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Perché la Polonia ha dichiarato i gatti “specie aliena invasiva”

Il gatto domestico è stato incluso nell’elenco delle “specie aliene invasive” dall’Accademia Polacca delle Scienze, come già fatto dall’IUCN. Perché ha ragione.
A cura di Andrea Centini
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Un gatto domestico prova a catturare un uccellino in giardino. Credit: Pixabay
Un gatto domestico prova a catturare un uccellino in giardino. Credit: Pixabay

L'Accademia polacca delle Scienze ha definito i gattispecie aliena invasiva”, includendoli nell'elenco di quegli animali che arrecano danni significativi alla fauna e agli equilibri degli ecosistemi autoctoni (locali). La decisione, dettagliata in una nota dell'autorevole istituto, è stata letteralmente presa d'assalto dai proprietari dei gatti, i quali sostengono che una simile iniziativa possa favorire gli abbandoni e il maltrattamento dei piccoli felini. Una risposta emotiva esagerata che non ha nulla a che vedere con le nobili intenzioni dell'accademia, che ha solo ribadito ciò che gli scienziati ci dicono da tempo. I gatti domestici (Felis silvestris catus), per quanto adorabili amici a quattro zampe, non esistono in natura; sono stati creati dall'uomo a partire dal gatto selvatico e introdotti praticamente in ogni habitat del pianeta dove ha messo piede la nostra specie. Ciò ha avuto pesantissime ripercussioni sui piccoli animali, sterminati dall'indole predatrice dei felini. Non c'è da stupirsi che i gatti risultano già classificati tra le cento specie aliene e invasive più dannose dal Gruppo di studio sulle specie invasive (ISSG) dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), l'ente più autorevole al mondo che si occupa di tutela della biodiversità.

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Nel comunicato diffuso dall'Accademia polacca delle Scienze per giustificare questa classificazione si fa innanzitutto riferimento all'origine del gatto domestico, probabilmente addomesticato per la prima volta circa 10mila anni fa “nella culla delle grandi civiltà del Vicino Oriente antico, che si estendeva dalla Valle del Nilo alla Mesopotamia meridionale”. Alla luce di questo dettaglio, gli esperti polacchi sottolineano che “da un punto di vista puramente scientifico, in Europa, e quindi anche in Polonia, va considerata una specie aliena”. Il gatto selvatico naturalmente esiste anche in Europa (Felis silvestris silvestris) ed è una sottospecie del gatto da cui fu originato il gatto domestico, ma è un animale che vive perfettamente integrato negli ingranaggi degli ecosistemi, con numeri e distribuzione tali da non arrecare danni alle popolazioni di piccoli animali di cui si nutre e dunque agli equilibri ecologici. Il gatto domestico, d'altro canto, è stato introdotto ovunque e in numeri abnormi (in continua espansione), con un impatto catastrofico sulla fauna autoctona.

Gli scienziati polacchi citano ad esempio lo studio “Cats kill millions of vertebrates in Polish farmland annually” pubblicato sulla rivista scientifica Global Ecology Conservation da ricercatori dell'Università di Varsavia, del Forest Research Institute, dell'Institute of Nature Conservation e del Mammal Research Institute. Il team guidato dal professor Dagny Krauze-Gryz ha determinato che ogni anno in Polonia i gatti riportano a casa 48,1 milioni di mammiferi e ne uccidono oltre 583 milioni, mentre per quanto concerne gli uccelli ne riportano 8,9 milioni e ne uccidono 135,7 milioni. Una vera e propria carneficina che sta erodendo le popolazioni di questi animali e alterando gli equilibri naturali. I danni sono analoghi negli altri Paesi in cui il gatto domestico è stato introdotto. In Australia, dove diverse città hanno imposto guinzaglio, coprifuoco e altre limitazioni ai proprietari dei gatti per proteggere la fauna locale, secondo lo studio “Counting the bodies: Estimating the numbers and spatial variation of Australian reptiles, birds and mammals killed by two invasive mesopredators” i piccoli felini domestici e randagi ogni anno uccidono 466 milioni di rettili, 265 milioni di uccelli e 815 milioni di piccoli mammiferi. Il documento “Tackling Feral Cats and Their Impacts – Frequently asked questions” del governo australiano indica che da quando i gatti sono introdotti in Australia hanno fatto estinguere almeno 20 specie di piccoli mammiferi autoctoni e oggi rischiano di far sparire altre 120 specie. Lo studio “The impact of free-ranging domestic cats on wildlife of the United States” condotto da ricercatori dello Smithsonian Conservation Biology Institute e dello US Fish and Wildlife Service specifica che, ogni anno, negli Stati Uniti, i gatti domestici lasciati liberi dai padroni massacrano fino a 3,7 miliardi di uccelli e fino a 22,3 miliardi di piccoli mammiferi. Anche in Italia i nostri amici a quattro zampe predano oltre 200 specie di piccoli animali.

Innanzi a questi numeri drammatici i proprietari dei gatti spesso fanno spallucce dicendo che è normale, che è “nella loro natura” predare gli altri animali. Verissimo, ma come specificato il gatto domestico non esiste in natura, è una creazione dell'uomo in grado di arrecare enormi danni se non viene tenuto sotto controllo. Con la decisione di inserire i gatti tra le specie aliene invasive l'Accademia Polacca delle Scienze ha semplicemente sottolineato ciò che è evidente da tempo, ribadendo un concetto già espresso dalla IUCN. Per arginare questi massacri ha solo raccomandato ai proprietari di tenere il più possibile a casa i propri gatti, con chiaro riferimento alla stagione riproduttiva degli uccelli.

Ma come accade sin troppo spesso di questi tempi, il parere di scienziati esperti è diventato bersaglio dell'odio e della stupidità di chi non è in grado di interpretare un'informazione chiara e sostenuta da dati insindacabili. L'accademia ha dovuto esplicitare in un post successivo di essere fermamente contraria a qualunque crudeltà contro i gatti e di non giustificare alcun abuso nei loro confronti, così come l'abbandono. Ma non ha mai esortato simili deprecabili comportamenti. Chiedeva solo più giudizio ai proprietari dei gatti, provando a sensibilizzarli sulle gravi problematiche che gli amici felici possono provocare. Tutti noi dovremmo dare ascolto agli scienziati e al grido d'allarme della fauna inerme.

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