Perché il pompelmo è pericoloso se si assumono alcuni farmaci: scoperto un modo per renderlo “innocuo”
Alcuni apprezzati agrumi come il pompelmo e il pomelo sono fortemente controindicati quando si utilizzano determinati farmaci – circa un centinaio – a causa di alcune sostanze che producono, le furanocumarine. Fra i medicinali influenzati negativamente da questi composti figurano le statine, quelli per le aritmie e gli immunosoppressori; ciò rende l'idea di quanto sia diffuso il potenziale pericolo legato a questi frutti e al loro succo (non a caso nei foglietti illustrativi dei farmaci coinvolti è scritto a chiare lettere di non consumarli). La ragione di questa interferenza risiede nel fatto che le furanocumarine reagiscono con alcuni enzimi epatici e intestinali della famiglia P450 come il CYP3A4. L'inibizione o l'attivazione di questi enzimi altera in modo significativo il dosaggio dei principi attivi attivi; talvolta viene ridotto a tal punto da inficiare i benefici farmacologici, mentre altre volte lo potenzia fino a raggiungere significativi livelli di tossicità.
I rischi per la salute sono dunque molto significativi, ed è un peccato perché il pompelmo contiene moltissime sostanze preziose per il nostro organismo, come vitamina C, fibre, antiossidanti, antiinfiammatori e altri composti che aiutano a combattere il colesterolo e altri nemici del sistema cardiovascolare. Per questo motivo un team di scienziati si è concentrato sul ricercare i meccanismi biologici e genetici attraverso i quali queste piante producono le furanocumarine, identificandoli dopo complesse indagini su DNA ed RNA. Si tratta di una scoperta rilevante perché, grazie a queste informazioni, con l'ingegneria genetica si potranno “spegnere” i geni deputati alla produzione dei composti e ottenere dei frutti consumabili anche dalle persone che assumono i farmaci coinvolti.
Ricordiamo che le furanocumarine sono composti chimici organici che la pianta del pompelmo produce come meccanismo di difesa, ad esempio contro gli insetti e altri animali fitofagi, così come per proteggersi dai funghi. La loro tossicità è legata anche all'interazione con la luce ultravioletta della radiazione solare, che innesca una grave infiammazione della pelle chiamata fitofotodermatite. In letteratura scientifica sono noti casi di persone che hanno spremuto con le mani frutti ricchi di furanocumarine e, dopo l'esposizione al sole, hanno sviluppato significative reazioni epidermiche durate anche mesi.
A scoprire i geni legati alla produzione delle furanocumarine nel pompelmo e in altri agrumi è stato un team di ricerca israeliano guidato da scienziati del Dipartimento di Scienze degli Alberi da Frutto del Volcani Center ARO, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Centro di Metabolomica e del Dipartimento dei Vegetali. I ricercatori, coordinati dai professori Yoram Eyal e Livnat Goldenberg, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver sottoposto ad approfondite indagini genetiche varie tipologie di frutti, mettendone a confronto i profili. Ricordiamo infatti che arance e mandarini non producono le furanocumarine. In parole semplici, hanno determinato che l'integrità di un singolo gene – chiamato Cg2g000710 – appartenente alla famiglia diossigenasi dipendente da 2-ossoglutarato (2OGD) è direttamente responsabile della produzione di queste sostanze. Hanno anche anche scoperto che una parte di DNA chiamata sequenza di inserzione a 655 basi sarebbe in grado di inibire l'attività del suddetto gene, il meccanismo che blocca la produzione delle furanocumarine negli agrumi che non le presentano.
“Questa ricerca ci aiuta a capire perché i frutti di alcune specie di agrumi producono furanocumarine e dimostra come gli allevatori e i ricercatori potrebbero sviluppare varietà di agrumi prive di furanocumarine”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Eyal. Non resta che attendere i primi esperimenti di editing genetico su queste piante per sapere se è effettivamente ottenere dei pompelmi privi delle problematiche sostanze. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata New Phytologist.