Perché la puntura di un’ape può essere mortale
Negli ultimi giorni sono stati registrati alcuni decessi legati a punture di imenotteri, un ordine di insetti tra i quali si annoverano api, vespe, calabroni, bombi e anche le più “innocue” formiche. Tra i casi balzati agli onori della cronaca nazionale vi sono quello dell'allevatore sardo 32enne Marco Deiana, che è riuscito a chiamare la fidanzata prima di accasciarsi al suolo; quello di una donna 63enne di Vigevano, che non ha fatto in tempo a iniettarsi il farmaco salvavita (accanto al suo corpo è stata trovata la siringa pronta); e quello di un 60enne milanese morto al Parco delle Cave. Tutti e tre erano stati punti poco prima da un'ape o da una vespa. La morte di un apicultore di Urbino, trovato accasciato accanto a una delle sue arnie rovesciate, è stata invece determinata da cause naturali, anche se inizialmente si era pensato a un attacco da parte delle api con conseguente shock anafilattico. Si stima che in Italia fino a 20 persone muoiano ogni anno a seguito della puntura di insetti imenotteri, su una media di circa 5 milioni di punture. Si tratta dunque di una percentuale estremamente bassa, ma il rischio per chi è suscettibile non è assolutamente da sottovalutare, vista la diffusione degli imenotteri. Ecco perché la puntura di un'ape, una vespa o di un calabrone può essere fatale.
Cos'è lo shock anafilattico
Nei soggetti allergici il veleno degli insetti imenotteri può scatenare uno shock anafilattico o anafilassi. Come spiegato dagli autorevoli Manuali MSD per operatori sanitari, le reazioni anafilattiche sono “reazioni allergiche improvvise, diffuse, potenzialmente gravi e letali”. Esse normalmente non si palesano alla prima esposizione all'allergene, in questo caso il veleno degli insetti imenotteri, ma in una successiva. Questo perché dopo la prima puntura l'organismo impara a riconoscere il "nemico" e a produrre gli anticorpi per combatterlo; alla seconda o successiva esposizione, a causa dell'eccessiva sensibilità del soggetto, la reazione immunitaria può diventare esplosiva e incontrollata, portando l'organismo al collasso. Per certi versi è paragonabile a quello che accade con la “tempesta di citochine” nei pazienti con COVID-19, in cui la reazione del sistema immunitario è spropositata e genera un danno peggiore dell'infezione da coronavirus SARS-CoV-2. Ovviamente lo shock anafilattico non viene innescato solo dal veleno rilasciato dal pungiglione di api, vespe e calabroni, ma da una moltitudine di allergeni, che spaziano dai farmaci alle proteine presenti nei crostacei, nei frutti di mare e nella frutta secca, fino al lattice e ad altre sostanze. Potenzialmente qualunque allergene può scatenare l'anafilassi nel soggetto predisposto.
I sintomi dell'anafilassi
Nelle persone suscettibili le reazioni anafilattiche si manifestano entro un quarto d'ora dall'esposizione all'allergene, spiegano i Manuali MSD, aggiungendo che raramente tali reazioni si presentano dopo un’ora. La sintomatologia varia da lieve a grave in caso di shock anafilattico. Tra i sintomi figurano tachicardia (battito cardiaco accelerato); crollo della pressione arteriosa; irrequietezza; agitazione; gonfiore; capogiri; orticaria; starnuti; difficoltà respiratorie e respiro sibilante. Possono comparire anche nausea, vomito e diarrea. Nei casi più gravi la reazione anafilattica porta il paziente a convulsioni, collasso e arresto cardiocircolatorio. Questa evoluzione drammatica può verificarsi nel giro di un paio di minuti e se non si agisce tempestivamente con la terapia salvavita l'anafilassi può essere fatale, come nei casi di cronaca sopracitati. “I sintomi possono ripresentarsi 4-8 ore dopo l’esposizione all’allergene o anche più avanti. Di norma, quando si ripresentano sono più lievi rispetto alla prima manifestazione, ma possono anche essere più gravi o fatali”, concludono i Manuali MSD. I pazienti con anafilassi vengono trattati con adrenalina (chi è predisposto di solito ha un kit con autoiniettore), ossigeno, bloccanti del recettore H2 dell’istamina e cortisonici. La terapia può durare fino a 12 ore.
Gli insetti imenotteri potenzialmente più pericolosi
Nei soggetti allergici può essere fatale la puntura di qualsiasi imenottero, anche quello di una piccola ape, ma il rischio è maggiore con gli insetti di grandi dimensioni che hanno un veleno potente, come il calabrone comune (Vespa crabro) e il calabrone orientale (Vespa orientalis), le due specie di calabroni normalmente presenti in Italia. Da alcuni anni si è palesata anche la famigerata vespa killer (Vespa velutina), presente in alcune regioni del Settentrione. Fortunatamente ancora non sono state fatte segnalazioni in Europa del famigerato calabrone gigante asiatico (Vespa mandarinia), il più grande del mondo. È doveroso sottolineare che questi insetti (quando autoctoni) giocano un ruolo preziosissimo negli ecosistemi e vanno rispettati e tutelati esattamente come ragni, serpenti, squali e altri animali potenzialmente pericolosi per l'essere umano. Le api sono inoltre preziosissime impollinatrici e rappresentano un pilastro della biodiversità, oltre che di molte delle nostre colture. Dobbiamo convivere pacificamente con questi insetti ed essere consapevoli che in determinati ambienti ci sono maggiori probabilità di un contatto. Le persone suscettibili al loro veleno dovrebbero sempre avere con sé i kit salvavita.