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Perché le droghe non sono tutte uguali, spiegato con numeri e dati

Sulla questione, ci sono non solo le distinzioni che si evincono dalle tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope pubblicate dal Ministero della Salute, ma anche noti studi, che hanno classificato le sostanze per livello di pericolosità.
A cura di Valeria Aiello
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Spesso la politica tende a semplificare problemi complessi e a buttare nel calderone argomenti differenti, rischiando di fare una grande macedonia. È successo anche ieri, nella Giornata mondiale contro le droghe, durante l’intervento alla Camera della premier Giorgia Meloni, che con decisione ha messo sullo stesso piano le droghe leggere con quelle pesanti. “Fanno tutte male, non esistono distinzioni”. Ma è davvero così? Le droghe sono realmente tutte uguali e “chi dice una cosa diversa, dice una menzogna?”.

Sulla pericolosità delle droghe, la comunità scientifica internazionale si è espressa da decenni. Così come sui danni causati dalle dipendenze. Uno degli studi più noti, pubblicato sull’autorevole rivista scientifica The Lancet, ha perfino classificato le droghe sulla base di sedici criteri, nove relativi al danno che una sostanza produce nell’individuo e sette riguardanti il danno che il suo consumo determina nella società, fornendo già nel 2010 un potente strumento per affrontare una questione così delicata.

La diversa pericolosità delle droghe

Le droghe, inutile girarci intorno, non sono tutte uguali: sono sostanze diverse, che agiscono in maniera differente e possono comportare rischi diversi. Anche l’attuale legge in vigore in Italia prevede una distinzione tra sostanze, come si evince dalle tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope, in cui sono infatti presenti ben quattro sottogruppi di riferimento, distinti sinteticamente in: oppiacei, cocaina e derivati, amfetamine e allucinogeni (tabella I); cannabis e derivati (tabella II); barbiturici (tabella III) e benzodiazepine (tabella IV).

Già questo basterebbe dunque a smentire le affermazioni circa l’equiparazione delle sostanze tra cui, per coerenza, dovrebbe rientrare anche l’alcol, una vera è propria droga secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che, come evidenziato anche il Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, definisce come droga qualsiasi sostanza psicoattiva che può provocare assuefazione e dipendenza.

Sulla questione, anche la già citata classificazione delle droghe pubblicata su The Lancet, mostra che l’alcol è più dannoso dell’eroina o del crack se si considerano i pericoli complessivi per l’individuo e la società. Se però si tiene conto solo del danno all’individuo, le droghe più pericolose sono eroina, crack e metanfetamina. In termini di danno complessivo, dopo l’alcol, ci sono eroina, crack e metanfetamina, quindi cocaina, tabacco e anfetamine/speed. Seguono cannabis, GHB e benzodiazepine, davanti a ketamina, metadone e mefredone.

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Nei danni intrinseci di queste sostanze, gli studiosi hanno incluso la mortalità specifica per droga, la mortalità correlata alla droga, il danno specifico e correlato alla droga, la dipendenza, la compromissione della funzione mentale specifica e correlata, la perdita di beni tangibili, la perdita di relazioni e lesioni. Il danno derivante dalla droga nella società è invece stato valutato in termini criminalità, danno ambientale, conflitto familiare, costo economico e declino della coesione nella comunità.

Come spiegato all’epoca della pubblicazione del rapporto dal professor David Nutt, co-autore dello studio, la classificazione delle sostanze non tiene conto dello status legale delle diverse sostanze, che può avere un certo impatto sul danno sociale. “Ad esempio la disponibilità regolamentata dell’alcol significa che molte più persone vi hanno accesso rispetto alla maggior parte delle droghe, il che avrà un effetto sul suo livello di danno complessivo”. Tuttavia, la classifica in termini di danni per il consumatore “è improbabile che cambi drasticamente, anche se tutte le droghe fossero vietate o non vietate, poiché i danni sono intrinsecamente legati ai loro effetti sulla mente e sul corpo”.

A confermarlo sono anche i dati sui decessi, contenuti nel World Drug Report 2023 pubblicato dall’Office on Drugs and Crime dell’Onu in occasione della Giornata internazionale contro la droga, mostrano come circa due terzi delle morti correlate alla droga, che nel 2019, hanno toccato quota mezzo milione, derivano dall’uso di oppioidi, che continuano a rappresentare la tipologia di droga che ha maggiore impatto sulla salute: si stima causino 12,9 milioni di anni di vita in salute persi, pari al 71% dell’impatto globale delle sostanze stupefacenti.

La cannabis è invece la droga più consumata, con una stima di 219 milioni di consumatori nel 2021, contro i 36 milioni di persone che fanno uso di anfetamine, 22 milioni di cocaina e 20 milioni che fanno uso di sostanze sintetiche come ecstasy.

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