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Perché il buco nero Sagittarius A* al centro della Via Lattea non è così dormiente come pensavamo

Distante 27mila anni luce dalla Terra, il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia si è risvegliato circa 200 anni fa per divorare gas e detriti cosmici vicini.
A cura di Valeria Aiello
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Il risveglio del buco nero Sagittarius A* mostrato in arancione / Credit: NASA/CXC/SAO/IXPE
Il risveglio del buco nero Sagittarius A* mostrato in arancione / Credit: NASA/CXC/SAO/IXPE

Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, non è così dormiente come pensavamo. Il telescopio spaziale IXPE (Imaging X-ray Polarimetry Explorer) della Nasa ha individuato i segnali di un suo recente risveglio, mostrando un intenso bagliore, probabilmente causato da un violento consumo di materiale cosmico nelle sue vicinanze. Sagittarius A* (abbreviato in Sgr A*) si trova a 27.000 anni luce dalla Terra, nella costellazione del Sagittario, nel cuore della Via Lattea e, rispetto ad altri buchi neri al centro delle galassie che possiamo osservare, è molto meno luminoso, il che significa che non divora attivamente il materiale intorno a sé.

In pratica, Sgr A* è “sempre stato visto come un buco nero dormiente” ha affermato l’astronomo Frederic Marin, ricercatore presso l’Osservatorio astronomico francese di Strasburgo. Eppure, circa 200 anni fa, il nostro gigante addormentato – è quattro milioni di volte più massiccio del Sole – ha interrotto brevemente il suo letargo, per divorare gas e altri detriti cosmici alla sua portata prima di tornare a dormire.

Il buco nero al centro della nostra galassia si è risvegliato 200 anni fa

Come dettagliato in uno studio appena pubblicato su Nature, quando era attivo, Sgr A* era “almeno un milione di volte più luminoso di quanto non sia oggi” ha precisato Marin che, combinando i dati di IXPE con le immagini dell’osservatorio Chandra della Nasa e confrontandoli con le osservazioni d’archivio della missione XMM-Newton dell’Agenzia spaziale europea, insieme ai colleghi ha rilevato la presenza di emissioni di raggi X provenienti da gigantesche nubi di gas nelle vicinanze del buco nero.

I dati dell'osservatorio spaziale IXPE (Imaging X-ray Polarimetry Explorer) e dell'osservatorio Chandra della NASA sono stati combinati per mostrare le emissioni di raggi X nell'area intorno a Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea. In alto, incorniciata dalle linee bianche la regione dello spazio dettagliata nell'immagine in basso / Credit: NASA/CXC/SAO/IXPE.
I dati dell'osservatorio spaziale IXPE (Imaging X-ray Polarimetry Explorer) e dell'osservatorio Chandra della NASA sono stati combinati per mostrare le emissioni di raggi X nell'area intorno a Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea. In alto, incorniciata dalle linee bianche la regione dello spazio dettagliata nell'immagine in basso / Credit: NASA/CXC/SAO/IXPE.

Dato che la maggior parte delle nubi cosmiche, chiamate nubi molecolari, sono fredde e scure, le firme a raggi X di queste nubi avrebbero dovuto essere deboli. Invece brillavano luminose. “Uno degli scenari per spiegare perché queste gigantesche nubi molecolari risplendano è che, in effetti, stanno riecheggiando un lampo di luce a raggi X scomparso da tempo, indicando che il nostro buco nero supermassiccio non era così quiescente alcuni secoli fa”.

I dati hanno anche aiutato i ricercatori a stimare la luminosità e la durata del bagliore originale, suggerendo che l’evento si è verificato circa 200 anni fa. Il prossimo obiettivo del team sarà quello di ripetere l’osservazione e ridurre le incertezze di misurazione, migliorando le stime di quando si è verificato il bagliore e quanto intenso possa essere stato il suo apice, il che aiuterà a determinare la distribuzione tridimensionale delle gigantesche nubi molecolari che circondano il buco nero quiescente.

L’IXPE sta svolgendo un ruolo chiave nell’aiutarci a comprendere meglio la scala temporale in cui sta cambiando il buco nero al centro della nostra galassia” ha aggiunto Steven Ehlert, scienziato del progetto IXPE presso il Marshall Space Flight Center della NASA a Huntsville, in Alabama, e co-autore dello studio – . Sappiamo che il cambiamento può avvenire nelle galassie attive e nei buchi neri supermassicci su una scala temporale umana. Stiamo imparando di più su questi comportamenti nel tempo e non vediamo l’ora di studiarli ulteriormente per determinare quali cambiamenti sono tipici e quali unici”.

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