Perché il buco dell’ozono sopra l’Antartide è uno dei più grandi mai registrati
Il buco dell’ozono sopra l’Antartide ha raggiunto un’estensione di oltre 26 milioni di chilometri quadrati, diventando così uno dei buchi dell’ozono più grandi mai registrati. Lo indicano le misurazioni del satellite Copernicus Sentinel-5P pubblicate dall’Agenzia spaziale europea (ESA) da cui emerge che l’area di riduzione dello strato di ozono ha superato di oltre tre volte le dimensioni del Brasile, pur restando al di sotto del massimo storico di 29,9 milioni di chilometri quadrati del settembre 2000.
Perché il buco dell’ozono 2023 è così grande
Le dimensioni del buco dell’ozono variano periodicamente. Da agosto a settembre, l’area di riduzione dello strato di ozono si estende fino a un massimo, raggiunto generalmente tra la metà settembre e la metà ottobre. Nel 2022, la dimensione massima era stata raggiunta il 5 ottobre ed era stata pari a 26,5 milioni di chilometri quadrati, la più grande dal 2015, quando il buco raggiunse i 28,2 milioni di chilometri quadrati.
I rilevamenti del satellite Copernicus Sentinel-5P per il 2023 suggeriscono che la massima estensione potrebbe essere stata già registrata il 16 settembre, quando il buco ha raggiunto i 26,15 milioni di chilometri quadrati.
Nonostante sia troppo presto per stabilire le ragioni dietro alla riduzione dello strato di ozono registrata nel 2023, alcuni ricercatori ipotizzano che, oltre al rilascio in atmosfera di inquinanti di origine antropica, l’estensione registrata quest’anno possa essere stata aggravata dall’impatto dell’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai verificatasi nel gennaio 2022 a Tonga, nell’Oceano Pacifico meridionale.
Le cause del buco dell’ozono
Lo strato d’ozono, la porzione della stratosfera che protegge il nostro pianeta dai raggi ultravioletti del Sole, si assottiglia periodicamente, formando il cosiddetto “buco dell’ozono” sopra il Polo Sud. Questo avviene perché alcuni inquinanti organici persistenti, derivati dal rilascio nell’atmosfera di sostanze chimiche dannose – come i clorofluorocarburi (CFC), i clorofluorocarburi alogenati (HCFC) e i fluorocarburi bromati (halon) – restano intrappolati dalle nuvole stratosferiche polari che si formano durante il freddo inverno antartico e dove, all’inizio della primavera, reagiscono con le radiazioni ultraviolette della luce solare, liberando cloro e bromo reattivi che distruggono le molecole di ozono.
La variabilità delle dimensioni del buco dell’ozono è in gran parte determinata dalla forza di una forte fascia di vento che lambisce l’area antartica e che è conseguenza diretta della rotazione terrestre e delle forti differenze di temperatura tra le latitudini polari e quelle intermedie. Quando la fascia di vento è forte, questa agisce come una barriera: le masse d’aria tra le latitudini polari e quelle temperate non possono più scambiarsi, rimanendo isolate alle latitudini polari, dove si raffreddano durante l’inverno, intrappolando gli inquinanti organici.
All’inizio della primavera antartica (quando il Sole sorge alla fine dell’inverno), il buco dell’ozono inizia a crescere, per poi stabilizzarsi e tornare a ridursi una volta che le temperature diventano troppo elevate per l’esistenza delle nuvole stratosferiche polari.