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Perché l’ondata di calore di quest’estate in Cina è la peggiore mai vista nella storia

I dati climatici indicano che in Cina si sta vivendo la più drammatica ondata di calore della storia, per intensità, durata e numero di persone coinvolte.
A cura di Andrea Centini
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“Non riesco a pensare a niente di paragonabile all'ondata di calore dell'estate 2022 in Cina per il suo mix di intensità, durata, estensione geografica e numero di persone colpite”, ha dichiarato ad Axios il meteorologo Bob Henson, che lavora con la prestigiosa Yale Climate Connections. “La Cina sta vivendo la peggiore ondata di calore mai registrata nella storia globale. L'intensità, la durata, la scala e l'impatto combinati di questa ondata di calore sono diversi da qualsiasi cosa gli esseri umani abbiano mai registrato”, gli ha fatto eco su Twitter lo scienziato atmosferico Colin McCarthy. Questi sono soltanto due degli innumerevoli commenti degli esperti sullo sconvolgente fenomeno climatico che si sta consumando nel grande Paese asiatico, impossibile da paragonare con ogni altra ondata di calore registrata in precedenza, in qualsiasi altra parte del mondo.

La “cappa infernale” perdura sulla Cina da oltre 70 giorni e centinaia di città hanno superato – in alcuni casi abbondantemente – i propri record di temperatura massima. Come confermato dai media statali del Dragone, gli ultimi dati rilasciati dal National Climate Center della China Meteorological Administration dimostrano che l'intensità dell'attuale ondata di calore ha raggiunto il livello più elevato da quando gli scienziati cinesi tengono traccia delle registrazioni meteorologiche complete, ovvero dal 1961. Il 17 agosto ben 1.680 stazioni dell'Osservatorio Meteorologico Nazionale hanno rilevato temperature superiori ai 35° C, mentre 1.426 stazioni hanno registrato massime oltre i 37° C. Più di 900 hanno rilevato livelli di temperatura considerati “estremi” per la zona di riferimento, mentre 262 stazioni meteorologiche nazionali hanno registrato i record storici. Tra le province coinvolte l'Hebei, il Jiangsu, lo Zhejiang, il Fujian, il Guangdong, il Qinghai lo Shaanxi, l'Hubei e il Sichuan.

Proprio nel Sichuan, dove si trova il più importante hub idroelettrico della Cina, si stanno vivendo tra le situazioni più drammatiche. A causa del caldo estremo e della siccità, infatti, il governo locale ha chiesto alle industrie di chiudere per 6 giorni consecutivi, con effetti particolarmente significativi sulle catene produttive del settore automobilistico. Qui, del resto, si trovano la “Gigafactory” di Tesla – dove sono state prodotte oltre un milione di automobili elettriche – e tre stabilimenti della SAIC, che opera per i colossi Volkswagen e General Motors. Le conseguenze economiche di una chiusura così prolungata sono enormi.

Per quanto concerne i record, domenica 21 agosto nella città di Gao sono stati raggiunti i 43,5° C, mentre a Jianyang e Zigong la colonnina di mercurio ha raggiunto i 43,4° C. A Mianyang sono stati raggiunti i 41° C, un dato che ha stracciato di ben 2,2° C il precedente primato. Normalmente i nuovi picchi massimi non raggiungono mai divari così importanti. A Beibei sono stati invece raggiunti i 45° C, la temperatura più alta mai registrata al di fuori dello Xinjiang, la regione più arida della Cina, dove è abitabile meno del 10 percento del territorio.

A Chongqing, dove solo nel centro vivono oltre 9 milioni di persone, la temperatura minima durante la notte è stata di diversi gradi più “rovente” della tipica temperatura diurna del mese di agosto. Sono dati semplicemente sconcertanti, se si considera che l'ondata di calore, che ha provocato anche un significativo restringimento del fiume Yangtze, sta perdurando da oltre 70 giorni. Complessivamente, quasi 1,4 milioni di chilometri quadrati di territorio cinese sono colpiti da temperature superiori ai 40° C, con oltre 100 milioni di persone esposte alle conseguenze nefaste del caldo estremo. Mai fino ad oggi un'ondata di calore era risultata così ampia, intensa e duratura.

Il caldo estremo non solo sta provocando un rallentamento dell'economia cinese, ma sta anche avendo effetti sulla salute, la cui effettiva portata sarà evidente solo in futuro. Catastrofico anche l'impatto sugli equilibri degli ecosistemi, su flora, fauna e agricoltura. Innanzi alle conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici gli scienziati stanno chiedendo a gran voce un radicale cambiamento dei sistemi politici ed economici, non solo attraverso un taglio netto e deciso delle emissioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas a effetto serra in atmosfera, principali motori del riscaldamento globale, ma anche la revisione della continua crescita economica. Come specificato dal climatologo Ben See su Twitter, i fondamentali del capitalismo porteranno a un aumento di 2,5 – 6° C di temperatura rispetto all'epoca preindustriale entro la fine del secolo se non faremo nulla, determinando una “rapida estinzione di massa” e dunque un crollo della biodiversità. Secondo lo studioso nel giro di 20 anni dovremmo aspettarci un riscaldamento tra 1,6 e 2,4° C, un valore superiore agli 1,5° C fissati sin dagli Accordi di Parigi sul Clima del 2015, ritenuti la soglia da non superare, se non vorremo vivere le conseguenze più drammatiche dei cambiamenti climatici. Se non interverremo in modo rapido, fermo e deciso, i record devastanti di questa estate visti in Cina e altrove diventeranno la nuova norma e continueranno a peggiorare, portando l'umanità verso “indicibili sofferenze”.

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