Perché il governo ha dichiarato guerra al granchio blu: “È una specie aliena a cui dare la caccia”
È una dichiarazione di guerra al granchio blu, il costaceo alieno che ha invaso il mar Mediterraneo. Durante il prossimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva dovrebbe essere stanziato un fondo da 2,9 milioni di euro per dare la caccia al granchio che sta disutruggendo un intero ecosistema. Il crostaceo infatti, originario dell'Atlantico del Nord ha causato danni di oltre il 50% ai produttori di vongole, cozze e ostriche in Italia, andando a minare un’economia da 100 milioni di euro. Si ciba infatti di molluschi e pesci d'allevamento daneggiando l'ecosistema. I biologi infatti raccomandano di pescare gli esemplari, anche perché sono considerati un alimento pregiato in cucina.
Il granchio blu viene anche definito una specie aliena, perché non è autoctona del Mar Mediterraneo. E dietro la proliferazione del crostaceo c'è il cambiamento climatico. L'effetto tropicalizzante ha trasformato infatti le acque in habitat ospitali per specie appunto aliene, solo negli ultimi 30 anni sono aumentate del 96%.
Come sono fatti i granchi blu
Il granchio blu, il nome scientifico è Callinectes sapidus, viene classificato come una “specie costiera infralitorale che vive fino ai 35 metri di profondità”. È in grado di sopravvivere in acque con temperature tra 3 e 35° C e con un significativo intervallo di salinità. Il nome è dovuto al colore blu delle chele nei maschi (sono rosse nelle femmine) e delle zampe. È un granchio di grandi dimensioni, può superare i 23 centimetri di larghezza e i 15 di lunghezza. I margini ai lati degli occhi sono seghettati ed è presente un grosso spuntone agli apici destro e sinistro della “corazza”.
Perché questi crostacei sono pericolosi
Come dicevamo, il granchio reale blu è una specie autoctona delle coste atlantiche del continente americano, ma negli ultimi anni si sta diffondendo anche in Europa, soprattutto in Italia. E questo è un problema, visto che è una specie che non appartiere all'ecosistema del nostro mare. Si cibano di gamberi, pesci, cefali, anguille e si riproducono molto velocemente. E infatti al monumento naturale ‘Palude di Torre Flavia', a Nord di Ladispoli, c'è una vera e propria invasione di granchi blu.
"Nel delta del Po hanno addirittura aperto la pesca per cercare di debellare questa specie. Ma è una specie dinamica, esplosiva, esponenziale. Quindi ci aspettiamo grandi numeri, a prescindere che li peschiamo o meno", ha spiegato a Centro Mare Radio Corrado Battisti, funzionario naturalista che si occupa del Monumento naturale Palude di Torre Flavia. In Italia quindi è inziata la caccia al granchio, in realtà questa specie è considerata protetta in America, ci sono multe per chi pesca esemplari inferiori a 14 cm di lunghezza.
La guerra del governo
Già il 27 luglio Federagripesca aveva spiegato che la proliferazione del granchio blu è un problema serio per la filiera. Cibandosi di molluschi mette a rischio la produzione di vongole, cozze e ostriche. Il governo potrebbe varare una norma sul tema durante il prossimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva, e stanziare 2,9 milioni di euro per dare la caccia al granchio blu e sostenere i consorzi e le imprese di acquacoltura. Le spese saranno coperte dal ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, che dovrà anche identificare le aree geografiche colpite dall'emergenza e distribuire i fondi.
Cosa c'entra il cambiamento climatico
I granchi blu ormai vivono nel mar Mediterraneo, soprattutto nelle Valli di Comacchio e lungo le coste marchigiane e abruzzesi, fino al 2021 non sono mai stati avvistati sulla costa tirrenica, ora si parla di invasione. Potrebbero essere arrivati con le navi provenienti dall'Atlantico, che hanno trasportato le larve. Una volta arrivati, hanno trovato un ambiente favorevole grazie all'aumento delle temperature del mare. Le larve necessitano di una temperatura di almeno 15 ° C per svilupparsi normalmente, e le femmine possono deporre fino a oltre 2 milioni di uova, in base alle dimensioni.
Secondo gli studi del progetto CareHeat, finanziato dall'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e a cui partecipano Cnr ed Enea, nel periodo fra il 1985 e il 2005 la temperatura sarebbe aumentata di 5 gradi, con picchi superiori ai 23. Nel 2022 è stato registrato un nuovo record assoluto di riscaldamento degli oceani, con temperature in aumento per il settimo anno consecutivo, accompagnate da un aumento della stratificazione e dalla variazione di salinità delle acque che prefigurano quale sarà il futuro del mare in un clima sempre più estremo.