Perché la vita aliena è più probabile nei mondi viola che in quelli blu e verdi come la Terra
La ricerca della vita aliena è uno degli obiettivi più entusiasmanti e significativi dell'esplorazione spaziale e delle indagini astrobiologiche. Del resto, avere la conferma che la Terra non è l'unico pianeta abitato dell'Universo avrebbe un impatto travolgente su storia, cultura, religione e altri pilastri dell'umanità. Quando immaginiamo questi mondi lontani popolati dagli extraterrestri, in mente salta subito qualcosa di molto simile a Pandora di Avatar, un pianeta extrasolare diverso ma in qualche modo molto somigliante alla Terra, con tanta acqua, una vegetazione lussureggiante e una grande diversità biologica, magari con creature intelligenti degne di E.T. In realtà, secondo gli scienziati, avremmo molte più probabilità di trovare la vita indagando nei mondi viola e non in quelli blu e verdi, che rispecchiano la nostra esperienza terrestre.
Il motivo per cui dovremmo privilegiare i mondi viola è stato dettagliato in un nuovo studio statunitense condotto da scienziati dell'Università Cornell, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Carl Sagan Institute e del Dipartimento di Biologia Vegetale e Microbica dell'Università del Minnesota. I ricercatori, coordinati dalla professoressa Ligia Fonseca Coelho, docente presso il Dipartimento di Astronomia dell'ateneo di New York, hanno spiegato che la vegetazione responsabile della caratteristica firma verde del nostro pianeta è arrivata molto tardi nell'evoluzione della vita; per circa il 70 percento della sua storia, infatti, il globo terracqueo è stato popolato da microrganismi. E prima che prendessero il sopravvento quelli fotosintetizzanti in grado di donarci l'ossigeno che respiriamo, molto probabilmente era popolata proprio dai cosiddetti batteri viola, che ancora oggi vivono in alcuni luoghi con condizioni estreme (ad esempio molto povere di ossigeno e completamente buie). Questi batteri sfruttano sistemi di fotosintesi più semplici di quelli a base di clorofilla verde della vegetazione, prosperando con la luce rossa o infrarossa e non producendo ossigeno.
Poiché la Terra, per larghissima parte del tempo, potrebbe essere stata dominata solo da questo tipo di microrganismi, gli autori dello studio ritengono la loro presenza più probabile sui pianeti extrasolari, rispetto a quella di altri organismi. I batteri viola donerebbero a questi mondi alieni una caratteristica “impronta digitale luminosa”, che a sua volta potrebbe essere rilevata dai telescopi terrestri e spaziali di prossima generazione, come l'Extremely Large Telescope e l'Hbitable Worlds Observatory. Questi strumenti saranno infatti in grado di indagare sulla composizione chimica degli esopianeti, facendo emergere potenziali tracce di vita. Ad oggi, fra gli oltre 5.500 esopianeti scoperti, circa una trentina orbitano nella zona abitabile della stella madre (quella che potenzialmente ospita acqua liquida) e potrebbero ospitare vita. I ricercatori non dovrebbero lasciarsi sfuggire l'occasione di dare la caccia alle tracce lasciate dai batteri viola, come indicato molto più probabili di quelle lasciate da omini verdi e grigi che pullulano nella letteratura fantascientifica.
“I batteri viola possono prosperare in una vasta gamma di condizioni, rendendoli uno dei principali contendenti per la vita che potrebbe dominare una varietà di mondi”, ha dichiarato la professoressa Coelho in un comunicato stampa. I batteri viola, che in realtà hanno anche altri colori come il giallo e il rosso, in un mondo privo della competizione di piante, alghe e altri batteri potrebbero essere praticamente ovunque. “Un sole rosso potrebbe offrire loro le condizioni più favorevoli per la fotosintesi”, ha spiegato la professoressa Coelho, riferendosi alle numerose nane rosse attorno alle quali orbitano molti esopianeti. I ricercatori stanno mettendo a punto database con pigmenti biologici e spettri ad alta risoluzione grazie ai quali satà possibile addestrare algoritmi ad hoc, affinando la caccia a queste forme di vita quando i dispositivi idonei saranno pronti. I dettagli della ricerca “Purple is the new green: biopigments and spectra of Earth-like purple worlds” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.