Perché i cani scodinzolano e come è nato questo affascinante linguaggio rituale: lo studio italiano
Generalmente associamo lo scodinzolare del cane a uno stato di gioia ed euforia, ma come ben sanno gli esperti cinofili si tratta di un comportamento estremamente complesso e variegato, in grado di esprimere un ampio ventaglio di emozioni. Del resto si tratta di un vero e proprio linguaggio rituale che può avere molteplici significati, identificabili sulla base della posizione, della direzione e del movimento della coda. Ad esempio, come indicato dall'Università di Torino in un comunicato stampa, il portamento basso della coda “è spesso usato come segno visivo di acquiescenza, sottomissione o intento non aggressivo”. Quando invece lo scodinzolio tende a destra significa che è attivato dall'emisfero sinistro del cervello ed è associato a un'emozione positiva, come ad esempio l'incontro con l'amico umano che rientra a casa dopo una giornata di lavoro o con i compagni di gioco. All'opposto c'è lo scodinzolare verso sinistra, attivato dall'emisfero destro dell'encefalo e legato a emozioni negative e “di ritiro”; si manifesta ad esempio quando Fido incontra un cane mai visto prima e dominante, oppure quando la situazione si fa calda e viene alimentata l'aggressività.
Le conoscenze che abbiamo sullo scodinzolare del cane domestico (Canis lupus familiaris) suggeriscono che tale linguaggio rituale sia intimamente connesso agli ormoni e ai neurotrasmettitori – la coda, fra l'altro, è un evidente prolungamento della colonna vertebrale –, ma sono molti i punti oscuri da chiarire. Uno dei più affascinanti ed enigmatici riguarda indubbiamente le circostanze che hanno portato all'emersione di questo comportamento. Va infatti tenuto presente che esso è ben radicato nel cane, mentre è decisamente meno accentuato nel lupo, dal quale Fido deriva grazie al processo di domesticazione iniziato decine di migliaia di anni fa, nel Paleolitico superiore. È proprio a questa e ad altre domande sullo scodinzolio che ha provato a rispondere un nuovo studio, guidato da scienziati del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell'Università di Torino. Alla ricerca hanno collaborato i colleghi del Dipartimento di Neuroscienze Umane dell'Università Sapienza di Roma, del Gruppo di Bioacustica Comparata – Istituto Max Planck di Psicolinguistica di Nimega (Paesi Bassi), e del Dipartimento di Scienze della Vita Interdisciplinari dell'Università di Medicina Veterinaria di Vienna (Austria).
I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Silvia Leonetti, hanno analizzato a fondo le ricerche condotte in precedenza sulla funzione e sull'evoluzione dello scodinzolio dei cani, giungendo alla formulazione di due ipotesi distinte sulla nascita di questo linguaggio rituale. Da una parte vi sarebbe la cosiddetta “sindrome da domesticazione”, il processo che ha trasformato morfologia, fisiologia e comportamento dei lupi fino a renderli i (generalmente) docili e socievoli cani. In parole semplici, la nostra selezione genetica, oltre ad aver “premiato” i comportamenti di affetto e giocosità che rendono adorabili i nostri amici a quattro zampe, secondo questa ipotesi potrebbe aver agevolato il tratto inaspettato ma collegato dello scodinzolio. “Le selezioni iniziali per la docilità potrebbero aver portato ad alterazioni delle cellule della cresta neurale durante lo sviluppo, con ripercussioni su vari tratti fenotipici, tra cui l'anatomia della coda”, hanno spiegato nel comunicato stampa Leonetti e colleghi.
La seconda ipotesi, non meno affascinante, è stata chiamata “scodinzolio ritmico addomesticato”. È noto che la nostra specie, Homo sapiens, ha un'attrazione irresistibile per le sequenze ritmiche, gli schemi ripetuti nel tempo. I nostri antenati potrebbero aver adorato i primi cani derivati dai lupi che muovevano la coda "a tempo", e così, continuando a selezionarli, questo tratto dello scodinzolio ritmico potrebbe essersi talmente imposto da essere diventato un elemento cruciale nelle interazioni tra cane e uomo (e non solo). È chiaro che entrambe le opzioni sono valide e al momento non è possibile giungere a una conclusione univoca, anche perché sussistono differenze significative tra le varie razze. Forse non conosceremo mai la vera risposta, ma come recita l'antico adagio, “neanche il cane fa muovere la coda per niente”. I dettagli della ricerca “Why do dogs wag their tails?” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Biology Letters.