Perché la COP27 è stata l’ennesima occasione sprecata per salvarci dalla crisi climatica
Esattamente come la COP26 tenutasi lo scorso anno a Glasgow, anche la COP27 appena conclusa a Sharm el-Sheikh, in Egitto, può essere considerata l'ennesima occasione persa dai governi per contrastare la crisi climatica. Se non un vero e proprio fallimento. La ragione è semplicissima: nel documento con le decisioni finali, diffuso all'alba di domenica 20 novembre dopo serrate consultazioni, non sono state infatti messe nero su bianco le necessarie misure per contenere l'aumento della temperatura media globale entro 1,5° C, chieste a gran voce da scienziati e attivisti per scongiurare le conseguenze più drammatiche del riscaldamento globale. Si è continuato ad affermare che si deve perseguire l'obiettivo di non superare tale soglia, ma ancora una volta senza imporre regole e piani per raggiungere l'obiettivo. In parole molto semplici, la COP27 non ha spostato di un millimetro i tagli alle emissioni di CO2 (anidride carbonica) rispetto alla COP26. Questo è un problema enorme, dato che attualmente ci troviamo a 1,2° C oltre la media preindustriale e il cosiddetto “orologio dell'apocalisse climatica” – basato sulle più autorevoli ricerche – ci ricorda che restano circa 9 e anni mezzo per raggiungere 1,5° C di riscaldamento. Se i governi non si impegnano adesso a tagliare le emissioni di gas serra, quando dovrebbero farlo?
Non c'è da stupirsi che il Segretario Generale dell'ONU António Guterres abbia accolto con un certo disappunto gli impegni presi alla COP27, pur elogiando lo storico “Loss and Damage”, l'istituzione di un fondo per compensare i Paesi più colpiti dai cambiamenti climatici. “Accolgo con favore la decisione di istituire un fondo per le perdite e i danni e di renderlo operativo nel prossimo periodo. Chiaramente non sarà sufficiente, ma è un segnale politico decisamente importante per ricostruire la fiducia infranta. Le voci di coloro che sono in prima linea nella crisi climatica devono essere ascoltate”, ha sottolineato Guterres, aggiungendo tuttavia che “dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni adesso e questo è un problema che questa COP non ha affrontato”. Ancora più aspro il commento di Frans Timmermans, capo delegazione dell'Unione Europea alla COP di Sharm el-Sheikh, che ha sottolineato come la UE accolga con riluttanza le proposte sul tavolo. Il politico tedesco evidenzia che stiamo già vivendo in un mondo di 1,2 gradi di cambiamento e che in queste condizioni risulta già invivibile per molte persone, come dimostrano siccità estrema, ondate di calore mortali, carestie e fenomeni atmosferici devastanti. Ha specificato che è necessario ridurre drasticamente le emissioni, ma la COP27 non ha dato le risposte dovute, dichiarandosi deluso. Troppi Paesi non sono pronti a fare ulteriori passi avanti nella lotta alla crisi climatica, ha evidenziato Timmermans, aggiungendo con rammarico che “questo accordo non è sufficiente”.
Per la mitigazione delle emissioni di CO2, del resto, è stata avanzata la sola richiesta alle delegazioni di rivedere i propri piani climatici entro il 2023 e di rafforzare gli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2030, ma come indicato, per quanto concerne le misure da adottare nulla è stato scritto o imposto. Si continua a sottolineare l'importanza di accelerare la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, ma nessun impegno è stato preso per limitare effettivamente l'aumento della temperatura attraverso i tagli di gas a effetto serra. In molti lamentano il fatto che non c'è stato alcun progresso da questo punto di vista rispetto alla COP26. Anche le dichiarazioni sulle limitazioni alle emissioni di CO2 sono state ammantate di politichese, magari per non fare uno sgarbo a qualche superpotenza inquinante. È mancata la netta e drastica presa di posizione che sarebbe stata opportuna, visto che stiamo oscillando sull'orlo del collasso. Il continuo procastinare dei piani climatici senza imporre regole ferree ai Paesi che inquinano di più non fa altro che lasciarci sulla strada sbagliata, che sta andando dritta e spedita verso l'abisso. E non è una metafora.
Lo dimostrano i dati diffusi dal recente rapporto legato alla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), in base al quale le emissioni di CO2 globali aumenteranno di oltre il 10 percento entro il 2030 rispetto al 2010, se gli impegni già presi dai Paesi non verranno migliorati. Stiamo peggiorando la situazione, non facendo progressi verso l'auspicata salvezza. Di questo passo, infatti, secondo il documento entro la fine del secolo la temperatura media sarà di 2,5° C più alta dell'epoca preindustriale, con conseguenze catastrofiche per l'intera umanità e il pianeta. Per contenere il riscaldamento entro i 1,5° C l'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) dell'ONU indica che le emissioni di gas serra dovrebbero essere abbattute del 43 percento, ma al momento – come dimostrano i modelli climatici – siamo completamente fuori strada. Nei meeting come le COP in cui dovrebbero essere prese le misure per cambiare rotta tali decisioni non vengono prese, ma continuamente rinviate agli appuntamenti successivi. E il tempo continua a scorrere.
Gli scienziati hanno calcolato che nei prossimi anni servirebbe l'effetto lockdown della pandemia di COVID-19 per ottenere il taglio alle emissioni necessario per centrare l'obiettivo dell'Accordo di Parigi sul Clima. È sicuramene un traguardo molto ambizioso, ma alla COP27 l'argomento è stato praticamente ignorato dalle delegazioni. Si è deciso (finalmente) di fare un passo significativo verso la giustizia climatica, risarcendo i Paesi più vulnerabili, ma nulla si è fatto per provare a mettere un freno alle cause del disastro. A cosa serviranno i soldi alle isole del Pacifico, se entro la fine del secolo verranno comunque sommerse dall'innalzamento del livello del mare? Come saranno d'aiuto ai Paesi africani colpiti da siccità e carestie estreme, con interi popoli costretti a fuggire da un ambiente completamente ostile alla vita? Ogni anno si torna a sperare nella COP successiva e puntualmente ci troviamo allo stesso punto, sempre più vicini all'abisso che rischia di cancellare la nostra civiltà. E non è uno scherzo.