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Cambiamenti climatici

Perché i – 43,6 °C in Svezia non smentiscono affatto la crisi climatica in corso

Una massa d’aria gelida proveniente dalla Siberia e dall’Artico è bloccata sulla Scandinavia, dove le temperature in alcuni casi sono scese ben oltre i – 40 °C. Ma il freddo estremo e le tempeste di ghiaccio che stanno colpendo Svezia e Finlandia non significano l’inesistenza del riscaldamento globale.
A cura di Andrea Centini
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Da dicembre la Penisola Scandinava è investita da una tagliente ondata di gelo che all'inizio del nuovo anno si è trasformata in una vera e propria tempesta di ghiaccio, con temperature precipitate ben al di sotto delle medie del periodo. Basti sapere che nella notte tra mercoledì 3 e giovedì 4 gennaio 2024 la colonnina di mercurio nella stazione Kvikkjokk-Årrenjarka, nella Lapponia svedese, ha raggiunto l'impressionante temperatura di – 43,6 °C. Per questa località è la più bassa in assoluto da quando sono iniziate le registrazioni nel 1887, come confermato dal dottor Sverker Hellström, meteorologo dell'Istituto meteorologico e idrologico svedese. Più in generale, per la Svezia, era da 25 anni che non si raggiungevano valori così estremi, secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa svedese Tt. Il precedente record fu toccato nel gennaio del 1999, quando si arrivò a ben 49 gradi sotto zero.

L'ondata di freddo gelido proveniente dalla Siberia e dall'Artico ha fatto crollare di diversi gradi centigradi le medie stagionali in larga parte della Scandinavia, provocando enormi disagi e alcune vittime. Nell'area di Skane, nel sud della Svezia, una fortissima nevicata durata 24 ore ha bloccato un migliaio di automobilisti su una delle strade principali del Paese, la E22, mentre più a nord oltre 4.000 case sono rimaste senza corrente elettrica con temperature di – 38 °C, secondo quanto riportato dalla radio pubblica svedese. Nell'estremo nord-ovest della Lapponia finlandese, nel comune di Enontekiö, le temperature sono scese a – 42,4 ° Celsius, toccando la temperatura più bassa per il Paese degli ultimi 18 anni. Nel frattempo in Danimarca si stanno registrando le nevicate più abbondanti e anche in Russia la colonnina di mercurio ha subito un tracollo a causa del gelo polare, con – 30 °C registrati a Mosca, una valore sensibilmente inferiore a quello stagionale. Disagi significativi anche in Norvegia.

Alla luce di un freddo così pungente chi è già predisposto a sposare le teorie complottiste potrebbe essere ulteriormente spinto a credere che la crisi climatica non esista, tuttavia questi estremi possono essere proprio figli del riscaldamento globale. Ma è innanzitutto doveroso ricordare che le condizioni meteo locali non hanno nulla a che vedere con il clima. Come spiegato dal dottor Jason Furtado, docente di meteorologia dell'Università dell'Oklahoma, il meteo è come l'umore di una persona, “che cambia di continuo”, mentre il clima è esattamente come la sua personalità, che è decisamente più lenta a modificarsi.

In parole semplici, anche se in alcuni luoghi della Terra fa freddissimo, come sta accadendo in nord Europa, altrove le temperature sono molto più elevate delle medie del periodo (come accaduto a dicembre alle nostre latitudini). I dati globali ci dicono chiaramente che il 2023 è stato l'anno più caldo della storia, perlomeno da quando teniamo traccia delle temperature del pianeta. E questi dati sono in costante peggioramento. Eventi estremi come le tempeste di ghiaccio in Svezia e Finlandia si sono certamente verificati anche in passato, trattandosi appunto di fenomeni meteorologici, ma essi possono essere innescati anche dalla crisi climatica in corso, come spiegato dal geologo e presentatore Mario Tozzi in un articolo pubblicato su La Stampa.

“Il grande caldo – evidenzia lo scienziato – porta una cospicua fusione dei ghiacci, cioè cascate di acque dolci, a diversa temperatura, salinità e composizione, che finiscono in mare e possono interrompere, rallentare o modificare le grandi correnti oceaniche calde responsabili del clima relativamente mite della penisola di Scandinavia o delle isole britanniche o del Nord America”. Queste correnti oceaniche, prosegue lo studioso, “si stanno modificando e non trasportano più tutto il calore di prima, dunque si possono sviluppare celle temporalesche ghiacciate regionali anche come conseguenza della fusione dei ghiacci che poi finiscono in mare”.

In questo inizio di 2024 le masse d'aria gelide provenienti dalla Siberia e dall'Artico sono rimaste sulla penisola scandinava a causa di un vero e proprio blocco anticiclonico, che impedisce all'aria polare di fuoriuscire e alle temperature più miti provenienti dall'Atlantico di entrare. Si è formata una sorta di trappola gelida. È un po' l'opposto della cupola di aria calda infernale che colpì il Nord America alla fine di giugno del 2021, quando le temperature in alcune località superarono i 46 °C e al confine tra Canada e Stati Uniti determinarono la morte di un miliardo di animali marini “cotti vivi”. Il gelo polare è incassato sul nord Europa dalle alterazioni innescate dalle correnti oceaniche di cui sopra, che allo stesso tempo stanno facendo registrare temperature più elevate tutto intorno. Sono condizioni estreme legate a molteplici fattori, compreso El Nino, ma è chiaro che il cambiamento climatico in atto stia giocando un ruolo significativo nell'esacerbare questi fenomeni.

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