Perché i fiumi italiani esondano e cosa possiamo fare per ridurre i rischi
Come indicato in un recente rapporto pubblicato dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), ben il 94 percento dei comuni in Italia è esposto ai rischi del dissesto idrogeologico, ovvero frane, alluvioni ed erosione costiera per quelli affacciati sul mare. Si tratta di un problema storico per il Bel Paese che a ogni evento eccezionale di maltempo (e non solo) presenta un conto estremamente salato, tra vite umane e animali perdute e danni ingentissimi. Ciò che sta accadendo in queste ore in Emilia Romagna rientra chiaramente tra i fenomeni eccezionali, con ben 6 mesi di pioggia caduti in soli due giorni. È l'altra faccia della medaglia del cambiamento climatico, che oltre a catalizzare temperature torride e siccità incrementa anche la frequenza e l'intensità di fenomeni atmosferici come le precipitazioni. E questo, come sappiamo bene in Italia, può avere conseguenze catastrofiche.
Dato che le conseguenze del riscaldamento globale sono già presenti e tagliando le emissioni di CO2 (anidride carbonica) e altri gas a effetto serra possiamo solo fare in modo che non peggiorino ulteriormente, è chiaro che anche in futuro continueremo ad avere a che fare con simili disastri. E dato che non si può impedire alla pioggia di cadere, possiamo sicuramente intervenire sulle infrastrutture affinché si limitino al massimo i danni. Ad esempio con una sistematica e capillare costruzione di bacini / reti artificiali per accogliere l'acqua in eccesso che cade durante questi fenomeni. È una soluzione dal duplice beneficio: da una parte si riduce il rischio che i fiumi possano ingrossarsi a tal punto da esondare, dall'altro si ottiene una preziosissima scorta di acqua da sfruttare nei periodi di siccità. Che non mancheranno assolutamente, dato che il trend negativo prevede anche per il 2023 una delle estati più secche e torride da quando vengono raccolti i dati.
Ma c'è anche un altro intervento importante che è possibile fare direttamente sui fiumi: rimuovere dighe, sbarramenti e altri ostacoli obsoleti che frenano il naturale fluire dei corsi d'acqua, favorendo così l'accumulo di detriti – che aumentano a dismisura durante gli eventi di piovosità estrema – e di conseguenza il rischio di esondazione, nel nostro Paese già catalizzato dalla cementificazione. In Europa si tratta di un problema che riguarda moltissimi fiumi, considerati i più frammentati al mondo proprio a causa degli interventi umani. Secondo lo studio “European rivers are fragmented by many more barriers than had been recorded” pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Nature, nei fiumi europei ci sono oltre 1,2 milioni di barriere a ostruirne il flusso. Circa il 70 percento di queste infrastrutture è alto meno di un paio di metri. Il risultato è emerso da un'indagine condotta su quasi 3.000 chilometri di oltre 140 fiumi europei.
A causa dei rischi per la sicurezza e la biodiversità, l'Unione Europea ha messo a punto la “Direttiva quadro sull'acqua dell'UE”, con la quale i Paesi membri si sono accordati di raggiungere un “buono stato ecologico” dei corpi idrici europei entro il 2027. Uno dei punti caldi riguarda proprio la rimozione delle barriere superflue, che sono il 15 percento del totale (circa 180mila). Per far fronte al problema è nato un progetto ad hoc chiamato “Dam Removal Europe” che tiene traccia della rimozione di dighe, argini e altri elementi obsoleti e dannosi per i corsi d'acqua. Ebbene, l'Italia da due anni consecutivi è all'ultimo posto della classifica europea, avendo eliminato addirittura zero elementi superflui. Altri Paesi come la Spagna, la Francia e la Svezia si stanno invece impegnando concretamente: nel 2022 sono state eliminate 325 di queste infrastrutture, facendo segnare un + 135 percento rispetto all'anno precedente, proprio con l'obiettivo di rispettare la legislazione europea in materia e migliorare la sicurezza e lo stato ecologico dei fiumi. Questa mappa dinamica mostra chiaramente quali sono i Paesi più virtuosi e quelli meno attivi.
L'Italia, che è il Paese col più elevato rischio di dissesto idrogeologico in Europa, come evidenziato dal progetto europeo DRE non ha mosso un dito nel 2021 e nel 2022. E l'Emilia Romagna è una delle Regioni con più fiumi in assoluto dello Stivale. Ovviamente puntare il dito contro le barriere obsolete nei fiumi dopo un evento così catastrofico ed eccezionale lascia il tempo che trova, ciò nonostante si tratta di un problema infrastrutturale di fondo diffuso e non trascurabile. È chiaro che può favorire l'esondazione dei fiumi e rientra evidentemente tra i problemi da eliminare per i ridurre i rischi di sicurezza pubblica.