Perchè Ilaria Capua ha detto che ci sarà una nuova pandemia dopo il Covid: i dati dell’Oms
"La storia insegna che l’intervallo interpandemico delle pandemie influenzali è tra gli 11 e i 40 anni". Con queste parole, in un'intervista a Repubblica, la virologa Ilaria Capua ha parlato, tra le altre cose, della possibilità che si verifichi una nuova pandemia, sebbene non sia possibile stabilire oggi quando potrebbe accadere.
Se è vero che il Covid-19 ha avuto una portata storica unica, segnando in modo irreversibile quel periodo della nostra vita, è altrettanto un dato di fatto che da che se ne ha traccia, la specie umana, come quelle animali, sono state periodicamente esposte a nuovi virus che hanno causato epidemie e pandemie. Da ciò deriva la quasi totale certezza che quella causata dal SARS-CoV-2 non sarà l'ultima pandemia nella storia del genere umano.
Le dichiarazioni di Ilaria Capua
Capua non è certo la prima scienziata a parlare del rischio concreto di una prossima pandemia. Dalla fine dell'emergenza sanitaria lo abbiamo sentito dire da esperti di tutto il mondo. Ad esempio, solo qualche settimana fa, il Global Preparedness Monitoring Board (Gpmb), che fa capo all'Organizzazione mondiale della salute (Oms) e alla Banca Mondiale, ha pubblicato un rapporto in cui espone i 15 principali fattori del rischio pandemico.
La prima prova – spiega Capua – a sostegno della sua previsione è data dalla stessa storia della specie umana. Il fatto che le pandemie si siano sempre verificate è evidente anche solo prendendo ad esame un periodo limitato, come il secolo scorso, come spiega Capua. Si tratta di un solo secolo eppure la lista delle "pandemie influenzali" è piuttosto lunga: la Spagnola, l'Asiatica, la Hong Kong, l'inflenza suina, ma anche altre emergenze sanitarie come quella causata dal Sars-Cov-1 o dall'Ebola, che sono state "bloccate – spiega la scienziata – dal lavoro degli operatori della sanità pubblica".
Perché siamo a rischio di una nuova pandemia
Capua fa anche un riferimento al Covid-19, che "ha mostrato la vulnerabilità dell'homo sapiens". Ma anche nel 2024, sebbene non si sia verificata una nuova pandemia, abbiamo convissuto con il rischio pandemico. Come segnala nel report sopracitato il Global Preparedness Monitoring Board, che monitora il rischio di una nuova pandemia e quanto il mondo sia più o meno preparato a questa eventualità, solo nel 2024 nel mondo si sono verificati 17 focolai di malattie pericolose.
Abbiamo visto una forte intensificazione del Mpox (l'ex vaiolo delle scimmie) in Africa, per effetto dell'epidemia iniziata nel gennaio 2023, con casi di importazione in diversi Paesi d'Europa (e di recente anche alcuni casi autoctoni). Negli Stati Uniti è stata particolarmente forte la circolazione dell'influenza aviaria dovuta al ceppo H5N1, anche con casi di contagio umano. Tutte queste circostanze "ci ricordano – spiega il report – la vulnerabilità del mondo alle pandemie".
Oltre alla circolazione dei virus, secondo il Global Preparedness Monitoring Board ci sarebbero ben 15 fattori in grado di aumentare il rischio di pandemia. Questi possono essere raggruppati in cinque gruppi: fattori politici, sociali, economici, tecnologi, economici e ambientali. Tra quelli citati a titolo di esempio ci sono la disinformazione, la scarsa fiducia tra i Paesi, ma anche il rischio di cyberattacchi e soprattutto gli scarsi investimenti affinché vengano garantiti a tutti i sistemi di assistenza sanitaria primaria.