Perché lo stress “aiuta” il cancro: visto per la prima volta come fa a promuovere la diffusione dei tumori
Troppo stress “aiuta” la diffusione del cancro, promuovendo la formazione di strutture appiccicose, simili a trappole extracellulari, che creano un ambiente favorevole alle metastasi. È quando osservato da un team di ricerca americano che ha dimostrato per la prima volta in che modo lo stress cronico provoca la crescita e la diffusione dei tumori.
Studi precedenti avevano già indicato che il disagio emotivo è in grado di influire negativamente sulla memoria, la cognizione e il comportamento, nonché sul funzionamento ottimale del nostro organismo, compresi il sistema cardiovascolare, gastrointestinale e immunitario, aumentando ad esempio il rischio di malattie cardiache e ictus, ma il meccanismo attraverso cui le reazioni emotive avverse, come ansia, stress e depressione favoriscono la diffusione del cancro e riducono l’efficacia delle cure non era ancora stato compreso.
“Lo stress – spiega il team dietro la nuova ricerca, guidata dagli studiosi del Cold Spring Harbor Laboratory (CSHL) di New York – è qualcosa che non possiamo davvero evitare nei pazienti oncologici, per le preoccupazioni dovute alla malattia e quelle di dover affrontare settimane di terapia. È quindi molto importante capire come agisce lo stress sulla diffusione del cancro, per poter sviluppare strategie di prevenzione”.
In che modo lo stress promuove la diffusione del cancro
Per determinare gli effetti dello stress sulla progressione dei tumori, gli studiosi hanno utilizzato modelli murini di cancro, esponendo i topi a uno stress prevedibile e costante, come quello che si verifica dopo una diagnosi di cancro. “Per prima cosa – precisano gli studiosi – abbiamo rimosso i tumori mammari che diffondevano cellule tumorali ai loro polmoni. Successivamente abbiamo esposto i topi allo stress, e ciò che abbiamo osservato è stato scioccante”.
I risultati della sperimentazione, dettagliati in un articolo appena pubblicato sulla rivista scientifica Cancer Cell hanno mostrato “uno spaventoso aumento delle lesioni metastatiche in questi animali – ricorda la ricercatrice Mikala Egeblad, professoressa del Cold Spring Harbor Laboratory (CSHL) e autrice corrispondente dello studio – . Si è verificato un aumento fino a quattro volte delle metastasi”.
Per caratterizzare cosa avesse causato questo aumento, gli studiosi hanno analizzato i tessuti metastatici, scoprendo che alcuni ormoni dello stress, chiamati glucocorticoidi, avevano alterato significativamente il microambiente polmonare, agendo su un tipo di globuli bianchi, i neutrofili. Questi neutrofili “stressati” formavano strutture appiccicose, simili a ragnatele, chiamate trappole extracellulari di neutrofili (NET), delle reti di DNA contenenti proteine dei neutrofili.
“Tali trappole – evidenzia il team – si formano quando i neutrofili espellono il DNA, e normalmente possono difenderci dai microrganismi invasori. Tuttavia, nel cancro, le NET creano un ambiente favorevole alle metastasi”.
Per confermare che lo stress innesca la formazione di NET, portando ad un aumento delle metastasi, i ricercatori hanno quindi eseguito tre test. Innanzitutto, hanno rimosso i neutrofili dai topi utilizzando anticorpi. Successivamente, hanno iniettato negli animali un enzima che distrugge le NET (DNasi I) e, infine, hanno utilizzato topi i cui neutrofili non potevano rispondere ai glucocorticoidi. Ciascun test ha dato risultati simili, mostrando che i topi così trattati e poi esposti allo stress non sviluppavano più metastasi.
In particolare, il team ha scoperto che lo stress cronico ha causato la formazione di NET, modificando il tessuto polmonare anche nei topi senza cancro. “Sembra quasi che lo stress predisponga i tessuti a sviluppare i tumori” fa notare la professoressa Egeblad che, insieme alla professoressa Linda Van Aelst del CSHL e co-autrice dello studio, ha evidenziato una chiara implicazione. “La riduzione dello stress dovrebbe essere una componente del trattamento e della prevenzione del cancro” osserva Van Aelst.
Il team ha inoltre ipotizzato che lo sviluppo di farmaci in grado di prevenire la formazione di NET possano apportare benefici ai pazienti in cui il cancro non è ancora metastatizzato. “Tali nuovi trattamenti – hanno concluso gli studiosi – potrebbero rallentare o arrestare la diffusione del cancro, offrendo un aiuto tanto necessario”.