Nel 1987, quasi 40 anni fa, il premio Nobel per la Medicina Rita Levi-Montalcini pubblicava la sua autobiografia. Oggi il suo Elogio dell'imperfezione – questo è il titolo del libro – è finito sui banchi di scuola di tutta Italia, dove gli oltre 500.000 maturandi si sono seduti per sostenere la prima prova della Maturità 2024. Solo qualche giorno fa abbiamo parlato con una psicologa per capire come superare l'ansia da prestazione e la paura di non ricordare nulla.
La Maturità 2024 è ufficialmente iniziata e, a prescindere dalla reazione dei ragazzi davanti a queste poche righe scritte decenni prima della loro nascita, quel testo di Rita Levi-Montalcini suona oggi quasi come una profezia o forse un monito in una società performativa come la nostra, dove il valore dell'imperfezione è ormai sepolto dal mito della ricerca ossessiva della performance, del fare meglio e il più veloce possibile. Poco conta se a rimanere indietro è la nostra salute mentale, il nostro benessere.
Cos'è l'imperfezione per Rita Levi-Montalcini
Il brano selezionato per la traccia C della prima prova della Maturità 2024 (qui abbiamo fatto risolvere a ChatGpt tutte le tracce) è tratto dalle prime pagine dell'autobiografia di Rita Levi-Montalcini, dove l'autrice parla del suo lavoro da ricercatrice scientifica e del valore dell'imperfezione, nella vita così come il lavoro. Levi-Montalcini scrive:
Così facendo, e secondo le sue predizioni, ho realizzato quella che si può definire «imperfection of the life and of the work». Il fatto che l'attività svolta in modo così imperfetto sia stata e sia tuttora per me fonte inesauribile di gioia, mi fa ritenere che l'imperfezione nell'eseguire il compito che ci siamo prefissi o ci è stato assegnato, sia più consona alla natura umana cosi imperfetta che non la perfezione.
Perché abbiamo bisogno di elogiare l'imperfezione
Leggere queste parole oggi, dopo che il Covid-19 ha bloccato per mesi le nostre vite e ci ha costretto a fermarci e a guardare in faccia la paura che tutte le nostre corse per raggiungere quel risultato in più, quel voto in più o quello scatto di carriera in più semplicemente non ci avrebbero portato più a nulla. Poi la pandemia è finita e ci ha lasciato una nuova consapevolezza: che il male non è solo fisico, ma anche psicologico. Il nostro benessere è una condizione molto più complessa di quella che ci può restituire un plico di esami del sangue e visite mediche.
I più consapevoli sono stati proprio i giovanissimi: a febbraio 2022 un gruppo di studenti delle superiori ha chiesto un collettivo nazionale "Chiedimi.come.sto" per rovesciare la cultura della performance che ancora persiste nella scuola italiana e chiedere il riconoscimento del loro diritto al benessere psicologico.
E se fossero gli adulti ad averlo dimenticato?
Secondo un'indagine condotta da Chiedimi.come.sto, e pubblicata sul pagina ufficiale Instagram del movimento, su 30.000 studenti delle scuole superiori e degli atenei di tutta Italia, più del 60,3% degli intervistati si è detto "molto preoccupato della propria salute mentale" e il 90% vorrebbe un supporto psicologico a scuola. Eppure, a distanza di oltre un anno da quella ricerca, a cui è seguita la presentazione di una legge che rende obbligatorio l'introduzione dello psicologo a scuola, questa legge non è ancora arrivata.
In uno degli ultimi post dell'account Instagram Chiedimi.come.sto, si parla della firma di un protocollo triennale tra il Ministero dell'Istruzione e del Merito e il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi per la creazione di presidi territoriali di psicologi a sostegno delle scuole. Ma, scrivono gli studenti aderenti, non basta: serve lavorare sulla prevenzione per educare al benessere psicologico e all'effettività.
Accettare e valorizzare la dimensione della sfera emotiva e riconoscere il benessere psicologico non sarebbe possibile se non si accetta il valore dell'imperfezione. Leggere questa traccia in un documento ufficiale di un Ministero che si autodefinisce "dell'Istruzione e del Merito" fa quanto meno riflettere su quale sia il grado di consapevolezza del valore dell'imperfezione di cui si fa portavoce.