Perché non dovremmo più mangiare pesce fino alla fine dell’anno
Le risorse ittiche del Mediterraneo per il 2024 sono finite. L'allarme arriva dal WWF, "siamo arrivati a quel momento in cui l’Europa esaurisce virtualmente l’equivalente della produzione annua interna di pesce, molluschi e crostacei”. Il problema è la domanda troppo alta. Ogni cittadino europeo infatti, in media consuma circa 24 chili di pesce all'anno, gli italiani 31,2 chili.
"Il WWF Italia invita i consumatori a fare scelte di consumo responsabili, come contributo agli obiettivi di conservazione e tutela del nostro mare", ha spiegato Giulia Prato, Responsabile Mare del WWF Italia. "Acquistare pesce adulto, locale e di stagione, meglio ancora, scegliere specie poco comuni, evitando quelle più sovrasfruttate, così da bilanciare la pressione sulle risorse marine, favorendo il mantenimento della biodiversità marina e la rigenerazione degli stock ittici.”
Il Mediterraneo è il secondo mare più sovrasfruttato al mondo
Come spiega il WWF, con il 58% degli stock ittici sovrapescati, il Mediterraneo è il secondo mare più sovrasfruttato al mondo. "Se nei primi sei mesi dell’anno avessimo consumato solo risorse dei nostri mari, da luglio alla fine dell’anno queste non sarebbero più disponibili e l’Europa dovrebbe ricorrere alle importazioni per sostenere la crescente richiesta dei consumatori."
Tra le specie più colpite dalla pesca intensiva ci sono i gamberi (viola e rosa), il nasello, la sardina, e la triglia di fango. Ad aggravare la situaizone c'è poi la pesca illegale e la pesca non regolamentata che mette a rischio gli ecosistemi marini.
L'impatto della crisi climatica
Non solo la pesca intensiva, anche il cambiamento climatico sta danneggiando l'ecosistema, come spiega il WWF, "il riscaldamento degli oceani sta riducendo le popolazioni ittiche, con alcune aree tropicali che potrebbero vedere una diminuzione fino al 40% entro il 2100".
La tropicalizzazione dei mari spinge le specie autoctorne a migrare. L'ecosistema è divenato inabitabile a causa dall'aumento delle temperature (tra il 2011-2020 è stato registrato un aumento medio dello 0,88°C rispetto al periodo 1850-1900) e delle nuove specie invasive " sono quasi 1.000, di cui 126 specie ittiche, le specie invasive che sono entrate nel Mediterraneo, causando riduzioni di wuellautoctone fino al 40% in alcune aree, per motivi di competizione o predazione".
Come contrastare il fenomeno
“Le evidenze scientifiche confermano come aumentando la protezione in aree chiave del Mediterraneo, gli habitat marini potrebbero riprendersi, gli stock ittici chiave essere ricostituiti e noi potremmo combattere al meglio l’impatto del cambiamento climatico", ha sottolineato Prato.
"Ma anche ridurre il nostro consumo di pesce soprattutto per quanto riguarda le specie più sovrasfruttate, diversificando le nostre scelte di prodotti ittici è fondamentale per contrastare la pesca eccessiva, incoraggiare la transizione verso una pesca più sostenibile e supportare la resilienza dell’ecosistema marino."