sia quello di creare quante più copie di se stesso e di diffondersi il più rapidamente possibile, anche se il suo interesse non è quello di uccidere il proprio ospite. Questo è vero anche per Sars-Cov-2, che non uccide le persone durante il periodo in cui può essere trasmesso, ovvero nelle prime fasi dell’infezione, sebbene possa risultare letale dopo due o tre settimane dal contagio.
D’altra parte non è neppure chiaro che Sars-Cov-2 stia diventando progressivamente più mite: la sua nuova variante Omicron sembra essere meno capace di provocare malattia grave rispetto ad Alfa e Delta, ma entrambe queste varianti hanno causato infezioni più severe rispetto al ceppo originale. “Queste varianti non si discostano l’una dall’altra, quindi se quel ceppo continua a diffondersi e un’altra variante emerge in sei mesi, potrebbe essere peggio – ha aggiunto Robertson – . È importante non dare per scontato che si sia qualche inevitabilità che Omicron rappresenti la fine dell’evoluzione di Sars-Cov-2”.
È infatti probabile che Omicron continui ad evolversi. “Quello che potrebbe accadere e che, dal momento che Omicron infetta così tante persone, è più difficile per la prima (variante) di Omicron continuare ad avere lo stesso successo, e quindi questo crea uno spazio per un virus che è più in grado di eludere la risposta immunitaria” ha precisato l’esperto.
C’è poi la tesi secondo cui Sars-Cov-2 possa diventare un virus endemico, ovvero un patogeno normalemente presente nella popolazione, i cui tassi di infezione sono prevedibili e non fuggono al controllo. Ciò non toglie che il patogeno possa continuare ad essere un virus pericoloso, come indicato sempre al Guardian da Stephen Griffin, professore associato di virologia all'Università di Leeds. “Il vaiolo era endemico, la poliomielite è endemica, la febbre di Lassa è endemica e la malaria è endemica – ha ricordato Griffin – . Anche il morbillo e la parotite sono endemici, ma dipendono dalla vaccinazione. Endemico non significa affatto che qualcosa perda i denti”.
Ad ogni modo, fa notare Griffin, l’idea che presto passeremo a una fase endemica “sembra anche un po’ contraria al fatto che abbiamo appena avuto diverse settimane di crescita esponenziale massiccia e esplosiva dei contagi da Omicron e, prima ancora, stavamo assistendo a una crescita esponenziale di quelli da Delta”.
In sintesi, trasformare il Covid in una malattia con cui possiamo davvero convivere “richiederà più di una campagna di vaccinazione nazionale e un pio desiderio; richiede uno sforzo globale per migliorare la sorveglianza per le nuove varianti e sostenere i Paesi per affrontare i focolai alla fonte quando emergono – sottolinea il quotidiano britannico – . Richiede anche maggiori investimenti nella purificazione dell’aria e nella ventilazione per ridurre la trasmissione”.
“Tutti sperano che il coronavirus si evolva per diventare più mite e che il Covid diventi endemico, o meglio, abbastanza gestibile da non rovinare la nostra vita quotidiana. Ma queste sono speranze, non sono fatti, e ripetere questi mantra non li farà accadere più velocemente”.