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Perché lo Zimbabwe ha deciso di uccidere centinaia di elefanti

Il ministro dell’ambiente dello Zimbabwe ha annunciato che nelle prossime settimane saranno abbattuti duecento elefanti. Non accadeva da circa 40 anni. Cosa sta succedendo e perché è stata presa questa difficile decisione.
A cura di Andrea Centini
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Durante una recente seduta al parlamento dello Zimbabwe, il ministro dell'ambiente Sithembiso Nyoni ha annunciato che è stata autorizzata l'uccisione di duecento elefanti africani (Loxodonta africana) sul territorio nazionale. Era da circa quaranta anni che nel Paese dell'Africa meridionale non venivano messi nel mirino i pachidermi su decisione governativa. L'annuncio delle uccisioni è arrivato poche settimane dopo un'analoga comunicazione del Ministero dell'Ambiente, delle Foreste e del Turismo della Namibia, nella quale è stato deciso l'abbattimento di circa 700 animali selvatici. Fra essi centinaia di zebre, cento gnu, sessanta bufali, trenta ippopotami e oltre ottanta elefanti africani.

In entrambi i casi la decisione di abbattere gli esemplari è legata all'estrema siccità che sta colpendo diversi Paesi africani, tra le peggiori degli ultimi decenni. Non a caso sia la Namibia che lo Zimbabwe hanno dichiarato lo stato di calamità naturale a livello nazionale, con la necessità di razionamenti e interventi eccezionali per preservare le risorse idriche e i raccolti, moltissimi dei quali sono andati perduti. La carenza di acqua è infatti sfociata in una significativa insicurezza alimentare per milioni di persone, tanto che la Namibia ha deciso di abbattere i 700 animali proprio con lo scopo di sfamare i suoi abitanti. Ma non solo. Gli animali selvatici, che chiaramente non hanno nessuna colpa e sono le principali vittime del riscaldamento globale innescato dall'uomo, si abbeverano dalle stesse, povere fonti d'acqua, inoltre, a causa della perdita della vegetazione di cui si nutrono, si avvicinano ai centri agricoli e urbani distruggendo raccolti e aumentando il rischio di conflitti con le persone.

Proprio per questo sia la Namibia che lo Zimbabwe hanno deciso di eliminare gli elefanti che gravitano attorno alle zone in cui si sono verificati maggiormente questi conflitti. Nel caso specifico dello Zimbabwe si tratta del Parco nazionale di Hwange, la più grande riserva naturale del Paese africano. Qui si ritiene che vivano circa 65.000 elefanti, un numero considerato quattro volte superiore a quello che potrebbe supportare. I pachidermi, tuttavia, rappresentano una risorsa preziosissima per il turismo e il loro abbattimento potrebbe allontanare un numero significativo di persone per motivi etici. Per questo in molti stanno criticando la decisione del governo, sostenendo che dovrebbe perseguire altre vie per affrontare l'insicurezza alimentare. Da quando il presidente Emmerson Mnangagwa ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, lo scorso 3 aprile 2024, è stata aumentata l'importazione di mais geneticamente modificato e promossa la coltivazione di cereali più resistenti come il sorgo, oltre che avviata la costruzione di dighe per preservare meglio le risorse idriche.

Ma tutto questo non basta a proteggere le oltre 2,7 milioni di persone a rischio di malnutrizione, soprattutto nei prossimi mesi in cui la disponibilità di cibo diminuirà ulteriormente. Non a caso in un'intervista a Voice of America il ministro Nyoni ha affermato che la carne degli elefanti abbattuti sarà essiccata, confezionata e inviata alle popolazioni che hanno maggiore bisogno di proteine. Si ritiene che l'estrema siccità che ha colpito il Paese sia stata esacerbata dal fenomeno climatico e ciclico di El Niño, dunque non direttamente dal riscaldamento globale, tuttavia il cambiamento climatico può influenzarne l'intensità e la durata, giocando anch'esso un ruolo nell'insicurezza alimentare. Del resto le carestie e la grave siccità sono considerate tra le principali minacce del clima alterato dalle emissioni di CO2 e altri gas climalteranti, soprattutto nei Paesi già naturalmente aridi e più esposti ai rischi.

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