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Perché le allergie primaverili colpiscono anche chi non le ha mai avute prima: cosa dicono gli esperti

La maggior parte delle persone sviluppa le allergie durante l’infanzia, ma queste possono manifestarsi anche in età adulta. Nello specifico, le allergie primaverili rischiano di diventare più intense e diffuse anche a causa della crisi climatica e del riscaldamento globale.
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Fiori che sbocciano, giornate che si allungano e vestiti più leggeri: per molte persone l'arrivo della primavera non significa soltanto questo, ma anche occhi che bruciano, naso che cola e un costante fastidio alla gola. Tutti sintomi che chi soffre di allergie primaverili conosce benissimo: soltanto in Italia sono dieci milioni di persone, con i sintomi peggiori – segnala la Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica (SIAAIC) – per i bambini asmatici (uno su cinque) – qui i consigli dell'allergologo per proteggerli – e gli anziani con problemi respiratori, ovvero il 17% degli over 65.

Se è vero che la maggior parte delle persone allergiche sviluppa i sintomi durante i primi anni di vita, in realtà le allergie possono anche svilupparsi in età adulta, dopo i 20, 30 o perfino i 40 anni. I fattori possono essere diversi, ma ce n'è uno che negli ultimi anni sembra diventare sempre più rilevante: la crisi climatica. Anche se sembrano completamente scollegati, in realtà il riscaldamento globale, con l'aumento delle temperature medie e l'arrivo anticipato della stagione mite e quindi dei pollini può contribuire ai sintomi tipici delle allergie su più fronti.

Stagioni delle allergie più lunghe e intense

Per prima cosa, come avverte la Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica, stiamo assistendo a un progressivo allungarsi della stagione delle allergie, ovvero di quel periodo dell'anno in cui si manifestano i sintomi tipici dell'allergia. Come spiega Vincenzo Patella, Presidente della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC) e Direttore UOC Medicina Interna dell’Azienda Sanitaria di Salerno, il riscaldamento climatico sta rendendo sempre meno frequenti i giorni con temperature sottozero, questo significa più tempo alle piante per "crescere e rilasciare i pollini che provocano allergie".

Gli effetti sono già visibili e misurabili: nel 2023 – spiega la SIAAIC – la pollinazione primaverile è iniziata 25 giorni prima, mentre quella autunnale si è chiusa quasi tre settimane dopo rispetto alla media. Complessivamente quindi la stagione dei pollini è durata circa 45 giorni di più ed è stata naturalmente più abbondante.

Inoltre, la crisi climatica – prosegue l'esperto – può incidere anche sulla quantità di pollini prodotta dalle piante: i gas serra, nello specifico i livelli di CO2, prodotti dall'inquinamento, intrappolano il calore nell'atmosfera facendo aumentare le temperature, che favoriscono la produzione di pollini, soprattutto da parte delle graminacee e dall'ambrosia. A causa di questa dinamica, secondo uno studio americano "alla fine del secolo l’aumento della produzione di pollini potrebbe arrivare fino al 200%".

Perché le allergie possono manifestarsi anche in età adulta

Una stagione dei pollini più intensa e lunga significa una maggiore esposizione agli allergeni (le sostanze che scatenano la reazione immunitaria tipica dell'allergia) per le persone allergiche, ma anche un maggior rischio di sviluppare una nuova allergia o comunque una forma di irritazione anche in quelle persone che per decenni non ne avevano mai sofferto.

Da una parte – come spiega questo approfondimento di Humanitas – l'insorgere di un'allergia in età adulta ha a che fare con la nostra genetica: nel momento stesso in cui nasciamo siamo più o meno predisposti a diventare allergici a una certa sostanza, che può quindi manifestarsi in qualsiasi momento della vita anche in base all'ambiente in cui viviamo.

Tuttavia, potrebbero esserci anche dei fattori concomitanti che aumentano le probabilità che si manifesti una certa allergia. Diversi esperti concordano sul fatto che la maggiore esposizione a possibili allergeni, come il polline, dovuta al cambiamento climatico, sia uno di questi. Ma ce ne sono anche altri, come trasferirsi in una nuova città – il che, però, può avere anche un effetto positivo -, oppure aver avuto di recente un'infezione alle vie respiratorie, come un comune raffreddore. Queste infatti "possono – spiega il dottor Alkis Togias, direttore di un’unità del National Institute of Allergy and Infectious Diseases – danneggiare le membrane mucose protettive, riducendo la capacità del corpo di impedire agli allergeni di attivare il sistema immunitario".

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